13 novembre 2012

COSTANTINO E IL PRINCIPIO DI TOLLERANZA


La mostra “Costantino 313” nasce dal desiderio di ricordare, in un’epoca di poca memoria e di scarsa conoscenza delle cose, che cosa significò l’Editto di Milano e quale tolleranza generò. C’è molta confusione intorno al nome di Costantino. Non importa che la famosa donazione sia ormai universalmente considerata un falso e neppure conta il fatto che l’Editto non abbia assolutamente proclamato il cristianesimo come religione unica e neppure si considera che solo dopo l’editto si pone realmente fine alle persecuzioni dei cristiani.

Costantino fu certamente un uomo terribile, un guerriero sanguinario, un imperatore che non è passato alla storia come “il buono”, ma un fine stratega che intuì nel Chrismon e nella croce la via della salvezza e la speranza del futuro. Non sappiamo se tutto ciò fu frutto di lungimiranza politica, oppure di fede. Queste cose le lasciamo ai pepla e alle discussioni di chi vuole affannarsi a dimostrare o a contraddire la conversione dell’imperatore. La mostra di Palazzo Reale non tratta questi argomenti e neppure li nega. Si attiene ai fatti, racconta una storia attraverso i documenti che ci sono.

Le persecuzioni. È vero che Galerio un anno prima le aveva condannate, ma è anche vero che non erano cessate e che dunque riproporre la questione in modo più autorevole insieme a Licinio, l’altro Augusto, era cosa necessaria, considerata la gravità della situazione e l’importanza crescente che andava assumendo la religione cristiana. È molto importante sapere se lo fece per fede o per strategia politica? No, se si guarda ai fatti.

Eppure qualcuno ancora crede che con l’editto il cristianesimo sia divenuto religione unica, provocando, come conseguenza, la nascita di un’intolleranza nei confronti delle altre minoranze religiose. Non fu così. Rileggendo la storia capiamo che non si possono riferire a Costantino le responsabilità di Teodosio. Se leggiamo l’Editto vi troviamo scritto: “…Quando noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, felicemente ci incontrammo nei pressi di Milano e discutemmo di tutto ciò che attiene al bene pubblico e alla pubblica sicurezza, questo era quello che ci sembrava di maggior giovamento alla popolazione, soprattutto che si dovessero regolare le cose concernenti il culto della divinità, e di concedere anche ai cristiani, come a tutti, la libertà di seguire la religione preferita, affinché qualsivoglia sia la divinità celeste possa esser benevola e propizia  nei nostri confronti e in quelli di tutti i nostri sudditi. Ritenemmo pertanto con questa salutare decisione e corretto giudizio, che non si debba vietare a chicchessia la libera facoltà di aderire, vuoi alla fede dei cristiani, vuoi a quella religione che ciascheduno reputi la più adatta a se stesso …”.

Ma forse tutto ciò non fu scritto a Milano e non fu un vero editto, bensì una lettera, un rescritto. Importa davvero la cosa? O non contano le parole che leggiamo? Tolleranza significa libertà di credere. In questo caso libertà per i cristiani, ma anche per chi professa un credo diverso. Questa è la svolta di Costantino. Di questo vogliamo parlare, perché da lì derivarono non solo ottant’anni di pace, ma un’eredità per tutto l’Occidente, che su queste basi di tolleranza e di convivenza pacifica ha fondato la sua identità, quella per cui nei secoli molti si sono battuti eroicamente e ancora si battono. Quella che ci consente di guardare con orrore agli olocausti della storia, ivi compreso quello subito dai cristiani prima del 313 d.C.

 

Paolo Biscottini

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti