31 ottobre 2012

PRIMARIE, ATTENTI A QUEI DUE


Ci approssimiamo alle primarie, e come già fatto in passato per Prodi, Veltroni, Bersani uno e Pisapia ci recheremo nelle “gabine” elettorali (in genere a Milano ex sezioni del PCI locate dalla Fondazione Quercioli al PD) per apporre il nostro “ultimo” sigillo su di uno dei candidati. Privi delle residue speranze di cambiare il mondo anche perché la misura è oramai stracolma e il mondo comunque gira a prescindere dalle nostre piccolissime piroette italiane. E qui sorgono gli amletici dubbi.

Bersani è il prodotto della vecchia nomenclatura PCI convertita e infarcita da democristiani a pezzettini. Nomenclatura che in un diffuso riflesso pavloviano (mi dicono da Leningrado che oltre professor Pavlov andrebbe citato anche professor Sečenov) si comporta come se fossimo ancora nel secolo breve. Rissosi all’inverosimile settari come non mai, li vedi nel loro incedere politico come se fossimo nel 1970 e non nel 2012. Per esperienza personale è più facile scambiare quattro chiacchiere con Alessandro Sallusti che chiedere un’intervista a un onorevole milanese de sinistra, di medio livello nazionale.

Questo esercito dei professionisti della politica si basa su relazioni e regole che derivano dal novecento e ha sistematicamente tracciato un limite tra coloro che possono concorrere a incarichi di rango e il resto della truppa che può solo portare acqua al mulino. Il che significa: noi parliamo, scriviamo, ci candidiamo e veniamo eletti e voi fate attività di circolo volantinaggi in strada, Gazebi, la claque ai comizi e potete candidarvi, salvo errore, alle circoscrizioni, ma non pensate minimamente di chiedere di far qualcosa di più, non è cosa per voi.

Visti il gigantesco disordine istituzionale, i risultati economici, il funzionamento farraginoso e gli scandali in corso, grida vendetta la riforma del titolo quinto della costituzione licenziato in zona cesarini dalla nomenclatura di cui sopra nel 2001, il tutto senza cercare l’accordo con l’opposizione dell’epoca. Ti viene da dire: ha ragione Renzi questi sono inadeguati.

Nello specifico poi Bersani sembra una brava persona, è stato spalatore di fango a Firenze nel 1966, un buon presidente di regione e un bravo ministro dell’industria persino innovativo ma il suo cursus è pesantemente segnato da due macchie di ragù: la prima sul panciotto è Filippo Penati, il suo capo dell’ufficio politico prima dell’affaire Sesto e la seconda sui pantaloni, Zoia Veronesi, sua storica segretaria che è attualmente indagata per truffa aggravata ai danni della Regione Emilia. Ma si può? direi proprio di no!

Passi l’errore Penati ma con gran fatica, ma che si tolleri che un giudice possa andare a indagare su di un trasferimento di una dipendente della regione comandata a Roma, quantomeno significa che presti il fianco a una faziosa lettura delle carte e allora per questo non sei adatto dopo le figuracce di Berlusconi ad andare a discutere con Frau Merkel.

A valle di questa nomenklatura di brontosauri della politica c’è un mare magnum di trombati che ha trovato asilo sotto il mantello di Giamburrasca Renzi. L’avventura di Renzi è cominciata con parole forti ai limiti dell’offesa personale. Dita puntate contro Tizio Caio e Sempronio che fieri del loro infinito orgoglio si sono sentiti punti nel vivo sino alla dichiarazione di D’Alema che di fatto dice se vince il mio candidato mi metto a far l’intellettuale della Magna Grecia (è di Gallipoli e ha una fondazione) se perde faccio la guerra e magari pure una scissione nel peggior stile berlusconiano. Sicuramente Renzi ha ridato visibilità alla carica di sindaco di Firenze di cui non si avevano notizie dai tempi di La Pira.

C’è nelle truppe di Renzi una ricerca della realizzazione politica frustrata. Si notano anche in questo schieramento le tendenze citate per la controparte. Settarismo e scarsa apertura al dialogo. Poca attenzione alle speranze politiche della gente, già si vede all’orizzonte un bel cerchio magico e un approccio top down della peggior specie. I colonnelli si espongono poco e a volte è meglio che sia così. Quando si tratta di lavoro di gomito corrono subito a chiederlo. Vedremo se nel tempo questa fazione maturerà dinamiche diverse, per il momento giudizio sospeso. Dalla sua parte gioca la novità che di questi tempi non è poco ma non è neppure sufficiente.

Triste dirsi ma sarà una dura scelta apporre il proprio sigillo in “gabina“.

Riccardo Lo Schiavo

 

 



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