31 ottobre 2012

Scrivono vari 31.10.2012


Scrive Gabriella Valassina a Eleonora Poli – Precisazioni sull’articolo Ci sono Comitati e Comitati. Non vorrei che sembrasse solo una risposta seccata a chi evidentemente non conosce appieno la realtà dei cittadini che anche da tempo s’impegnano per risolvere alcuni problemi o situazioni ormai incancrenite presenti nella città. Ritengo necessaria, però, una breve precisazione. Molti di quei Comitati nati anche molti anni fa e, per esperienza diretta, posso parlare di quello di cui faccio parte, hanno assunto un ruolo di vigilanza e di tutela verso il territorio che amministrazioni poco attente o molto interessate ad alcuni aspetti economici hanno dimenticato.

Quello che può sembrare attenzione a un problema o a un aspetto del proprio quartiere in realtà è il punto di partenza per affermare la necessità di dialogo e partecipazione alle scelte che coinvolgono non il proprio condominio o la propria strada ma la realtà complessiva del luogo, del quartiere in cui si vive e/o lavora. Non è vero poi che esiste “una incomunicabilità reciproca spesso non casuale” tra Comitati. Nel nostro caso abbiamo avuto rapporti durevoli con molti altri Comitati che negli scorsi anni avevano contrastato, a ragione, la costruzione di alcuni parcheggi della famosa lista di albertiniana memoria. Ora abbiamo contatti e confronti con associazioni e cittadini che si stanno battendo contro le difficili situazioni e le norme di un’ingestibile “movida” o che si stanno interessando ad altri aspetti della vita civile e dei beni comuni.

Il nostro impegno e spesso la nostra fatica va oltre la piccola situazione quotidiana e nel rivolgerci alle istituzioni, a volte, purtroppo non troviamo quella corrispondenza d’intenti per le scelte di difesa del paesaggio, della vivibilità, del decoro, della sicurezza e di tutela dell’identità di un territorio. Sì sono d’accordo “i comitati di quartiere non guardano in faccia a nessuno”, non siamo nati sull’onda di elezioni o di affermazioni politiche, abbiamo tentato e cerchiamo ancora di raggiungere i nostri obiettivi utilizzando le nostre energie e conoscenza del territorio, le capacità tecniche di chi generosamente ci dà una mano e, mi permetto di aggiungere, di quei politici che riconoscono il lavoro svolto negli anni e le finalità che ci siamo dati. (Comitato Navigli)

 

Scrive Gianluca Bozzia a LBG: Credo che siano poche, se ci sono, le istituzioni finanziarie cui noi lettori affidiamo i nostri soldi che non abbiano una qualche sede di comodo fiscale o che non facciano investimenti eticamente dubbi… . Qualsiasi donazione a un’organizzazione che sostiene una campagna elettorale dovrebbe essere nominale e, per quelle sopra i 49,99 euro in su, tracciabile in quanto elettronica. Personalmente sarei orgoglioso di fare sapere a chi fosse interessato perchè sostengo uno o più candidati. Da cittadino contribuente esigo di sapere tutto di chi dovrà gestire i flussi di denaro miliardari della Repubblica Italiana. Ci vuole anche totale trasparenza anche per la situazione patrimoniale, passata e futura, di una persona che ricopre cariche pubbliche, in particolare se rilevanti. Aggiungerei l’obbligo di pubblicità da parte della Guardia di finanza in caso di variazioni anomale presente o future nel patrimonio e nei redditi di parenti nell’asse ereditario (fino al settimo grado, se non sbaglio) e di contemporanea automatica decadenza da qualsiasi carica in casi anche solo dubbi.

Abbiamo centinaia di persone a Milano, in Lombardia e in Italia che possono fare il lavoro di Scaiola, Fini, Penati, Zambetti, mentre questi potrebbero continuare a lavorare e fare politica senza cariche elettive, dentro e fuori i partiti. Gli strumenti ci sono. Poi, certo, ci sono le utilità tra “amici con comuni interessi” (caro presidente, ti pago le vacanze per venti anni sul mio yacht o meglio “vieni gratis, in quanto amico”) da rendere molto pubbliche e magari poco opportune e qui la stampa potrebbe fare il suo lavoro! Poi potrebbero esserci i prestanome in puro stile mafioso, però qui siamo alla volontà di depistare e delinquere, cosa possibile, certo, ma su cui non ci sono regole che tengano, ma solo punizioni molto molto molto severe di tipo penale perchè il danno alla res publica recato da Cuffaro o, forse, Zambetti, è molto maggiore di quello di quello di un mafioso dello stesso calibro.

 

Scrive Piero Baracchi a Guido Martinotti – Martinotti non sbaglia certo quando dice che la città è piena di messaggi, soprattutto pubblicitari, che deturpano l’ambiente (i manifesti elettorali sono poi il culmine dell’orrore), e, del resto, vi sono modi di danneggiare l’ambiente ancor più distruttivi. Ma non si vede come ciò possa far passare in secondo piano il non senso dell’imbrattamento dei muri. Le scritte sui muri sono un fenomeno particolarmente milanese e che colpisce molto negativamente chi arriva da fuori per la sua intensità. Ma colpisce soprattutto la stupidità del mettere sigle e firme e scarabocchi su intonaci – pietre – serrande – vetrine – cartelli indicatori…: che godimento possono trarne gli autori? Lo sfregio appaga gli sfigati e li ricompensa delle frustrazioni della vita? È questo il messaggio che si vuole comunicare e tutelare?

Vi è poi un aspetto economico della vicenda che non può essere trascurato: singolarmente o collettivamente ci si sobbarca a un notevole costo per cancellare-coprire periodicamente gli sfregi di qualche mentecatto, che non è mai chiamato a risponderne. Il fenomeno rientra fra i numerosi comportamenti individuali che possono interferire con l’interesse collettivo, come il fracasso, la sosta selvaggia, le deiezioni canine, il decoro degli edifici…: in tutti questi campi esistono regole che vengono, più o meno, fatte rispettare. Non sarebbe ora che anche sui cosiddetti graffiti l’amministrazione pubblica riuscisse a esprimere regole e a farsene carico?

 

Scrive Gianluca Bozzia a Marco Romano: Se la dotta ricostruzione storica porta a stabilire che dobbiamo consumare più suolo come sempre fatto in passato, non sono d’accordo e mi scuso da subito per il mio gretto argomentare. Partirei dalla riqualificazione del patrimonio pubblico, anche con le risorse ottenute aggredendo fiscalmente lo sfitto e l’eccessiva patrimonializzazione immobiliare delle famiglie (e parlo di me stesso). Continuerei con i vantaggi fiscali per gli investitori in abitare sociale e terminerei con incentivi alle costruzioni produttrici di energia. Poi il resto lo lasciamo ai grandi costruttori di edifici da 100 appartamenti da 10.000 euro al mq e ai riciclatori dei proventi di cocaina che possono lasciare vuoti gli edifici per anni.

 

Scrive Gianfranco Stella ad ArcipelagoMilano: Sono giuste alcune osservazioni lette; mi sembra importante rilevare che un modo distruttivo di fare politica è aggredire gli altri per porsi in evidenza, mi sembra più costruttivo appoggiare le idee buone!

 

 

 



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