9 luglio 2012

PREZZI DEI TRASPORTI E BILANCIO COMUNALE


Le infrastrutture di trasporto (reti ferroviarie, aeroporti e autostrade) sono “monopoli naturali”, mentre i servizi non esposti a concorrenza (trasporti pubblici locali) sono “monopoli legali”. La nuova Autorità, costituita dal governo Monti ma non ancora operativa è rimasta in gestazione per più di un decennio, data l’opposizione politica “bipartisan”. Le autorità indipendenti infatti, se ben funzionanti, nascono per difendere gli utenti da extraprofitti e/o inefficienze, per cui tolgono formidabili strumenti agli amministratori e ai politici la possibilità di gestioni clientelari.

Ma ovviamente altrettanto vivace è stata l’opposizione delle imprese da regolare, che hanno un forte potere in tutte le sedi amministrative, dal parlamento all’ultimo comune, grazie al “voto di scambio”, quando non grazie alla corruzione (l’Italia, si ricorda per inciso, è un paese corrottissimo). Le imprese private non vogliono certo rinunciare alle loro rendite, e quelle pubbliche vivono molto più felici se nessuno le obbliga a essere efficienti.

Immaginiamo ora (sognare è legittimo) che la nuova agenzia sia efficace e rapida nel difendere gli utenti, e, per le imprese sussidiate, anche i contribuenti, che altrimenti vengono “tosati” ingiustamente per ripianare inefficienze a volte spettacolari.

Cosa farà questa Agenzia per adempiere al suo mandato? Non impedirà certo alle imprese regolate di fare profitti. La normale retribuzione del fattore “capitale” (al pari di quella del fattore “lavoro”), è uno dei vincoli di qualsiasi sana gestione d’impresa. Anzi, le incentiverà a fare profitti anche al di sopra di quelli normali, ma solo se se lo meriteranno grazie a sforzi o innovazioni particolari, come avviene nei mercati concorrenziali. Inoltre tali extra-profitti, se ci saranno, potranno solo essere temporanei, poi dovranno essere passati agli utenti come abbattimento delle tariffe o innalzamento della qualità (anche questo “simula” l’effetto della concorrenza, che rende temporanei gli extra-profitti dell’innovazione tecnica o gestionale). Per le imprese pubbliche inefficienti e sussidiate il meccanismo è analogo: imporrà condizioni che le costringano a diventare efficienti, cioè a non sprecare preziosi soldi pubblici (non possiamo entrare qui in dettagli tecnici, che sono un po’ complicati).

Vediamo adesso, in questa fantasia, cosa succederebbe alle società pubbliche milanesi che sono in questo periodo nell’occhio della cronaca: ATM e SEA per la quota dei loro profitti (5 milioni ciascuna) che il Comune intende prelevare per fare quadrare il bilancio, la vendita della maggioranza di SEA stessa, e lo scambio di quote tra il Comune, che cede la sua partecipazione a Serravalle in cambio delle quote SEA in mano alla Provincia di Milano.

Innanzitutto apparirebbe insensato il concetto stesso di “profitto di ATM”: un società sussidiata (eccome!) dalla mano pubblica fa profitti in funzione dei sussidi che riceve. Sarebbe ovvio dunque ridurre tali sussidi di un importo corrispondente, senza questa imbarazzante “partita di giro”, che serve solo a far credere che ATM sia realmente in attivo (e moltissimi milanesi lo credono davvero, si badi). Ma soprattutto ATM sarebbe costretta ad affrontare una gara seria, non quella fatta dalla giunta Moratti, in cui vi era un solo giudice, il Comune, e un solo concorrente, ATM, posseduto dal giudice (indovinate chi ha vinto la gara?).

I profitti di SEA non sembrano generati da qualche suo merito particolare che li giustifichi, ma soprattutto la valutazione di SEA si ridurrebbe drasticamente (il valore di una società sul mercato è funzione dei profitti attesi, e una seria e indipendente regolazione ridurrebbe probabilmente quelli di SEA in modo sensibile, a tutto beneficio dei milanesi che viaggiano). Lo stesso vale ovviamente per la Serravalle, che, come tutte le autostrade, non è stata mai oggetto di una regolazione tesa davvero a difendere gli utenti.

Per concludere, in questa visione ipotetica, l’Autorità impedirebbe agli enti locali di sfruttare i monopoli che controllano, a danno dei cittadini (utenti e/o contribuenti) e in favore dei propri bilanci più o meno sinistrati.

O meglio gli enti locali potrebbero legittimamente continuare a farlo, ma solo dopo un dibattito democratico che raccolga il consenso dei viaggiatori (o dei contribuenti), affinché accettino di pagare più di quanto sarebbe corretto, o da loro dovuto, per dei fini espliciti e quantificati di interesse pubblico che loro condividano. Anche questo sarebbe un modo innovativo di concepire la democrazia economica. Ma certo, qui si parla solo di sogni.

 

Marco Ponti

 



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