10 ottobre 2012

libri – MANIFESTO CAPITALISTA


MANIFESTO CAPITALISTA

UNA RIVOLUZIONE LIBERALE CONTRO UN’ECONOMIA CORROTTA

Luigi Zingales

Rizzoli, settembre 2012

pp. 410, euro 18

 

“Una delle prime vittime della crisi economica che stiamo attraversando è la fiducia: chi aveva creduto che libertà e uguaglianza fossero raggiungibili attraverso il libero gioco del mercato si è trovato amaramente deluso.”. Con queste parole di esordio Luigi Zingales, che vive a Chicago, dove insegna impresa e finanza alla Booth School of Business dell’Università locale, avvia la sua impietosa disanima delle degenerazioni del capitalismo, finanziario e non, che affliggono tutte le società avanzate, cominciando dagli Stati Uniti e concludendo, in pagine limpide e amare, con il caso italiano.

Le immagini incalzanti che l’economista padovano riserva alle gravissime conseguenze distorsive derivanti dal lobbismo inarrestabile, dalla corruzione pervasiva, dalla autoreferenzialità incompetente, in una parola dal capitalismo collusivo e clientelare, spesso vincente a Wall Street (e a Washington), sono esemplari. Accanto alla diagnosi impietosa, Zingales delinea con cura anche le alternative in campo e le conseguenti terapie: meritocrazia contro privilegi ereditati o corporativi; responsabilità contro discrezionalità e arbitrio; libertà contro potere; mercato aperto contro capitale che soffoca la concorrenza e riduce esperti e opinionisti a semplici ingranaggi della fabbrica del consenso.

Non meno corrosivo, come si diceva, è il capitolo dedicato all’Italia, il cui titolo, in un icastico esorcismo, è “Peggiocrazia”. La peggiocrazia è frutto della mancanza nel nostro paese della cultura del merito, che, a sua volta è frutto dell’assenza a ogni livello e area, della cultura della legalità.

“Se io politico (capo di partito o di governo) – osserva Zingales – voglio ottenere dei benefici o favori che non mi competono, nominerò non un candidato competente ma uno a me fedele. Se io imprenditore voglio assicurarmi che le mie tangenti, i miei illeciti fiscali, i miei intrecci con il potere politico non vengano rivelati, non mi scelgo i manager migliori, ma quelli più fidati, e non c’è persona più fedele del buono a nulla, di chi non ha alternative. Se l’Italia non cresce, se è a rischio default, è perché è stata fin qui governata dai peggiori. Non dai mediocri, dai peggiori. Il clientelismo politico e l’economia sommersa, hanno trasformato il nostro paese in una peggiocrazia”.

La bassa moralità economica è anche fonte inesauribile di sfiducia interpersonale e collettiva, che è la causa ultima del mancato sviluppo nell’ultimo decennio. Non è un caso che nei paesi in cui c’è maggior fiducia nell’onestà dei propri concittadini, le imprese sono più grandi (dati del “American Economic Review” del maggio 1997). Il motivo è che il proprietario delega i suoi poteri solo quando si fida del dipendente e l’impossibilità di delegare costringe le imprese a rimanere piccole e famigliari. Ed è per questo che nel nostro sistema economico il controllo vale (in Borsa e altrove) molto più che nella media degli altri e che esso viene detenuto e difeso dalle famiglie attraverso complesse piramidi societarie, spesso usate oltretutto a fini di elusione fiscale.

Con pragmatismo e passione Zingales propone anche per il caso italiano una serie nutrita di misure. Da quelle in materia di istruzione superiore e universitaria a quelle opportune per sciogliere gli inestricabili intrecci societari. Dalla riforma elettorale (eliminando l’attuale sistema autenticamente peggiocratico) a quella delle partecipazioni pubbliche statali o locali. In breve, un vero ciclone riformista, che risparmia pochi e che, c’è da augurarsi, faccia meditare molti. (E che ha creato, non a caso, reazioni urticante in tanti osservatori e commentatori nostrani). (Paolo Bonaccorsi)

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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