13 novembre 2012

COSTANTINO, MILANO E NOI


Sono molti gli spunti che offre la bella mostra a Palazzo Reale organizzata per il centenario dell’Editto di Milano del 313, testo base della nostra storia in cui Costantino imperatore d’occidente e Licinio, suo omologo d’oriente accordarono libertà di culto e in particolare al cristianesimo o “alla religione che ciascuno crede” ai sudditi dell’impero. Subito all’ingresso troviamo una grande mano di bronzo con le dita mozze che regge la sfera del mondo: un frammento di una statua gigante dell’imperatore con una potenza suggestiva che sicuramente farebbe morire di invidia Cattelan perché ci comunica d’impatto la forza della storia che avrebbe fondato l’Europa.

È il momento di snodo carico di energia in cui tutta la grande cultura dell’impero romano, ormai al declinare, (e Costantino gli diede un bel colpo investendo soldi e potere su Costantinopoli) inizia a fondersi con il cristianesimo che non ha ancora una propria iconografia fondata e che prende tutte le immagini e le forme d’arte dal paganesimo. Tutto ciò avviene a Milano, capitale dell’impero romano dal 286 d.C. al 402 d.C., e ancora ci parla con le parole moderne della tolleranza, come viene sottolineato dagli organizzatori dell’esposizione Paolo Biscottini e Gemma Sena Chiesa.

Potrà consolare i milanesi, che per anni hanno sofferto le lungaggini per il buco del parcheggio in piazza Meda, comprendere che sono stati fatti interessanti ritrovamenti e che proprio in quel luogo, crocevia del nostro shopping, si trovava un’area di ricche abitazioni e del mercato che appare dalle ricostruzioni molto elegante, con le facciate affrescate e portici per proteggere le botteghe: le immaginiamo ricche di oggetti d’arte e di lusso come si può vedere dai manufatti esposti, argenterie, gioielli, armi cesellate che testimoniano una vita di corte e la devozione verso la nuova chiesa destinata a divenire potente. Con reperti e planimetrie la mostra ci porta attraverso la ricca Milano imperiale dal Palatium, sede dell’imperatore posto tra gli odierni corso Magenta e via Torino, alle Terme Erculee che occupavano una superficie di quasi quindicimila metri quadri tra corso Vittorio Emanuele e via Larga fino alla necropoli dell’area di Sant’Eustorgio e altre zone della città.

Circa cinquanta anni dopo l’Editto, Ambrogio vescovo avrebbe ulteriormente consolidato Mediolanum, ormai non più capitale, ma ancora seconda solo a Roma per importanza. La storia di quegli anni sul finire del IV secolo ci dice però come la tolleranza, celebrata in questo anniversario, non sia un regalo definitivo perché Teodosio nel 392 proibì il culto pagano, l’ingresso ai templi e stabilì pene ai cristiani che volessero riconvertirsi al paganesimo.

Torniamo a Costantino che nel 312 aveva vinto Massenzio (che voleva essere a sua volta imperatore) alla battaglia di ponte Milvio. La storia/leggenda del suo sogno è nota e illustrata magnificamente da Piero della Francesca ad Arezzo: fatto sta che per quella occasione venne creato il primo logo della storia, il Crismon, monogramma di Cristo formato dalle lettere greche Xi e Rho, (che significano la nostra C e la R) sovrapposte e spesso inserite in un cerchio. Questo che divenne il primo segno grafico identificativo (in hoc signo vinces), arricchito con altre lettere, riprodotto in sculture e tessuti viene documentato nella mostra nei suoi diversi usi e manifesta tuttora la potenza delle antiche storie che riesce a intrecciare e rappresentare per cui capiamo benissimo perché Costantino con quella bandiera abbia vinto.

L’ultima parte della mostra è dedicata a Elena madre dell’imperatore e donna assai coraggiosa che spesso abbiamo vista raffigurata in statue e pitture che qui vengono in parte riportate tra cui un piccolo quadro dove, in veste di bellissima giovinetta, la Santa è rappresentata da Cima da Conegliano. In realtà lo storico Eusebio di Cesarea, afferma che Elena aveva 80 anni al ritorno dal suo pellegrinaggio in Palestina, dove tradizione narra che, salita sul Golgota scoprisse la vera Croce di Cristo riportandone parti a noi, tra cui tre chiodi di cui uno si trova tutt’ora sulla corona ferrea a Monza.

A Gerusalemme si prodigò per la costruzione della basilica del Santo Sepolcro in particolare dell’Anastasis che conteneva i resti della grotta identificata come luogo di sepoltura di Gesù. Qui, con questa chiesa più volte ricostruita e distrutta, inizia un’altra storia millenaria ma di Sant’Elena voglio ricordare un particolare trascurato cioè che lei, con il suo esempio, diede inizio a pellegrinaggi femminili di donne romane che dopo di lei partirono alla ricerca dei luoghi santi tra cui ricordiamo Egeria che con il suo prezioso diario ha permesso ritrovamenti archeologici e importanti testimonianze di quell’epoca così affascinante.

 

Giovanna Franco Repellini



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