18 luglio 2012

MILANO, ARTE PUBBLICA E NUOVI MONUMENTI


Ogni tanto qualche spunto, purtroppo necessariamente polemico, ci porta a parlare dei monumenti a Milano, cioè le statue, le fontane, le lapidi, insomma tutti quegli elementi di arte pubblica che dovrebbero essere destinati ad abbellire la città, a ricordare le persone e la storia che l’hanno costruita e trasformata. L’occasione critica è data dai tre monumenti che nell’indifferenza generale, sono stati collocati nella povera piazza Piemonte di fronte al teatro.

La mia prima reazione, passandoci davanti per caso, è stata di stupore e sgomento. Ma cosa sono? Un uomo deforme urlante posto da centro di una fontana su lastroni sghembi di calcestruzzo, un cavallino vezzoso a grandezza naturale che sembra quello della Barbie nel mezzo dell’aiuola e, di lato, su un piedestallo in blocchi cavi, un tipo grande e grosso con cosce massicce, probabilmente un lavoratore sofferente che guarda l’avvenire.

Non c’è alcuna lapide che spieghi alcunché di questi tre personaggi che forse, poiché siamo di fronte a un teatro, sono in cerca d’autore. Sono riuscita a toccare una statua e ho scoperto che è di resina: se sono tutte di resina, mi sono detta, si semplificherà l’azione di conferimento al termovalorizzatore. Purtroppo il gusto è ormai un concetto desueto ma in questo caso il gusto è veramente pessimo, come per altro si era già visto quando era stato costruito in loco il casotto di fuoriuscita del parcheggio che i cittadini erano riusciti a rimpicciolire con una dura protesta.

Facciamo dunque il punto dei monumenti che sono o non sono stati messi a Milano negli ultimi dieci anni, diciamo dall’Ago e il filo in poi. Negli anni Novanta era stata costituita una commissione monumenti con lo scopo di selezionare nuove opere da collocare nella città. Dentro vi erano personalità importanti come Pomodoro, Tadini, Pontiggia, Caroli, Romano ecc. Per qualche anno ci sono stata anche io e quindi posso narrare. Si esaminavano le donazioni e si cercò di organizzare una strategia organica di collocazione di nuove opere. In particolare ricordo un bozzetto “Le tre grazie” che la famiglia di Salvatore Fiume era disposta a donare al comune di Milano. Si era pensato di collocarlo guarda caso proprio in piazza Piemonte. Non era un capolavoro ma comunque era un’opera con una sua compiutezza e significato ma venne osteggiata perché giudicata non sufficientemente importante per una delle piazze più eleganti della città. Ahimè ci si era dimenticati della regola basilare che dice che non c’è limite al peggio. Nella commissione si decise anche di eliminare la famosa “branda”, opera estemporanea ma assai costosa messa da AEM davanti alla stazione centrale che sopravvisse pochi mesi.(a proposito che fine ha fatto?)

La decisione più importante fu di dare inizio ad una serie di monumenti originali, posti in punti strategici d’ingresso alla città, il progetto si chiamava Dieci nuove porte per Milano. Arnaldo Pomodoro si fece promotore per una donazione da parte della Fondazione Melotti: la grande opera Sequenza, in metallo, lunga più di venti metri e alta sette, da porre al centro di una vasca d’acqua in piazzale Lodi. Una grande occasione ma il progetto venne bocciato al Consiglio di Zona con motivazioni del tipo: “Ma chi è questo Melotti?” Considerata una delle opere più importanti dello scultore è oggi all’Hangar Bicocca.

Con quell’affondamento naufragò anche ogni proposta e le uniche novità si sono poi registrate per merito di Maurizio Cattelan che di sua iniziativa ha collocato due opere (i bambini impiccati a porta ticinese e il famoso dito alla borsa) che in quanto scandalose hanno fatto parlare di sé. Tralascio di parlare del cavallo di Leonardo che appena arrivato fu molto disprezzato come una “americanata” e che poi tutti volevano. Infine ricordiamo il monumento a Montanelli, i blocchi di Osvaldo Spagnulo davanti agli Arcimboldi, una scultura di Gianfranco Pardi ad Amendola (iniziativa della società Farma Factoring) e un’opera piramidale di Arnaldo Pomodoro di fronte al Piccolo Teatro, messa dal maestro in comodato d’uso, pare per due anni.

A questo punto penso occorra veramente riprendere le fila del discorso. Sappiamo tutti che non ci sono i soldi per nulla, figuriamoci per l’arte, ma questo non giustifica la bruttezza e l’indifferenza. Siamo comunque una città ricca di gallerie, abbiamo il Miart e il Salone, l’Accademia, il Naba e artisti importanti: cerchiamo almeno di ritrovare un percorso semplice e fattibile in modo di non trovarci agli ultimi livelli dell’arte pubblica nel mondo.

 

Giovanna Franco Repellini

 



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