11 settembre 2012

LA TOUR EIFFEL E IL DUOMO DI MILANO


Ultimamente la Camera di Commercio di Monza e Brianza, ha stilato la classifica dei brand europei di turismo, abbiamo così scoperto che il primato è della Tour Eiffel. Il Duomo di Milano è solo quinto; dopo un attimo di sgomento sul degrado del turismo italiano in generale, ho pensato che dopotutto la Tour Eiffel, costruita per commemorare il centenario della rivoluzione Francese, inaugurata il 31 marzo 1889, rappresenta lo spirito laico del progresso, un’opera d’arte che ha bisogno di essere costruita da molti.

Ma questa classifica è anche un’occasione per riflettere, soprattutto nella nostra città, sull’importanza della cultura industriale e sul ruolo dei musei scientifici, sia come momento educativo, sia come offerta turistica. I musei scientifici hanno un ruolo fondamentale nell’avvicinare alla scienza perché creano le condizioni che permettono al visitatore di vivere e comprendere i fenomeni scientifici, sviluppando curiosità e interesse a “saperne di più”: questo ha da sempre costituito il punto di forza della loro azione sociale.

A Milano, la città dove visse il Leonardo scienziato, esistono degli importanti musei. Il Museo di Scienza e della Tecnica gestisce importanti laboratori didattici, anche se ha un importante padiglione come quello ferroviario in difficoltà (non si può salire sui treni come invece è possibile fare in tutti gli altri nel resto del mondo). Offre poi la visita al sottomarino Toti, e il ricordo della partecipazione della popolazione alla sua installazione ci dice quanto è importante la domanda di cultura scientifica.

Altro museo rilevante è quello di Storia Naturale, che si sta trasformando in una struttura moderna. Ma poi c’è quello dell’Acqua Potabile, del Risorgimento, di Criminologia, l’Osservatorio di Brera, gestito dai volontari dell’A.R.A.S.S (Associazione per il Restauro degli Antichi Strumenti Scientifici), che gratuitamente stanno restaurando il patrimonio orologiaio di Milano e del resto del nostro paese, per arrivare a quello della Macchina per Scrivere. Molto spesso queste iniziative hanno un grosso spirito di volontariato.

La diffusione della cultura scientifica viene presentata, come richiede la” Declaration on Science and the use of scientific knowledge” dell’Unesco, nella società e per la società, in funzione dell’arricchimento educativo, culturale e intellettuale, della costruzione del pensiero libero e critico, della pace, della sostenibilità e della democratizzazione del mondo. Tutte le esposizioni e le attività di divulgazione scientifica testimoniano che è preferibile coinvolgere il fruitore nell’esperienza di scoperta, dalla più semplice alla più complessa. I contenuti non sono trasmessi in via gerarchica, “dalla scienza al visitatore”, ma attraverso la scoperta e il dialogo.

Nel museo scientifico, ma lo stesso discorso vale per la storia minima, la storia militare e diversi tipi di mostre, l’obiettivo non è celebrare i valori delle élite, ma diventare espressione delle esigenze culturali della società che ne deve usufruire. Il fine non è creare consenso intorno alla retorica del progresso, ma un atteggiamento critico e consapevole nei confronti dell’idea dell’importanza della tecnologia e delle scienze in genere.

Nei confronti di questa offerta museale c’è spesso un atteggiamento culturale di preclusione preconcetta, basti pensare a come alcuni anni fa l’assessore alla cultura del Comune di Milano definì in modo sprezzante il Museo della Tortura, arrivando a insultare gli insegnati che vi accompagnavano gli studenti, che magari dopo quella visita si sarebbero appassionati alla storia; forse perché i maggiori esperti in materia erano gli accusatori dei tribunali dell’Inquisizione.

Il nostro patrimonio culturale è quello dell’Italia unita. Spesso la retorica sulle radici culturali classiche si consuma sui centurioni di plastica del Colosseo, ma alla nostra tradizione culturale fa parte di più il villaggio operaio di Crespi d’Adda che Pompei, appartenente invece all’umanità intera. Sarebbe meglio lasciare Pompei a un gestore privato d’esperienza, perché no formatosi a Las Vegas, e noi curare meglio l’archeologia industriale italiana dell’Adda.

Pensate a un Museo del Sindacato e del Movimento Operaio, all’interno di una fabbrica di Crespi d’Adda, con laboratori interattivi che permettano di stampare volantini e comunicati, come del resto è possibile fare al Museo di Lucerna. Volontari per dare una mano non ne mancherebbero.

Per finire una nota stonata: fino a pochi anni fa esisteva il Museo del Trenino, che aveva sede presso la Rivarossi, fabbrica di trenini che rappresenta bene il paradigma del nostro paese, dall’eccellenza al declino; ora è stato trasferito interamente a Margate nel Kent, ingresso 4 Sterline. Forse a Milano non aveva dignità culturale.

 

Massimo Cingolani

 



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