24 ottobre 2012

musica


 

SERATE MUSICALI

Un’inaugurazione di stagione a dir poco grandiosa, quella che giovedì scorso hanno offerto le “Serate Musicali” (la benemerita associazione diretta da Hans Fazzari e da Luisa Longhi che si sta avvicinando al quarantesimo anno di attività) con il concerto dell’Orchestra Nazionale del Belgio diretta da Andrey Boreyko e con la partecipazione della violinista Akiko Suwanai: una grande Orchestra di un centinaio di elementi (di cui si è potuto ammirare la perfetta disciplina che nelle orchestre italiane è purtroppo rara) e una bravissima e incantevole solista giapponese – nel 1990 fu la più giovane musicista a vincere il premio Čaikowskij – tanto brava che le è stato offerto in uso un famoso Stradivari dal suono magico che appartenne a Jascha Heifetz. Anche il programma era di grande fascino e di ancor maggiore impegno: il “Concerto per violino e orchestra in re maggiore” opera 77 di Johannes Brahms e la fantastica “Sinfonia Fantastica” (non è una svista…) opera 14 di Hector Berlioz.

Suonare in tournée all’estero, per un’orchestra, è un po’ come giocare fuori casa per le squadre di calcio; la sala, l’acustica, le luci, soprattutto il pubblico di cui non si conoscono gli umori e le consuetudini (i pubblici italiani soffrono molto di raucedine però sono molto generosi negli applausi finali), creano sempre un po’ d’imbarazzo; se poi si aggiunge che Andrey Boreyko è stato nominato “direttore principale” di quella orchestra solo da pochi mesi, e dunque non si è ancora creato quel magico affiatamento che rende possibile il miracolo del “suonare insieme” di tante persone, si può comprendere qualche tentennamento iniziale e qualche attacco impreciso. Ma senza andar troppo per il sottile il suono dell’orchestra era di ottima qualità e così le interpretazioni di Brahms e di Berlioz che hanno proposto direttore e solista, tanto che la sala del Conservatorio, letteralmente strapiena, ha preteso il bis non solo dalla concertista (un Bach portato a livelli incredibili di pulizia e di rarefazione) ma anche dall’intera orchestra (una commossa Danza Slava di Antonin Dvoák); la quale orchestra – essendo appunto “nazionale” – ha giustamente inalberato sul palcoscenico le tre bandiere, la belga, l’italiana e l’europea!

La grintosa e ineccepibile Suwanai ha dato del Concerto brahmsiano una versione molto passionale ma anche di grande equilibrio; è uno dei più defatiganti cimenti del repertorio violinistico, se non altro per la presenza assidua del solista che deve essere “sul pezzo” dall’inizio alla fine, senza tregua, soprattutto nel terzo tempo, con quel tema che sembra un colpo di frusta e un ritmo che travolge ogni cosa. Il Concerto, scritto nel 1878 da un Brahms già quarantacinquenne e tuttavia ancora alle prime armi con il violino solista, è dedicato al genio di quello strumento, Joachim, che dopo aver dato una mano all’autore durante la gestazione lo ha anche eseguito per la prima volta e ne ha scritto la bella cadenza, ancora oggi la più eseguita (così ha fatto anche la Suwanai), di tale modernità da sembrare scritta da un contemporaneo.

Unico punto debole, nella esecuzione del concerto in re, era una sostituta-timpanista (che nella successiva sinfonia ha infatti lasciato il posto al titolare dello strumento), palesemente non in grado di sostenere l’orchestra, che ha creato qualche difficoltà al direttore. Nell’orchestra sinfonica il ruolo del timpano è fondamentale (ricordiamo il celeberrimo Luigi Torrebruno, negli anni d’oro dell’orchestra della Scala, o la mitica Viviana Mologni, l’attuale titolare nell’Orchestra Verdi) perché con l’assoluta precisione dei tempi, o con quei minimi anticipi o ritardi che fanno la differenza, deve imprimere ritmo agli altri strumenti sì da diventare in determinate occasioni una sorta di braccio destro del direttore.

Interessante notare come l’orchestra – nel passare da un concerto con solista a una sinfonia, liberandosi dunque dalla necessità della concertazione con terzi estranei – migliori sovente le sue prestazioni e ritrovi compattezza, slancio, sicurezza; e così infatti è accaduto anche l’altra sera nel passaggio da Brahms a Berlioz.

La Sinfonia Fantastica è un’opera giovanile (Berlioz aveva 26 anni quando vi ha messo mano!) e tuttavia è anche l’opera più celebre del suo autore; tutt’altro che facile – di essa si ascoltano spesso esecuzioni enfatiche e “urlate” – è stata eseguita in modo esemplare dall’orchestra belga anche grazie alla lettura consapevole che ne ha dato Boreyko. Segno di grande maturità di un direttore che, nato a San Pietroburgo in epoca stalinista, è cresciuto girando il mondo fra tante orchestre di diverse nazioni.

Se il buon giorno si vede dal mattino, avremo un’ottima stagione delle Serate Musicali che ci rimandano al loro appuntamento settimanale del lunedì sera al Conservatorio.

 

Da non perdere

Milano Classica inaugura domenica 28 ottobre alle ore 11 la sua XXI Stagione Concertistica. Il primo appuntamento, nella tradizionale cornice della Palazzina Liberty, è con il concerto di Lorna Windsor (soprano) e Andrew Beall (marimba) diretti da Richard Haglund e accompagnati dall’Orchestra da Camera Milano Classica insieme ai Virtuosi degli Horti. Il programma comprende il Divertimento in fa maggiore K. 138 di Mozart, la Cançoneta per violino e archi di Joaquin Rodrigo (1901-1999), il Song of Almah di Andrew Beall (1971), l’Andante cantabile per violoncello e archi di Čajkovskij (1840-1893) e la Holberg Suite di Grieg (1843-1907).

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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