5 settembre 2012

PD: GENERAZIONI, POTERE, POLITICA


“Così com’è la politica è indifendibile” diceva Veltroni sul classico paginone-intervista di Repubblica domenica scorsa. Mi rincresce dirlo ma ha ragione da vendere.

Breve riassunto: Grillo dà a Bersani dello zombi piduista. Il segretario si difende e gli ridà a sua volta del “fassista” e dice: “esci dalla rete e vienicelo a dire!”. I grillini puntuali arrivano alla festa di Reggio Emilia e succede quel che succede. Poi la vexata quaestio Vendola o Casini: Bersani che dice “scelgo Vendola”, Vendola ringalluzzito che manda a quel paese Casini, Casini che parla male di Renzi, Renzi che a sua volta attacca Bersani. E poi i lettiani che danno l’ultimatum al segretario. L’agenda Monti che i liberal vogliono e i giovani turchi no. I rinnovatori che non sono rottamatori e non si sa con chi stanno e perchè. I t/q (che poi sono i suddetti rinnovatori più qualcuno e meno qualcun altro) che tirano fuori Barca (non Annibale, ma Fabrizio, per chi lo ignorasse, Ministro della Repubblica). I GD che fanno la candidatura per gioco. Il buon Boeri che se lo sono già dimenticati tutti. Tabacci che tra uno spritz e l’altro decide di candidarsi. Tutti si riuniscono in kermessine varie, fanno foto insieme e twittano quello che gli pare. Ha ragione Bersani quando dice che “qui si stanno sbagliando primarie: si corre per la premiership, per il resto c’è il congresso tra un anno”.

Il nostro paese vive sotto l’ombra maligna dello spread, eternamente sospeso tra il terrore di “finire come la Grecia” e le timide approvazioni di Frau Merkel. La benzina costa 2 euro al litro. Le sigarette in media 5 euro. Siamo arrivati a tassare persino le vincite del Totocalcio e dell’Enalotto. La scuola è alle cozze e la sanità quasi. Sul tavolo del governo ci sono crisi industriali per circa 15.000 posti di lavoro e almeno 1 mld di euro. I minatori sardi minacciano di farsi saltare in aria e noi invece di dire qualcosa sulle politiche industriali che faremo una volta vinte le elezioni parliamo di uninominale. Oramai i giornali parlano di crisi, provvedimenti del governo ed esteri; poi dedicano un paio di pagine alla politica tanto per: di questo passo finirà che ci sarà una sezione per gli appassionati tra lo Sport e la Cultura dedicata ai partiti politici. Tra qualche anno poi, finalmente, scomparirà anche quella, sostituita dal Sudoku o dai Necrologi.

Forse la verità è che lo spread tra i partiti e il mondo reale è oramai fuori da qualsiasi tentativo di recupero. Forse è che i nodi ignorati fino a oggi sono arrivati al pettine della storia. O forse no. Di certo c’è che il mio partito è allo sbando e un qualche esamino di coscienza il patto di sindacato che lo regge dovrebbe farselo. A questo punto, sarebbe facile per me fare il rottamatore e dire: “andatevene a casa e non fatevi più vedere”. Ma poi? Si fa presto a dire “rinnovamento generazionale”. Ma chi rinnova cosa e perché?

La questione generazionale nel PD (e nella politica tutta) è uno specchietto per le allodole. La vera questione, che nessuno ha il coraggio di sollevare, è quella dell’inadeguatezza della politica nel suo complesso. La speranza che i trenta/quarantenni allevati sotto le calde ali dei nostri dirigenti attuali siano meglio di loro è in me sempre più fragile. Se è vero il detto che i figli si fanno i denti sulle ossa dei genitori, beh allora avremo una generazione di mandarini e cortigiani peggiore dell’attuale, oppure di vampiri, per seguire la metafora odontoiatrica. Per non parlare degli under 30, tra cui mi inserisco mio malgrado, che si massacrano per cariche inesistenti in altrettanto inesistenti organigrammi immaginari, contenti di contare meno di un tafano per una mucca al pascolo.

La verità è che serve un rinnovamento radicale dell’idea di Politica e di tutti i “memi” che questa sottintende: il linguaggio, le modalità, gli strumenti, l’organizzazione, il rapporto con la cosa pubblica e con il potere, il ruolo dei cittadini e, soprattutto, una diversa concezione etica. Certo, un grande contributo non può non venire dai giovani e giovanissimi: nel PD abbiamo un disperato bisogno di ragazzi normali che facciano politica per passione e vivano le loro vite senza pensare alla frizzante carrierina nella nomenclatura ultra locale del partito. Gente che non abbia paura di esporsi perché sennò poi perde il posto da portaborse a Strasburgo o a Roma o chissà dove. Conosco “vecchi” al mio circolo PD che sono più rivoluzionari di tanti “giovani” con cui mi scontro quotidianamente. Da combattere c’è una casta eterna. Una casta che si autoriproduce identica, vecchia, giovane, renziana o bersaniana: un DNA sbagliato da cambiare, che è il DNA di un modo di fare politica fuori dal mondo e dalla storia. Io credo che il nostro PD possa essere il vero strumento del cambiamento, ma va cambiato, strapazzato, occupato con nuove energie. Chiunque crede che una politica diversa sia possibile deve darci una mano a cambiare le cose. E tutti i “vecchi” e i “giovani” che se la sentono, sono i benvenuti.

 

Giacomo Marossi

 



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