7 novembre 2012

“CLAUDIO” ALLA SCALA, ABBADIANI IN FESTA


In quasi quarant’anni di frequentazione del Teatro, non avevo mai assistito a una standing ovation prima dell’inizio di un concerto. Il 30 Ottobre, in una Scala gremita, il pubblico ha invece così accolto il Maestro Abbado, di cui si attendeva il ritorno alla guida della Filarmonica, da lui fondata nel 1982, dopo ventisei anni (venti dall’ultima apparizione a Milano con i Berliner Philharmoniker).

Benché non possa certo passare in secondo piano la splendida interpretazione della Sesta sinfonia di Mahler, celebrata da interminabili applausi – in Loggione sarebbero andati avanti tutta la notte –, non si è trattato di un “normale” concerto. Neppure di un evento modano: a parte qualche sparuto V.I.P., anche il parterre era popolato da frequentatori assidui del Teatro, musicisti e artisti (a partire da Carla Fracci, altra gloria scaligera, o Valentina Cortese). Difficile spiegare il clima, lo stato d’animo che circolava martedì sera: persino i più distaccati – non senza un filo di snobismo – nei confronti di manifestazioni così sentite, hanno eliminato ogni freno.

Le avvisaglie di un’attesa vivace erano iniziate almeno una settimana prima. Prima sopiti (perché già una volta il Maestro aveva cancellato l’appuntamento con il suo pubblico), poi quasi increduli (“Ma allora torna davvero? Finché non lo vedo sul podio non sono sicuro …“), ancora un po’ scettici (“Vedrai che anche stavolta non dirige“), in alcuni casi leggermente polemico-disfattisti (“Milano, l’Italia … non lo merita!”), alla fine gli animi di tutti si sono scatenati.

Mi faccio fare una maglietta con la scritta: ‘Claudio ti amo’. E vu in gir inscì“. Uno, più freudiano: “È tornato un papà“. Residui mnestici dell’infanzia perduta. Un’altro, storico loggionista: “È una settimana che non dormo, invece dei fiori butto le mie lacrime e il mio cuore… “. Fiori? “A valanghe, è ovvio!” Attenzione però: pare che in Scala non vogliano veder gente entrare con i borsoni carichi di verdura! Insurrezione: tutto ciò è inaccettabile. Ma esistono strategie alternative: “Mi vesto di fiori … e poi li tiro!

I bagarini? In fila, ma per entrare: una questione di priorità. Si capisce. E poi il tram con la scritta “Bentornato Claudio” circolante per la Città due ore prima del concerto; in sottofondo la musica di Mahler nelle interpretazioni del Maestro: un’idea di Attilia, Presidentessa del CAI, Club Abbadiani Itineranti (itineranti per via della lunga assenza del Nostro). Tra i Loggionisti dotati di bandierine con l’immagine di Abbado, qualche incredulo turista, convinto forse che si trattasse di una sognante normalità tutta locale o del set di un film di Fellini.

È stato un avvenimento a metà tra un amarcord e una festa alla quale tutti gli appassionati milanesi – tutti, nessuno escluso – erano presenti. Una presenza legata al ricordo incancellabile di anni (Abbado è stato direttore musicale della Scala – un teatro davvero aperto a tutti – dal 1968-1986) in cui è stato possibile ascoltare insuperabili esecuzioni del repertorio lirico ottocentesco (storici alcuni Verdi e Rossini) insieme alle composizioni di Nono e Maderna passando per i grandi autori del Novecento. L’ibridazione riuscita (sancita anche in questa occasione, su un altro piano, dall’unione di due Orchestre, la Mozart, altra creatura di Abbado, e la Filarmonica, a formare un organico impressionante), la “novità” in mezzo alla tradizione, la provocazione praticabile: anni di grande spessore culturale per la Scala e per la Città a cui Abbado, musicista dall’anima progettuale, visionaria e pragmatica al contempo, ha dato un messaggio fondamentale e oggi più che mai prezioso, e cioè che se una cosa è giusta, difficile o no, si fa. Luigi Nono, scettico sulla possibilità di portare in Scala la musica contemporanea, dovette dargli ragione (“Ti gavevi rasone: se pol smover tuto, perfin la Scala“) A un progetto, se valido, va sempre data una chance.

A rendere anche un po’ malinconico questo avvenimento, due grandi perdite per Milano, in giorni vicini: Luciana Abbado Pestalozza, sorella del Maestro, anche lei grande protagonista della vita musicale cittadina e fondatrice del Festival Milano Musica, importante appuntamento per la musica contemporanea giunto già alla 21ª edizione, e Gae Aulenti, ricordata proprio nel Foyer del Teatro, che con la Scala e con Abbado collaborò firmando memorabili scenografie.

Dire che ci si è andati col cuore a questo concerto può suonare forse retorico, ma è la verità. È, questo, lo spirito più autentico del teatro, forse ormai residuo di un tempo che non esiste più – almeno a dir di molti –, eppure ancora oggi in grado di restituire “forme di vita” a volte anche pittoresche, eccessive, litigiose, ma mai standardizzate al richiamo di improbabili talenti di facile appeal, di occasioni mondane o, peggio, dedite a stucchevoli, insopportabili buone maniere.

 

Elena Sarati

 



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