5 settembre 2012
TI DICO CHE NON HO SOGNATO
di Carmelo Pistillo
Edizioni Bietti, Milano, 2012
pp. 137, euro 16,00
Cosa nasconde la nostra anima, sempre in bilico tra bene e male? Anche l’uomo più virtuoso è tentato dal male, che s’insinua tra le pieghe della pelle e penetra nelle narici come un alito freddo. La natura umana è segnata dal peccato sin dalla sua origine, un’ombra che ci accompagna tragicamente durante la vita. A differenza di altri testi scritti con uno stile basso e volgare, il filosofo Carmelo Pistillo ci presenta il peccato con eleganza poetica, senza però privarlo di quel piccante sapore che ci lascia a bocca aperta. Una domanda sosta sulla punta della lingua: “Io cosa avrei fatto?”
Pare di smarrirsi nei gironi infernali della Divina Commedia, insieme a Didone, a Francesca, a Pier delle Vigne, che “la ragione sommettono al talento“. Le figure perdenti e in malafede, che esplodono dall’opera di Pistillo, sono vittime delle loro passioni con un exemplum negativo, che, tuttavia, seduce il lettore. Quest’ultimo non è chiamato in causa per declamare una condanna senza appello, e nemmeno per nutrirsi della vita d’altri, che si dipana tra le righe del libro, ma per riflettere di fronte ai drammi a cui è inevitabilmente soggetto.
L’inferno di Carmelo Pistillo è diviso in sedici episodi, da leggere uno alla volta: un viaggio tra la miseria umana, che pesca nel pozzo profondo delle esperienze individuali. In almeno una di quelle storie, ci si ritrova scoperti con le mani nel sacco, come ladri al mercato degli specchi. La nostra immagine riflessa si sovrappone a quella dei personaggi descritti: Thérèse, Vinciguerra, Abigaille, che per lungo tempo hanno sottomesso sentimenti e compresso pulsioni sino a giungere, quasi inconsciamente, a progettare un piano di fuga da loro stessi. Noi non siamo diversi da loro. Le loro storie, che di primo acchito giudichiamo severamente e distanziamo per difesa, non sono molto lontane dalle nostre, da quello che non vogliamo mostrare agli altri. Nondimeno, la vergogna della nostra natura ci rende riluttanti verso l’unica verità: siamo creature fragili.
Bruno, che non è mai stato un campione fra le lenzuola, né in seno alla vita sociale, deve arrendersi di fronte al suo limite, e Bionda, la moglie adultera, spera di uccidere la voce della coscienza con una punta di fiamma, ma vede solo un anticipo d’inferno. Così anche l’ex venditore di auto, nell’amarezza degli ultimi giorni di vita, sputa lava rancida. “È il giaciglio coniugale a ricevere gli avanzi dell’uomo che ha lottato col niente. È il letto, l’ultimo domicilio di chi è rimasto fedele a se stesso, di chi ha esibito i denti solo a difesa dei propri averi e della grazia ricevuta lungo la strada terrena“.(Cristina Bellon)
questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero