13 aprile 2009

CONTROLLARE LE PRESTAZIONI E RIASSESTARE IL MODELLO LOMBARDO


I provvedimenti recentemente assunti dalla Giunta regionale in materia di controlli sulle prestazioni sanitarie e di requisiti per ottenere e mantenere l’accreditamento sono scaturiti, con buona probabilità, dall’esigenza di dare una risposta alle numerose inchieste che nel 2008 hanno scosso la sanità lombarda, ed in particolare quella milanese.

Lo sdegno manifestato dai cittadini per quanto accaduto nella Casa di Cura S. Rita, la sfiducia generata dagli scandali che hanno coinvolto altre strutture private accreditate, la pressione esercitata dalla magistratura affinché si intervenisse su un sistema che consentiva storture ed aberrazioni rilevanti, hanno imposto al Governo regionale di assumere un provvedimento che, apparentemente, cambia le regole nella direzione di un maggior rigore.

Purtroppo permane la sensazione che il Sistema Sanitario Lombardo, pur con qualche correzione nei controlli, mantenga al suo interno degli elementi di instabilità tali da non consentire una esclusione di episodi di questo tipo.

Infatti la divisione tra strutture erogatrici e strutture compratrici di prestazioni, ha reso possibile una frantumazione del percorso assistenziale e una separazione tra le funzioni della prevenzione, della diagnosi-cura, della riabilitazione e dell’integrazione socio-sanitaria che, in Lombardia, ha vanificato principi ed obiettivi della legge di riforma sanitaria e rappresenta un sostanziale abbandono dell’assistito negli intervalli temporali di presa in carico da parte dell’ospedale, degli istituti di riabilitazione o del territorio. La mancata integrazione di queste realtà nella ricerca di soluzioni comuni, utili ai pazienti, è particolarmente grave nei casi di non autosufficienza.

I provvedimenti trattano il problema ospedale-territorio sottolineando la necessità di un maggior coinvolgimento del medico di medicina generale nelle scelte di politica sanitaria e di governo clinico, ad esempio attraverso l’obbligo di comunicazione chiara del sospetto diagnostico, ma questo può ingenerare difficoltà con il proprio assistito e dubbi su chi pagherà le conseguenze dell’eventuale mancata precisazione diagnostica (il paziente sarà respinto in fase di prenotazione? Dovrà tornare dal proprio medico o, peggio ancora, dallo specialista?).

Altri punti salienti riguardano i requisiti che devono essere posseduti dalle strutture sanitarie per essere autorizzate/accreditate: è da accogliere con favore quello che stabilisce che tutte le strutture con posti letto di degenza ordinaria debbano dotarsi di un direttore sanitario di presidio, così come l’affidamento di compiti di controllo alle direzioni sanitarie, è però, indispensabile, per il corretto svolgimento di questa funzione, rivolgere grande attenzione alla formazione e all’aggiornamento di queste figure, vigilare sul possesso di reali conoscenze in materia d’accreditamento e di qualità delle prestazioni, e valutare la loro concreta presenza sull’attuale mercato del lavoro.
Un altro aspetto preso in considerazione riguarda la corretta compilazione delle cartelle cliniche ospedaliere: le indagini giudiziarie e amministrative prima ricordate hanno evidenziato, tra le molte manchevolezze, una frequente e grave trascuratezza nello svolgimento di un compito che ha grande importanza clinica e medico-legale. È, quindi, del tutto condivisibile la previsione di considerare la corretta compilazione della cartella clinica quale discriminante per giudicare il ricovero rimborsabile o no da parte del servizio sanitario regionale.

I provvedimenti tuttavia non contemplano la possibilità di sanzioni più severe, né rinviano a successivi provvedimenti. Gli scandali della sanità lombarda avrebbero meritato ben altre conseguenze, non solo in termini di revoca degli accreditamenti, ma anche di risarcimento pecuniario del Servizio sanitario regionale.

Una novità positiva è l’introduzione, tra i requisiti organizzativi d’accreditamento, di un controllo sui rapporti contrattuali tra sanitari e strutture sanitarie pubbliche e private: nei contratti non dovranno essere presenti elementi che facciano intravedere possibili conflitti d’interessi e, viceversa, dovranno essere contenuti i principi del Codice di deontologia medica.

Altri due ultimi aspetti contenuti nella delibera: la verifica periodica dei contratti e il controllo sull’appropriatezza delle prestazioni. In merito a quest’ultimo occorre specificare però che la trasformazione del sistema dei controlli formali, fino ad oggi effettuati, in controlli per la valutazione professionale dell’appropriatezza specifica delle prestazioni di ricovero e cura e di specialistica ambulatoriale, non è sicuramente facile, ma il meccanismo messo in piedi dalla Giunta Regionale è di una tale complessità che rischia di diventare del tutto inapplicabile. Sono dubbi ai quali è opportuno siano date risposte rapide e certe.

Pur apprezzando quindi quanto di positivo è stato introdotto dalla delibera riteniamo che essa non dia sufficienti garanzie di tutela della salute dei cittadini. I cambiamenti necessari al sistema sono ben più radicali e riguardano l’essenza stessa del modello lombardo

Sara Valmaggi



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