13 aprile 2009

MELEGNANO: SALVARE LA MEMORIA


E’ successo poche settimane fa nella cittadina di Melegnano un fatto edilizio apparentemente insignificante, in realtà indicativo di un fenomeno che minaccia il nostro patrimonio storico: una vecchia casa rustica, risalente al secolo XVIII e posta nel centro storico della cittadina, è stata drasticamente demolita, nell’arco di una sola giornata, per opera di due gigantesche ruspe. Invano Italia Nostra, come associazione, e alcuni singoli privati, sensibili ai valori della tradizione, hanno cercato di fermare l’atto incriminato. La Soprintendenza ai Monumenti, pur rammaricandosi di quanto stava succedendo, non ha trovato motivazioni legali per impedire la demolizione: la vecchia casa infatti non era soggetta a vincoli monumentali e nell’ambiente in cui sorgeva non era vietato sostituire un vecchio edificio con uno nuovo. Bisogna riconoscere che l’edificio non era di valore tale da richiedere un vincolo della Soprintendenza; né il centro urbano in cui sorgeva aveva caratteri storici e ambientali così particolari da dover essere sottoposti a tutela. Bisogna anche ammettere che il nuovo edificio destinato a sostituire quelle abbattuto non presenta un aspetto stridente e offensivo, ma soltanto goffamente folkloristico nel suo tentativo di imitare un palazzotto medioevale. Eppure, nonostante l’ammissione di queste premesse apparentemente non censurabili, il fatto è grave, e denota un costume che fa paura.

A poco a poco, pezzo dopo pezzo, tutte le tracce del nostro passato saranno destinate a scomparire. E insieme con loro verrà irrimediabilmente cancellato tutto il patrimonio di documenti, di sentimenti, di atmosfere, di ricordi che quelle tracce, quando ancora riescono a sopravvivere, portano con sé e suscitano in noi. Per contrastare questa progressiva distruzione della Storia; per arrestare lo smantellamento, una dopo l’altra, delle superstiti tracce del passato, non bastano i vincoli imposti dalla Soprintendenza o dagli Assessorati ai Beni Culturali della Regione; occorre creare una diversa sensibilità, un modo di ragionare contrario a quello che è il nostro attuale e dominante concetto di città e di territorio. Non più concepire quest’ultimo come terreno di conquista, quando non di rapina, ma considerarlo come un tesoro comune, un bene collettivo da usare con cautela e da occupare con discrezione.

E’ ovvio che questo radicale cambiamento di prospettiva urbanistico-paesaggistica non è innocuo né indolore, giacché sembra mettere in forse la proprietà privata del suolo, e il diritto di edificare sul proprio terreno. Tuttavia, senza voler affrontare la secolare questione giuridica che riconosce il possesso della terra al singolo privato, è possibile introdurre alcune fondamentali e radicali riforme normative che consentirebbero di salvaguardare, rinnovare e conservare il restante patrimonio edilizio, anche di minore valore architettonico, trasmessoci a tutt’oggi dal passato.

E’ noto che uno degli ostacoli maggiori alla conservazione di questo patrimonio è la difficoltà, se non l’impossibilità, di far rispettare le numerose e spesso pletoriche norme che regolano e condizionano l’abitabilità degli edifici. Spesso assurde, anche quando vengono applicate a stabili di nuova costruzione, queste norme lo sono ancora di più quando vengono imposte nelle case vecchie. La loro rigidità, cieca e ottusa, ne rende impossibile il rispetto senza compromettere l’integrità storico-estetica della costruzione. E questa impossibilità favorisce, com’è ovvio, la decisione di abbattere l’edificio esistente e di elevarne al suo posto uno nuovo, diligentemente rispettoso di tutte le prescrizioni richieste. Basterebbe introdurre nei regolamenti edilizi e nelle norme dei piani urbanistici, criteri più flessibili, più malleabili, più adattabili ai singoli casi concreti, e si avrebbe il risultato di eliminare ogni scusa volta a giustificare la distruzione del vecchio. Elaborare e applicare tali criteri non è certo facile, ma per i cultori della giurisprudenza urbanistica sarebbe una sfida entusiasmante, un compito pieno di attrattive.

Un’altra azione, faticosa ma gratificante, da mettere in pratica per la salvezza del passato, consiste nel dimostrare che il comfort e le comodità domestiche, così come sono offerti dalle nuove costruzioni, non sono né ostacolate né irraggiungibili anche nelle vecchie.

Una delle motivazioni più falsamente convincenti che induce ad abbattere le vecchie sta nella convinzione, anzi nel pregiudizio, che esse siano più disagevoli e scomode, meno facilmente attrezzabili, maggiormente sacrificate di quanto non siano le nuove. Se si chiarisse che i medesimi requisiti di comodità offerti da queste potrebbero essere esaurientemente assicurati anche in quelle, molti costruttori, molti proprietari, molti affittuari non avrebbero diffidenza e difficoltà ad abitare una casa vecchia e ospitale piuttosto che in una casa nuova, priva di calore e di atmosfera famigliare.

Nella prospettiva di rendere le case vecchie sia abitabili che conformi alla legge, nel caso della riforma normativa era richiesto l’impegno e la capacità professionale del legislatore-urbanista, nel caso del riuso abitativo è richiesta la preparazione e la capacità inventiva del progettista-architetto. Sta a lui il compito di saper rispettare il fascino del vecchio senza far mancare la comodità del nuovo. Le nostre facoltà di architettura, che spesso si perdono in ricerche astratte e lontane dai problemi reali, dovrebbero inserire nei loro attualmente poco organici programmi, almeno specifici corsi d’istruzione volti a rendere l’edilizia di ieri rispondente alle esigenze di oggi; e capaci di educare gli studenti a preferire i robusti dettagli costruttivi di ieri alle appariscenti finiture edilizie di oggi. Una volta che gli apparecchi e gli impianti igienici siano perfettamente funzionanti non è detto che i bagni moderni, luccicanti di maioliche smaltate, siano da preferirsi ai bagni più tradizionali, rivestiti da materiali meno accattivanti, ma più solidi e collaudati.

Una volta che siano installate in locali racchiusi tra mura antiche le attrezzatissime cucine di recente produzione, non è detto che il focolare della famiglia appaia meno invitante e confortevole.

Una volta che l’isolamento acustico fra piano e piano sia perfettamente collaudato ed efficace, non è detto che un piatto e anonimo solaio in latero-cemento sia più gradito di un antico soffitto in travi di legno, sul quale l’illuminazione naturale o artificiale crea un vivace contrasto di luci e di ombre, impossibile da ottenere nei solai moderni.

Occorre combattere la concezione commerciale, seducente e edonistica della casa, così come ci viene propinata dalle insulse immagini della televisione e dalle riviste di arredamento; e sostituirla con un sentimento più intimo e antico della casa che rivaluti gli spazi e gli ambienti del passato.

Se ciò fosse un giorno attuabile, la rustica casa settecentesca, posta nel centro di Melegnano, sarebbe oggi ancora in piedi, felicemente abitata da persone soddisfatte, perché interamente dotata di attrezzature moderne; e nello stesso tempo ancora presente con il suo patrimonio di sentimenti famigliari e di suggestioni profonde. Nel centro storico della piccola cittadina lombarda avremmo una viva e vivente testimonianza del passato e non lo stucchevole spettacolo di una casa costruita in finto stile rustico, già morto in partenza.

Jacopo Gardella



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