26 settembre 2012

IMPRENDITORI GIOVANI E VECCHI: POLITICA GIOVANE E VECCHIA


Domani, 27 settembre, si aprirà il “Social2Business”, un evento organizzato dai giovani industriali di Confindustria. Il progetto Social2Business vuole essere un acceleratore d’impresa e catalizzatore di opportunità per facilitare i contatti tra imprese, ricercatori, istituzioni e garantire inoltre un rapido accesso alle opportunità di finanziamento, tra dibattiti e sessioni di lavoro: un evento da osservare con attenzione.

Quando ho iniziato la mia attività di imprenditore, anni sessanta, guardavo ai gruppi dei “giovani” imprenditori, gli under 40 dei quali anagraficamente avrei fatto parte, con una sorta di occhio ironico perché, come faccio ora per i politici, consideravo le soglie anagrafiche una sciocchezza: nessuno aveva ancora coniato la definizione “diversamente vecchi”, oggi in voga e che secondo me comprende sia i vecchi dalla testa giovane che i giovani precocemente vecchi per cervello e cultura. Allora, e per moltissimi anni ancora, i gruppi giovani erano una via di mezzo tra un parco giochi per eredi di famiglie imprenditoriali e la serra dove far crescere a propria immagine la futura classe dirigente delle associazioni imprenditoriali: il potere però stava altrove.

Oggi penso proprio che non sia più così e non solo per la ventata di “giovanilismo” che qualcuno pensa, sbagliando, possa servire da alibi gattopardesco per una vecchia classe dirigente più sterilmente abbarbicata al potere per perpetuare se stessa (martedì scorso a Otto e mezzo su “La7” c’era il campione: D’Alema. Chi non lo ha visto ha perso qualcosa). Penso che non sia così perché ritengo (mi auguro) che nell’era del Web i giovani imprenditori costruiscano le loro opinioni da se stessi senza essere tributari esclusivamente della cultura, delle opinioni e del pensiero di chi li ha preceduti. Piaccia o non piaccia a loro è affidata la speranza di una ripresa economica del nostro Paese. A loro dunque deve parlare la politica, a loro vanno rivolte esortazioni e raccomandazioni abbandonando lo stereotipo dello stupore per chi, magari a vent’anni ha già messo in piedi un’impresa.

A loro deve parlare soprattutto la sinistra per spiegare che la politica economica italiana dal dopoguerra a oggi ha reso al mondo imprenditoriale spesso dei cattivi servigi, quelli buoni ben remunerati, creando e lasciando crescere un habitat fatto apposta per destimolare ingegno, capacità imprenditoriali e competitività. Le svalutazioni “competitive” del passato, un fisco favorevole la cui evasione non è mai stata seriamente contrastata, una cassa integrazione che ha favorito soprattutto le grandi aziende, la difesa del mercato interno fatta attraverso lo “scoraggiamento” degli investimenti stranieri con le armi della burocrazia oppressiva e della lentezza giudiziaria, la complessità del panorama della legislazione contrattuale e per finire ma non per ultima la corruzione, sono state tutte fino a ieri le condizioni per le quali l’imprenditoria italiana è stata protetta e nello stesso tempo maltrattata.

Tutto questo o è finito perché l’Europa lo ha imposto o, come la corruzione e la lentezza della giustizia, dobbiamo provvedere noi perché finisca ma con occhi diversi e nuovi rispetto alla vecchia imprenditoria e alla vecchia politica tra di loro sodali per motivi più o meno ostensibili. Perché dunque osservare i giovani imprenditori al lavoro nel loro convegno? Perché deve osservarli soprattutto la nuova generazione politica? Perché forse è arrivato il momento di un “nuovo” patto tra produttori, parti sociali e classe politica che non si porti appresso i vizi del passato. Se non con loro con chi?

Luca Beltrami Gadola

 

 



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