18 settembre 2012

GLI ANIMALI E LA GRANDE CITTÀ: CANILI E RANDAGISMO A MILANO


Alla vigilia di Ferragosto, il sindaco di Milano si è ritagliato qualche ora di tempo per visitare i cuccioli di “Green Hill” – la società di Montichiari (BS) che alleva cani di razza beagle all’unico fine della vivisezione, ben nota alle cronache recenti – ospiti del canile municipale. Qui, in attesa di essere consegnati alle loro nuove famiglie, a cui sono già stati assegnati, vi sono, tra gli altri, ventitre cuccioli e quattro femmine di razza beagle.

Questa visita ha avuto l’importante merito di tenere desta l’attenzione sul complesso problema della gestione dei canili in una grande città quale Milano e la relativa questione del randagismo indotto degli animali da compagnia. Tale fenomeno sembrava essere quasi definitivamente risolto a Milano – a differenza di altre regioni e città di Italia in cui è una vera e propria piaga sociale – fino al drammatico fatto di cronaca dello scorso marzo, quando un pensionato di Muggiano, primo hinterland ovest milanese, è stato aggredito e ucciso a morsi da un branco di cani randagi che vivevano autonomi nella campagna. Un fatto che ha colpito moltissimo l’opinione pubblica cittadina, tanto per le cruente modalità, quanto per l’assoluta casualità e imprevedibilità.

Milano è dotata di un unico canile municipale, sito in zona est, che a oggi ospita circa centocinquanta cani abbandonati e altrettanti gatti: la struttura è ben organizzata e fa fronte alle esigenze del territorio, ma è largamente fondata sullo spirito di servizio dei volontari. Le risorse comunali in tal senso, infatti, sono assolutamente esigue e, se non vi fosse l’associazionismo animalista, tali strutture sarebbero destinate a una rapida chiusura. Occorre quindi non allentare in alcun modo l’attenzione su questa problematica e soprattutto sensibilizzare i padroni a una gestione intelligente del proprio amico “a quattro zampe”, ma anche tutti noi cittadini a prenderci le responsabilità del caso davanti a episodi di randagismo o maltrattamenti.

Sempre più, specie in una grande città come Milano, le famiglie acquistano un cane o un gatto, spesso al fine di ricercare un rapporto diretto con la natura lontana; ma, soprattutto nel periodo delle vacanze estive, l’animale diventa più un problema da gestire che altro. Gli animali, quindi, vengono in alcuni casi abbandonati soprattutto nelle zone periferiche della città e in molti casi sottoposti a stili di vita non consoni, in una parola maltrattati.

Tali episodi vanno tempestivamente segnalati. In caso di maltrattamento di animali, chiunque – privato cittadino o associazione – può rivolgersi a un qualsiasi organo di Polizia Giudiziaria (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Polizia Locale) segnalando il caso e richiedendo un intervento per accertare il reato e impedire che il comportamento provochi conseguenze di particolare gravità per l’animale. Inoltre è possibile contattare la LAV (Lega Anti Vivisezione), un’associazione animalista molto radicata sul nostro territorio, che fornisce i consigli del caso.

Ma vi sono anche delle carenze di gestione pubblica degli animali, come fa notare da tempo l’ASL cittadina. In particolare, ciò che appare molto limitato è il controllo sui microchip – una sorta di “carta di identità elettronica” obbligatoria, applicata sottopelle all’animale, con tutte le informazioni sullo stesso e un numero progressivo identificativo – specie nelle zone periferiche e rurali del territorio comunale. È un problema diffuso capillarmente: l’Ente Nazionale Protezione Animali di Milano stima come ancora il 50% dei cani milanesi non siano forniti di chip, configurando una diffusa violazione delle precise norme in tema di prevenzione del randagismo.

Insomma, la strada da fare per il rispetto per la dignità degli animali da compagnia nella grande città è ancora lunga e merita a mio avviso una particolare attenzione, quale esempio e sintomo di civiltà della nostra realtà cittadina. Ne va del benessere degli animali, ovviamente, ma anche della sicurezza quotidiana della comunità sociale.

 

Ilaria Li Vigni

 



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