26 settembre 2012

DAGLI U.S.A. A MILANO: ALCUNI ASPETTI DI SANITÀ


Pochi mesi fa il New England Journal of Medicine, la più importante rivista medica internazionale, ha pubblicato un articolo (Fineberg HV, N Engl J Med, 366, 11, 2012), nel quale si sottolineano le inefficienze e i difetti del Sistema Sanitario USA. Il titolo suona “Un sistema sanitario di successo e sostenibile – come arrivarci (partendo) da qui”. Tralasciando numerosi aspetti che sono peculiari della struttura sanitaria americana – dal quale pure abbiamo importato in Italia il sistema di rimborso delle prestazioni ospedaliere (il famoso DRG) -, quello che ci preme sottolineare è il lungo elenco delle cause di inefficienza sanitaria negli USA. Praticamente tutte le venti cause di inefficienza citate nell’articolo sono tranquillamente riscontrabili anche in Italia.

Non è questa la sede per fare un esaustivo elenco dei difetti segnalati, ma alcuni di essi sono così eclatanti e di comune esperienza, che vale la pena ricordarli, per poi discutere possibili soluzioni migliorative. Anche in Italia ci sono limitate informazioni su spese, “performance”, qualità dell’assistenza e risultati ottenuti, per non parlare di dati su efficacia e costi delle nuove tecniche diagnostiche: si pensi, per esempio, all’abuso dei “check up” indiscriminati e del ricorso a tecnologie avanzate, quali RMN, PET, SPECT ecc. In molti casi l’abuso di tali metodiche può indurre al rischio di ulteriori test e di trattamenti non necessari, come possibili conseguenze di un’eccessiva medicalizzazione e dell’individuazione di nuovi “limiti” di malattia. In questo senso deve essere combattuto l’atteggiamento culturale, e suggerirei anche l’insegnamento ai giovani, volto a ritenere che in medicina “more care is better”, concetto sempre più dibattuto e ora contrastato dalla nascente opinione che “less is more”.

La scarsa attenzione ai costi in genere delle prestazioni e ai risultati ottenibili a lungo termine, oltre che il modesto interesse per le cure primarie, quindi per i problemi basilari della salute della popolazione, favorisce lo scarso coinvolgimento dei cittadini stessi. In sostanza, si assiste a un insufficiente partecipazione dei pazienti nelle decisioni cliniche. A ciò si aggiunga che le prestazioni assistenziali sono spesso frammentate e poco coordinate, in modo tale per cui ne deriva incertezza scientifica su costi ed efficacia dei nuovi approcci diagnostici e terapeutici. Ancora, fra le cause di inefficienza sanitaria (solo in U.S.A.?), il New England Journal of Medicine segnala le distorsioni conseguenti a conflitti di interesse, frodi, “malpractice”, oltre alle dannose competizioni fra strutture sanitarie di diverso livello (si pensi alle prestazioni fornite da diversi ospedali, ambulatori, medicina di base…).

Se questi sono solo alcuni aspetti generali che riguardano la “crisi” della sanità in genere, alcuni problemi estremamente concreti sono tornati alla ribalta, anche mediatica, negli ultimi mesi.

Un punto riguarda il numero e la qualità degli accessi nei Pronto Soccorso italiani. L’affollamento e i tempi di attesa, e anche l’utilizzo di prestazioni diagnostiche costose (v. TAC, RMN…) fanno sì che la permanenza dei pazienti sia non solo lunga, ma spesso inappropriata. Dati del Ministero della Salute riferiti ai primi tre mesi del 2011, indicano che numerose persone si rivolgono ai Pronto Soccorso, ma il 75% dei casi (3 persone su 4!) viene poi dimesso, mentre solo il 13% è ricoverato. In sostanza, i veri codici gialli o rossi sono la minoranza e vi è una distrazione del personale sanitario dall’intervento veramente necessario, o addirittura urgente. Le carenze di personale medico e infermieristico, oltre alla sempre maggiore scarsità di posti letto, creano le situazioni di iperafflusso di pazienti, recentemente documentate su giornali e TV, e che si perpetueranno nei prossimi mesi invernali. La ricetta per ridurre gli accessi non è certo quella di aumentare i servizi di emergenza, ma di intervenire prima, sul sistema delle cosiddette “cure primarie”, che mirino alla prevenzione, alla gestione delle malattie croniche secondo modelli che portino alla riduzione del bisogno di rivolgersi ai pronto soccorso.

In tale direzione sembra indirizzarsi il decreto Balduzzi approvato dal Consiglio dei Ministri, ma che ancora, in sede legislativa, potrà subire modifiche su pressione di partiti, sindacati, corporazioni. Al solito, accanto ad alcuni punti condivisibili, altri paiono di difficile realizzazione, in particolare ci riferiamo alla possibilità di creare mega strutture ambulatoriali, dove potranno lavorare per h 24 e 7 giorni su 7 (proposta assolutamente accettabile) ben 15-20 medici di Medicina Generale. Questo pare di difficile realizzazione sia nei piccoli centri e nei paesi, ma anche nelle grandi città, dove i problemi di spostamento dei cittadini renderebbero difficile l’accesso ad anziani, disabili ecc.

A questo proposito diversa è la proposta su cui si sta lavorando nella nostra città, sull’esempio di quanto già realizzato in alcune regioni italiane, quali Toscana, Emila, Veneto. Da oltre un anno fra operatori sanitari si è cominciato a parlare del progetto delle “Case Mediche” o “Case della Salute”, cioè di un modo per ottenere una medicina di base più efficace, più moderna, più vicina al cittadino e anche meno costosa. A Milano, infatti, si sta lavorando per far decollare le “Case Mediche” grazie a un disegno che prevede la collaborazione tra Comune, Medici di Medicina Generale, ASL e cittadini. Le Case Mediche saranno poliambulatori multifunzionali, gestiti da almeno 4 o 5 medici di famiglia, dove ci si occupa di prevenzione e cure primarie e, auspicabilmente, di assistenza socio-sanitaria. Infatti, è possibile prevedere la disponibilità di altri operatori socio-sanitari (infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali ecc.) e, magari anche di alcuni medici specialisti. L’apertura delle Case Mediche per 10-12 ore/giorno e il sabato potrà costituire uno strumento in grado di produrre più salute a minor costo, riducendo le ospedalizzazioni fino al 40% e i costi del 6-7% (a Milano: 100-150 milioni di €/anno).

Del progetto relativo alle Case Mediche, o Case della Salute, si è parlato il 21 aprile durante un Convegno (Case Mediche: ancora utopia o realtà percorribile?), organizzato da SEL e dai ComitatixMilano al Museo di Storia Naturale, e poi il 18 maggio nel corso della Settimana della Salute, promossa dall’Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute.

Gruppi di lavoro composti da medici, operatori ed esperti sanitari, cittadini, che da oltre un anno si occupano del progetto, affronteranno a breve le prossime tappe di questo progetto innovativo per la nostra città. Dovrà essere confermata la disponibilità da parte del Comune di Milano (il cui Sindaco – lo ricordiamo – è responsabile della salute dei propri cittadini) di spazi demaniali per gli ambulatori: a tal fine si è già svolto un primo positivo incontro con l’Assessore alla Casa, Demanio, Lavori Pubblici. Inoltre, dovrà essere approfondito il confronto con la ASL per favorire e programmare scelte nuove.

 

Bruno Ambrosi*, Federico Robbiati*, Luigi Campolo*

 

*per i ComitatixMilano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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