13 novembre 2012

musica


 

LA MULLOVA E LA ROUTINE

La sera stessa in cui Abbado ritornava acclamato sul podio della Scala, i musicofili milanesi che non avevano trovato posto nel tempio scaligero si riversavano al Conservatorio per acclamarvi un’altra star della grande musica, quella Viktoria Mullova che affascina ancora, non solo per la bravura con cui suona il suo famoso Stradivari, ma anche per la bellezza statuaria e la ferina sicurezza con cui si muove in palcoscenico. Cinquantatre anni compiuti in questi giorni ma ne mostra poco più di trenta, vestita tutta rigorosamente di nero come una popstar, canottiera (proprio così, una canotta alla Bossi, ma nera) e pantaloni superattillati, tacchi a spillo, gonna di pizzo trasparentissima giusto per un tocco di femminilità, vagamente demoniaca (il violino e il mito di Paganini evidentemente complici), sola sul palcoscenico (“il bello è essere sola sul palco: il recital mi permette una libertà totale” dice al Corriere della Sera), è più facile concentrarsi sulla sua figura che sulla musica.

Programma classicissimo per il violino solo: una Sonata (la prima) e due Partite (la seconda e la terza) di Johann Sebastian Bach, avendo la cura di invertire l’ordine delle due Partite in modo da concludere trionfalmente con quel capolavoro assoluto ed eterno che è la Ciaccona. Cosa potrebbe desiderare di più un sincero amante della musica? C’è tutto: il Bach più sofisticato e stupefacente, uno Stradivari con il suono magico e ammaliante, quella Mullova che più brava di lei non c’è nessuno, la grande sala del Conservatorio gremita dal pubblico della Società del Quartetto, totalmente assorto e – nonostante l’umidità dell’autunno avanzato – silente come nelle grandi occasioni. Un concerto che fila liscio come l’olio, una musica meravigliosa e una esecuzione perfetta. Eppure …

Eppure c’è qualcosa che non va, la sensazione di leggere un testo di filosofia su una rivista in carta patinata impaginata come un messaggio promozionale. Una sottile noia, come ascoltare un CD anziché partecipare al rito magico della ri-creazione della musica, non scatta quella empatia che lega l’interprete all’ascoltatore, manca persino l’emozione che il grande livello di prestazione artistica provoca sempre insieme all’ammirazione. È tutto perfetto eppure non funziona.

Ce lo siamo chiesto in tanti che cosa non aveva funzionato, anche dopo l’ovazione, il bis e le ultime chiamate alla ribalta della esausta violinista. E la risposta è – ahinoi – sempre la stessa. Questi grandi artisti, che riempiono le sale con il loro solo nome, che propongono programmi di sicura attrattività e di indubbio successo, che eseguono le stesse opere per la millesima volta, inevitabilmente perdono la molla interiore, l’entusiasmo, la concentrazione, la creatività e quel lato infantile e naif della sorpresa e della scoperta del valore di ciò che stanno suonando.

Non basta la perfezione né il talento: bisogna essere capaci di rinnovare ogni volta il miracolo della prima volta, a ogni esecuzione si deve “scoprire” e “svelare” la musica, trovarvi quel qualche cosa in più che è la ragione per cui la si esegue ancora una volta, la millesima volta. Se così non fosse saremmo degli stupidi che ascoltano sempre le stesse cose senza rinnovarsi e rinnovarle, soprattutto senza accumulare esperienza e conoscenza nell’interpretazione, nell’esecuzione e nell’ascolto. Leggere un libro a vent’anni e rileggerlo a sessanta, è lo stesso libro, la stessa esperienza, la stessa emozione? eppure siamo a un rapporto a due, autore e lettore; quando il rapporto diventa a tre – autore, interprete, ascoltatore – le cose si complicano non poco e la rilettura di un testo musicale ha una capacità di gran lunga superiore di evolvere nel tempo.

Spiace dirlo, ma la grande, grandissima violinista che interpreta Bach nella sala di un Conservatorio non può limitarsi alla routine, sia pure di altissimo livello tecnico e interpretativo: deve essere capace di emozionare come faceva all’inizio della sua carriera, quando lei stessa era preda di forti emozioni e come molti di noi, con nostalgia, la ricordano ancora.

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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