16 ottobre 2012

CARLO MARIA MARTINI E IGNAZIO MARINO: “CRESCERE E CONOSCERE”


Abbiamo ancora negli occhi le immagini dei funerali del cardinale Carlo Maria Martini e le file sotto la pioggia dei cittadini accorsi per due giorni in Duomo a salutarlo. Si vuole, con queste poche righe, rendere un dovuto omaggio a un uomo di fede, di alto spirito, di cultura che ha sempre dialogato con tutte le componenti della società, con spirito illuminato. In tutti i sensi.

Tantissimi sono gli spunti, critici e intellettuali, che Carlo Maria Martini ha fornito alla “comunità dei cittadini” in questi anni, soffermiamoci su uno, piccolo, ma molto significativo che tratta quel rapporto stridente, ma così interessante tra scienza e fede che da Kant in avanti ha costituito una delle basi della filosofia moderna. Mi piace ricordare quel raffinato dialogo avvenuto tra Carlo Maria Martini e Ignazio Marino, riassunto nel libriccino agile, pubblicato da Einaudi, “Credere e conoscere”.

Partendo dall’analisi di un’opera letteraria, sarà più facile tenere lontano aspetti di qualunquismo e di retorica, di certo facili nel ricordo di personaggi storici di tale livello. Scienza e fede non si escludono reciprocamente, a patto che a professare l’una e l’altra siano intelligenze aperte e capaci di coltivare il dubbio. Un saggio breve, ma dall’altissimo peso specifico, vista la complessità dei temi che vi sono trattati e il tono – divulgativo ma mai superficiale – con cui i due conducono il discorso.

Carlo Maria Martini non ha certo bisogno di presentazioni. In lui, molti hanno visto un esponente di punta di quella parte della Chiesa che senza chiusure aprioristiche o atteggiamenti dogmatici cerca un dialogo autentico con la società laica, confrontandosi sui temi complessi che la contemporaneità propone. Ignazio Marino, dal canto suo, ha un curriculum di primo piano nell’ambito della chirurgia. È stato il primo chirurgo a eseguire un trapianto di fegato da babbuino a uomo, e parallelamente alla sua carriera di respiro internazionale, ha sviluppato un’attività fervida di divulgatore, pubblicando diversi libri a carattere civile e scientifico.

Nel corso di un dialogo durato anni, i due hanno affinato un rapporto speciale, e sulla scorta della stima reciproca hanno saputo costruire una piccola ma solida cattedrale (laica, beninteso) di ottime ragioni per cui positivismo e spiritualità dovrebbero sempre tenere aperte le proprie porte l’uno all’altra. E, anzi, forse è questa “apertura arricchente” a essere la nuova scommessa sia per la scienza sia per la religione. Contraccezione, omosessualità, Chiesa e sessualità, nuove frontiere della genetica: nodi delicatissimi e importanti, che non consentono riflessioni svogliate o risposte ambigue. Temi al centro del dibattito contemporaneo, piuttosto, che esigono un esercizio continuo della propria capacità di ascoltare le ragioni dell’altro e farne propria almeno una parte.

In questo senso è lo scienziato Marino che spesso solleva le questioni cui poi Martini sarà chiamato a pronunciarsi, ed è bello leggere come l’anziano uomo di fede risponda sempre alla chiamata, forte delle sue buone letture, per così dire, e soprattutto della sua intelligenza. Forse, con tutta la prudenza del caso, questo è stato proprio il più grande merito di Carlo Maria Martini: pur nell’altezza del suo magistero, rimanere “uomo fra gli uomini” e appassionarsi – ritenendo fondamentali – i “problemi degli uomini”. Che, in prospettiva cristiana, sono anche i “problemi di Dio”.

Verso la fine del libro si arriva a parlare anche di eutanasia e rifiuto dell’accanimento terapeutico: capitolo quest’ultimo che acquista una luce di verità ancora più forte in seguito alla dignità e alla coerenza con cui il Cardinal Martini ha affrontato l’ultima parte della sua vita.

 

Ilaria Li Vigni



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