10 ottobre 2012

musica


 

NUOVI DIRETTORI

Credo che molti milanesi siano rimasti a bocca aperta leggendo un titolo a nove colonne – sul Corriere della Sera del 29 settembre – su un articolo scritto dal poco amato critico musicale Paolo Isotta il cui incipit era il seguente: C’è a Milano un’orchestra sinfonica la quale non ha fatto che crescere di livello negli anni sì da diventare una grande orchestra, a mio avviso superiore a quella stessa della Scala, che invece perde di qualità e soprattutto fisionomia. È questa l’Orchestra Sinfonica di Milano “Giuseppe Verdi”. Ne abbiamo ascoltato un bellissimo concerto questa settimana.

La cosa – nonostante condividiamo raramente i punti di vista di Isotta – ci ha fatto ovviamente molto piacere visto che solo pochi mesi prima, su questo giornale, avevamo scritto parole del tutto simili. Ma ciò che più ci ha intrigato dell’articolo è stata la presentazione del giovane direttore d’orchestra Gaetano d’Espinosa che aveva appena debuttato a Milano con l’orchestra Verdi, in sostituzione del suo direttore principale, eseguendo non solo il poco noto “Concerto per tromba e orchestra” dell’ancor meno noto compositore armeno Arutiunian, scomparso pochi mesi fa, ma anche la famosa e meravigliosa “Sinfonia numero 10” del grande Šostakovič.

Le cose sono andate così: il direttore “principale” della Verdi, la cinese Zhang Xian, ha la curiosa abitudine di dirigere ignorando le proprie gravidanze, tanto che nel 2008 debuttò alla Verdi con un bel pancione e meno di un mese fa, improvvisamente e prematuramente, ha partorito un altro bebè proprio alla vigilia del concerto di apertura di stagione dell’Auditorium; o meglio alla vigilia del primo di quattro concerti che avrebbe dovuto dirigere uno dopo l’altro e per i quali, nel giro di poche ore, si sono dovuti trovare maestri sostituti. Ai primi due concerti si è trovato rimedio con Jader Bignamini che aveva appena concluso la stagione precedente e di cui, in queste pagine, non abbiamo potuto che tessere grandi lodi; per gli altri due si è fatto ricorso appunto al D’Espinosa che era già in programma per la direzione del quinto concerto, quello di giovedì prossimo, e del penultimo che si terrà in giugno.

Trentasei anni il Bignamini e trentaquattro il D’Espinosa, entrambi vengono dalle fila di una orchestra: il primo, clarinetto piccolo della stessa Verdi, il secondo violinista della Staatskapelle di Dresda. Due musicisti pieni di passione che non si sono accontentati di eccellere con il proprio strumento ma hanno voluto allargare l’orizzonte a interpretazioni più articolate e complesse, quali solo la direzione d’orchestra consente.

La cosa straordinaria è che uno dopo l’altro questi due direttori si sono trovati a dirigere musiche che non hanno avuto il tempo di studiare, che non hanno scelto, che non erano nei loro programmi; tutti e due hanno accettato la sfida e hanno vinto. Bignamini lo conoscevamo già mentre di D’Espinosa, totalmente nuovo allo scenario cittadino, nessuno sapeva nulla se non di una biografia particolarmente interessante: siciliano e non figlio d’arte, a ventitre anni era già a Dresda dove, lavorando nelle file dell’orchestra, ha scritto un “Concerto per violino e orchestra d’archi” e lo ha eseguito con grande successo accompagnato dalla stessa Staatskapelle.

Il suo secondo concerto alla Verdi, ascoltato la settimana scorsa, era composto da “Printemps” di Claude Debussy (unico pezzo scelto dal direttore in sostituzione del “Poema dell’estasi” di Scriabin), “La Valse” di Maurice Ravel, e “Le Sacre du printemps” di Igor Stravinskij. Un programma difficile e ambizioso nel quale vengono accostati tre pezzi che, pur nati nella stessa epoca e nello stesso milieu parigino, traggono origine da tendenze musicali assai diverse per non dire fra loro contrapposte.

Il “Printemps” è un’opera molto poco debussyana, oserei dire quasi mahleriana (i due erano coetanei ma hanno vissuto in ambienti totalmente diversi), così come La Valse è poco raveliana e risente molto dell’influenza del grande coreografo Diaghilev (a sua volta amico e ispiratore di Stravinskij) per il quale Ravel l’aveva scritta; dunque un grande intreccio di stili e di ispirazioni nel quale non era facile districarsi. D’Espinosa ha diretto i primi due pezzi a memoria, dimostrando grande sicurezza e capacità interpretativa, mentre è sembrato in difficoltà (ma chi non lo sarebbe stato in quella circostanza?) con la Sagra stravinskiana della quale anche solo la scansione ritmica è di tale complessità che per dominarla occorrerebbe conoscerla molto a fondo. Una musica che se non eseguita alla perfezione rischia anche di diventare noiosa.

Gaetano d’Espinosa dirigerà, nella prossima stagione scaligera, anche due fondamentali titoli verdiani – il Macbeth e il Don Carlos – per cui in questa sua prima tornata milanese sarà salito sul podio per ben quattro concerti e due opere liriche. Uno sbarco in città di tutto rispetto che il nostro maggior quotidiano ha ritenuto di dover annunciare con grande autorevolezza e che noi, nel nostro piccolo, seguiremo con analoga attenzione.

 

Da non perdere

Martedì 23 ottobre, al Conservatorio, l’Orchestra dell’Accademia della Scala diretta da Yuri Temirkanov eseguirà due bellissime opere: la Suite dal Balletto “Lo Schiaccianoci” di Piotr Cajkowskij e i “Quadri di un’esposizione” di Modest Musorgskij nella versione per orchestra di Maurice Ravel. Società del Quartetto, via Durini 24, telefono 02.795393, e-mail info@quartettomilano.it

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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