17 ottobre 2012

libri – GUIDO MORSELLI: IMMAGINI DI UNA VITA


 GUIDO MORSELLI: IMMAGINI DI UNA VITA

a cura di V. Fortichiari

Rizzoli, 2001

pp. 143, euro 24

 mercoledì 17, ore 18.30 presso Palazzo Sormani, sala del Grechetto, parleranno dell’Autore, in occasione del Centenario della sua nascita, Romano Oldrini, Valentina Fortichiari, Giulio Giorello, a cura di Unione Lettori Italiani e in collaborazione con Associazione Amici di Piero Chiara.

 

La solitudine dello scrittore. Se, tra gli altri, Orhan Pamuk ne ha magnificamente descritto la condizione esistenziale (“Per diventare scrittore pazienza e fatica non bastano: si deve anzitutto provare l’impulso irresistibile a fuggire la gente, la compagnia, la quotidianità, e a chiudersi in una stanza”), Guido Morselli ne è stata l’incarnazione esemplare, anzi ha pienamente realizzato i consigli del Nobel turco. Da un certo periodo della sua vita, durante la giovinezza, dopo divertimenti, balli, viaggi in Europa, ha fuggito i suoi simili e si è ritirato nell’eremo di Santa Trìnita di Gavirate, vicino a Varese, come è noto.

Tale scelta avveniva a partire dall’inizio degli anni Cinquanta, anni di dopoguerra, durante i quali l’editoria italiana consolidava il processo di industrializzazione, rinnovando i canali distributivi e rafforzando le vendite, diffondeva i tascabili, diversificava i generi, affiancando una nuova saggistica alla preminente narrativa. Era una editoria di carattere ancora prevalentemente ‘artigianale’, dove forte e predominante – tra i grandi conduttori (Mondadori, Rizzoli, Bompiani, per citare solo i principali) – era il rapporto autore/editore, in molti casi un vero e proprio sodalizio personale, fatto di lavoro ma anche di amicizia (vedi la vicenda Bompiani/Zavattini, per esempio). Numerose allora le figure di intellettuali assoldati da questi grandi editori e molto spesso scrittori in proprio oltre che pregevoli direttori editoriali (Pavese, Vittoriani, Sereni, Calvino, Fruttero ecc).

Editoria ‘umana’? Vogliamo dire, rispetto alla rivoluzione spersonalizzante di questi ultimi anni (sia detto senza toni di inutile nostalgia), la rivoluzione tecnologica e digitale, e un futuro che si prospetta, lontano o vicino, ‘senza’ carta. Per inciso un’epoca, quella odierna, alla quale Morselli difficilmente si sarebbe adeguato.

Eppure viviamo in un periodo dell’editoria che porta al successo a volte planetario, sfornando fenomeni editoriali capaci di toccare cifre di tiratura e soprattutto di diffusione davvero straordinarie (si pensi ai libri dell’americana James, Cinquanta sfumature di nero/grigio/rosso), si pensi in Italia al nostro Massimo Gramellini che a fine anno probabilmente toccherà con Fai bei sogni il milione di copie, la Tamaro con Va dove ti porta il cuore arrivò a due milioni). A quali fattori si devono questi record? Alla televisione, alla rete Internet, ai social network. A un abnorme passaparola, che un tempo non ci si sognava neppure.

Allo scrittore Guido Morselli, il quale si trovava nella condizione apparentemente perfetta per essere ‘personaggio’ e scrittore ideale, tutto questo è stato negato. Negata la pubblicazione e l’incontro con una comunità di lettori che ne avrebbe decretato il successo (solo postumo, invece), negata (ma forse non sarebbe stata desiderata o accolta) una esposizione mediatica al pubblico, la reazione della critica, dei giornali, le passerelle televisive, le apparizioni all’estero. Guido Morselli avrebbe ‘schivato’ tutto questo, per indole, ma avrebbe continuato a produrre i suoi libri stando nell’ombra. Inutile ricordare l’aneddoto di una visita milanese – durante le famose peregrinazioni editoriali – presso la Mondadori, quando volle nascondersi dietro a una colonna per sottrarsi alla vista di Giorgio Mondadori che era stato suo compagno di studi. Morselli rifiutava le raccomandazioni, i contatti con quanti potevano favorirlo. Era anche lievemente spazientito con funzionari ed esponenti del mondo editoriale, amato e in parte disprezzato, che trattenevano troppo a lungo i suoi dattiloscritti senza emettere un parere, un giudizio. E ne pretendeva la restituzione, scaduti certi limiti temporali che egli stesso si piccava di fissare.

Eppure Morselli sapeva come entrare in contatto con quel mondo, al quale aspirava con tutte le forze: ci sono rimaste lettere significative e tra l’altro ricche di dettagli di storia editoriale e del clima degli anni in cui furono scritte. Esemplari le lettere a Italo Calvino. Al di là del sostanziale ‘rifiuto’ editoriale e la querelle che passò tra i due sul romanzo Il comunista in particolare, qualcosa evidentemente li accomunava, per certi aspetti: più giovane Calvino di oltre un decennio, taciturno, avaro di parole, “curioso di se stesso senza possedere un io, senza ostentarlo” (sono parole di Pietro Citati), come del resto lo scrittore varesino. Ogni volta che scriveva un libro Calvino cominciava ex novo: “Scrivo ogni libro come se fosse il primo, come se non avesse rapporto con nessuno degli altri” (inutile ricordare la varietà dei temi e degli ambienti toccati nei romanzi di Morselli: la storia, Divertimento 1889, la politica, Il comunista, la teologia, Fede e critica, la fantateologia, Roma senza papa, la controstoria, Contropassato prossimo).

E dunque tra i due passò – alla lontana – una corrente sotterranea di umanità autentica e i due si conobbero più profondamente che se mai si fossero incontrati. Basta leggere le parole di un accorato invito che è quasi un autoritratto intimo, domestico: “Caro Calvino: qui da me, a Santa Trìnita, non ho né aspirapolvere né frigorifero (d’estate, ci ho un bosco vicino, metto le bottiglie al fresco nel bosco). Non ho nemmeno la TV! In cambio ho un discreto cavallo da sella, col quale esploro la montagna che incombe subito dietro la mia casetta. Ho potato quest’autunno certi rosseggianti pini di Scozia, i cui rami ricchi di materie resinose dall’aroma profumato, ho messo da parte (potati da me, si capisce) da bruciare sul caminetto nelle grandi occasioni. Lei mi venga a trovare, e il pino di Scozia arderà in Suo onore”. E Calvino gli scrisse: “Sono contento d’essere entrato in corrispondenza con Lei. Il Suo invito è allettante, e mi riservo di approfittarne molto volentieri. Nel caso mi trovassi da quelle parti, posso telefonarLe?”. (Valentina Fortichiari)

 

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


16 maggio 2023

DAL GIARDINO ALL’INFERNO

Oreste Pivetta



19 marzo 2021

L’ULTIMO TRENO

Dario Balotta









21 febbraio 2021

I NON-LUOGHI DEL CORONAVIRUS

Cristina Bellon



11 febbraio 2021

ATTUALITÀ DI UN MODELLO URBANO

Michele Caja


Ultimi commenti