26 settembre 2012

Scrivono vari 26.09.2012


Scrive Luca M. Pedrotti Dell’Acqua
a Guido Martinotti – Cercare di far tornare a un uso sobrio e appropriato della parola è un atto di civilizzazione. Non importa ci sia l’etilismo al riguardo: ogni tentativo di migliorare un po’ sarebbe sempre vano in qualsiasi campo. Non stanchiamoci di provare e riprovare. Grazie e buona continuazione

 

Scrive Giuseppe Vasta a L.B.G – Non citerei certamente il PGT recentemente approvato fra gli esempi virtuosi della nuova Amministrazione comunale. 12 milioni di metri quadri (ufficiali) di nuova edificazione (ma forse sono di più, quasi 20 se si contano anche i riusi delle aree industriali, ovvero 60 milioni di metri cubi), la possibilità di costruire anche sulle aree inedificate già destinate a servizi, poche o nulle valutazioni sui grandi servizi e sul ruolo futuro della città: un piano quindi che – malgrado qualche limatura e miglioramento – resta pienamente sulla linea di una crescita tutta “quantitativa” e poco “qualitativa” (come del resto fanno gli altri Comuni lombardi, come ci ricorda giustamente Paolo Favole). La riduzione del consumo di suolo? È solo uno slogan, cui non corrispondono disposizioni effettive.

 

Giorgio Franchina a L.B.G. – Caro Beltrami nel tuo articolo usi entrambi i termini decrescita e nuovo modello di sviluppo, termini che sembrano tra loro in contraddizione. Credo che tu li abbia usati perché in realtà siamo nel mezzo di un cambiamento economico epocale dove entrambi i termini si mischiano e sono necessari per capire ciò che sta avvenendo. Diffido molto di chi usa solo il termine decrescita come fa Latouche: non fa leggere i fenomeni nella loro complessità ed è deresponsabillizzante (del tipo tiriamo i remi in barca, tanto non c’è niente da fare) e rischia di non farci vedere dove l’economia e il lavoro vanno e sono in forte espansione. Il tema è complesso e posso solo porlo in termini di domande. Decrescerà tutto ciò che è legato a produzioni dissipatrici e legate a consumi individuali (e cioè perché devo continuamente cambiare macchina o frigorifero o … e perché non utilizzare servizi condivisi dato ormai l’alto costo di molti prodotti)? Lo sviluppo si orienterà verso una diminuzione di prodotti e in un aumento di servizi?

È in forte crescita tutto ciò che è legato alla conoscenza, all’informazione, alla cultura, al divertimento, ecc. (a parte la follia della moda di cambiare telefonini e oggetti elettronici che sono una vera dissipazione). È un’economia che andrà a compensare fortemente la decrescita della prima? È in forte crescita tutto ciò che è legato alla salute, alla cura di sé, e forse guardando bene anche alla nutrizione che è ormai un fenomeno anche culturale (e insieme agli aspetti di produzione agricola che stanno emergendo come fattori strategici). Anche questo andrà a compensare la decrescita di cui sopra?

E poi c’è la finanza e dove si colloca nella cosiddetta decrescita non lo so (temo molto male). Per questo dovremmo preferire di parlare di nuovi paradigmi e nuovi modelli di sviluppo. Tutto questo per dire che questi temi sono presenti senza accenni ideologici un po’ in tutte le argomentazioni e programmi del centrosinistra, tanto è vero che come dici tu si stanno facendo senza dirlo. Il dramma è che non riusciamo a tradurli in ciò che abbiamo sempre chiamato “politiche industriali” e in orizzonti strategici. È un tema di governo e dovrebbe essere un tema strategico, forse più dell’anagrafe dei candidati (anche questo un tema serio che rischia di schiacciare tutti gli altri).

 

Scrive Stefano Bentivegna a Ilaria Li Vigni – Non so quali altre città italiane lei abbia mai visto, ma le assicuro che la larghezza media di moltissime strade milanesi potrebbe benissimo accogliere non piste ma autostrade ciclabili! Ma scherza? Provi a girare per Roma, Palermo o per Napoli, o anche Bari, e poi mi racconterà con che serenità ha pedalato. Parliamo invece dell’inettitudine degli amministratori, tanto precedenti quanto attuali, capaci solo di partorire ciclabili con la riga per terra, buone come pista di accelerazione per i motorini. Lei che ha citato Amsterdam e Vienna (per non parlare di Berlino, patria della ciclabilità), non é indignata nel vedere che so, corso Buenos Aires con quei nuovi marciapiedi enormi e senza uno straccio di ciclabile? O le nuove piazza De Angeli o Gambara, senza nulla, e dico nulla, pensato per le bici? Ciclabili poche e scollegate, pensate solo per le giterelle domenicali che per andare al lavoro!!! Mandiamo l’assessore al traffico in pellegrinaggio in Olanda, a rendersi conto quanto siano anni luce avanti, mentre qui con la mobilità sostenibile sanno solo riempirsi la bocca. PS. le tanto decantate zone 30 voglio vedermele tutte, senza uno straccio di dosso artificiale la gente continuerà a morire sulle strisce pedonali



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