10 ottobre 2012

DONNE, GLI ANNUNCI, LE LACRIME DI COCCODRILLO E IL VASO DI PANDORA


Ho una certa difficoltà nell’affrontare i problemi che riguardano le donne; forse perché non c’è molto da dire di nuovo rispetto a fatti più volte denunciati: dalla percentuale ancora alta di donne che non lavorano, e che, nei periodi di crisi, sono le prime che perdono il lavoro, alla retribuzione del lavoro femminile inferiore a quello di pari grado maschile, alle difficoltà ad arrivare a occupare posizioni apicali, fino al ricatto di ritardare la maternità in occasione della firma del contratto di assunzione. Per non parlare delle tante attività che le donne devono comunque sostenere: dalla manutenzione della casa, alle prestazioni di supplenza dei servizi sociali che mancano, alla cura e all’ascolto dei figli e degli anziani, alla gestione dell’economia familiare. Seppure sia noto da tempo, va inoltre ricordato, che le donne si dimostrano sempre più determinate negli studi anche in settori un tempo solo maschili (si vedano i rapporti tra presenze e lauree femminili e maschili nei corsi di studi delle scienze fisiche, matematiche e delle ingegnerie) e dove, oltre all’impegno, è necessaria anche la capacità di integrare e di coordinare più competenze con intelligenza, pazienza e determinazione, qualità che sono proprie delle attitudini femminili.

Così, giorni fa, parlando con un mio amico, mi è stato suggerito di riprendere e di riproporre la metafora del vaso di Pandora. Quella storia, raccontata da Esiodo, del vaso regalato da Zeus con la raccomandazione di tenerlo ben chiuso, perché conteneva cose che era meglio non si diffondessero. Ma Pandora, sollecitata da Ermes, viene colta da una curiosità irresistibile e solleva il coperchio del vaso facendo così uscire tutti i mali del mondo che, in gran fetta, si diffondano tra gli uomini e le donne.

Potrebbe essere la storia di questi ultimi decenni: quella di una società che, con una impressionante successione di denunce, rincorre la messa in mostra i comportamenti di corruzione e di appropriazione indebita di risorse pubbliche di alcuni, sottacendo quelli di quanti continuano a sostenere questo nostro paese. Ma che cosa c’entrano gli annunci, le lacrime da coccodrillo e il vaso di Pandora?

Sono decenni che assistiamo a pronunciamenti che prefigurano grandi cambiamenti e a impegni dichiarati e non rispettati, come se l’annuncio fosse sufficiente per rimettere ordine in contesti istituzionali e sociali, contradditori e differenziati come quelli di oggi.

Da anni, e sopratutto in occasione delle tante scadenza elettorali, si assiste agli annunci e alle promesse di rispettare la parità di rappresentanza tra donne e uomini nel governo delle amministrazioni e nelle posizioni di responsabilità delle istituzioni pubbliche e private. Ma siamo ancora a scarse concessioni anche se annunciate come grandi novità. Si noti come il Corriere riporti la notizia del nuovo, e giovane, rettore della Bocconi che nella sua squadra di dieci vice ha nominato per la prima volta una donna. Ben venga, ma non è la prima volta di una donna ai vertici accademici, è già successo in molte sedi delle regioni sia del sud che del nord: ma quando qualcuna di più in modo di far emergere un punto di vista diverso nel difficile mondo della formazione e dell’innovazione?

Il vaso di Pandora ha un secondo coperchio, quello che si può sollevare per far uscire la speranza, la virtù che, soffocata dalla prevaricazione dei mali, non era riuscita a defluire con altrettanta velocità dal vaso appena aperto. Aprire anche questo coperchio vuol dire darsi uno spazio di tempo di speranza per ricostruire la fiducia tra istituzioni e cittadini con quella forza di sostenere azioni sistematiche e di più ampia prospettiva di cui le donne, come madri, sono le più qualificate portatrici.

D’altra parte, sono molte le donne che si trovano, e vengono lasciate, in prima fila in molte situazioni difficili: sono le donne magistrato in distretti ad alto tasso di criminalità mafiosa, le donne sindaco di molti comuni della Locride e in molti comuni delle stesse regioni del nord, le donne di molte nuove e innovative aziende nelle regioni del sud; e non ultime tutte le donne che, nelle famiglie e nella ricerca di lavoro, reggono il peso maggiore della crisi economica e si devono confrontare anche con l’incremento dell’aggressività della stessa componente maschile.

Per ricostruire la speranza e la fiducia non ci vogliono solo esperti specialisti né solo donne come Minerva, nata dalla doglie della mente di Zeus, né ministri che, ogni volta, ci annunciano nuove riforme della scuola, ci vuole il collante di un impegno ampio e diffuso per mantenere aperto il confronto tra le differenze e l’individuazione di percorsi virtuosi nei rapporti tra le istituzioni e le comunità locali. I presunti e immediati risparmi, promessi dagli annunci che rincorrono gli scandali e le campagne elettorali non tengono conto che le persone che lavorano onestamente, tra cui anche tanto personale della politica, sono la maggioranza. E che i rischi di interventi in un clima di continua emergenza possono avere effetti non attesi: da quelli del favoreggiamento di posizioni populistiche, di facili calunnie e di ricatti incrociati, a quello dei tagli lineari che finiscono per sacrificare proprio le persone più deboli e che comunque non risolvono il problema dell’equità di genere e tra generazioni, né quello di una ripresa economica più attenta alla qualità dello sviluppo e all’occupazione.

 

Maria Cristina Treu

 



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