26 marzo 2009

UNA TIPICA STORIA ALLA MILANESE: IL DRAMMA PARCHEGGI INTERRATI.


La vicenda dei parcheggi interrati, o meglio dei pochi conclusi, dei molti in costruzione e dei moltissimi fermi e abbandonati inizi all’epoca della giunta Albertini, non interessa più a nessuno, quello che invece intessa ai più é che quasi ovunque, sparsi per la città, siano state aperte voragini più o meno attive che per anni costringono i pedoni a percorsi deviati, rovinano il paesaggio urbano con le loro transenne sporche e disordinate, assordano gli abitanti e intasano le strade col passaggio dei mezzi pesani..

Fin qui, verrebbe da dire, nulla di male: tutte le città del mondo hanno realizzato percheggi sotterranei e il disagio dei cittadini probabilmente è stato della stessa natura. Quello che sembra esasperare i milanesi è la durata di queste opere e il costante e giustificato timore che il cantiere in costruzione – da un giorno all’altro e senza nessuna spiegazione apparente – si trasformi in un luogo abbandonato, regno dell’incuria e del degrado.

Andrebbe forse fatto un ragionamento elementare: molti dei cantieri aperti (e sopratutto non conclusi) sorgono all’interno del perimetro storico di Milano e sembrerebbe logico che, così come un bambino che scava nella sabbia vicino al mare sia destinato prima o poi a trovare l’acqua, chiunque scavi in aree contenute all’interno della cerchia dei navigli trovi qualcosa. Qui più che delle leggi della fisica, sembra si siano volute ignorare le leggi della storia e, con un’acredine che sembra quasi voluta per le aree destinate ai famigerati impianti sotterranei, siano state scelte zone che avrebbero rivelato, anche agli ignari profani, le tracce della Milano scomparsa; possibile che nessuno ci abbia pensato? Anche semplicemente: tutte le aree nelle vicinanze di ogni circonvallazione avrebbero presto o tardi rivelato le tracce delle mura demolite nel corso dei secoli.

A difesa della Sovrintendenza va detto che, in particolare nel dopoguerra, era forse cattivo costume di fronte al rinvenimento di reperti archeologici rimuovere semplicemente i manufatti, distruggere l’esistente e proseguire indisturbati i lavori. A Cagliari, per esempio, un magnifico capitello romano rinvenuto durante la costruzione di un’abitazione civile veniva normalmente utilizzato come elegante supporto del televisore, senza che nessuno avesse nulla da dire; ma questa è un’altra storia.

Acqua passata ma sono cambiati i costumi non la storia. Il caso dei parcheggi di piazza XXV Aprile, piazza Sant’Ambrogio e di piazza Meda ne rappresentano l’esempio più classico. Possibile che ancor prima di metter mano alla pala picconatrice nessuno si sia preso la briga di verificare, attraverso non complessi e certo relativamente non costosi studi di tipo storico, che cosa diavolo si sarebbe trovato a pochi metri sotto i marciapiedi? Possibile che prima di chiedere ai futuri possessori di posti auto, pronti a versare in anticipo decine di migliaia di euro, non si siano potuti compiere dei saggi esplorativi?

Di fronte alla scoperta di ogni manufatto archeologico i lavori devono fermarsi, e questo è giusto, ma la Sovrintendenza, che riesce a permettersi una sola ispettrice archeologica, non possiede il potere assoluto di interrompere “per sempre” i lavori iniziati: certo, rallenterà i lavori in attesa di trovare una soluzione, tra cui la semplice rimozione dei manufatti storici, o uno studio un poco approfondito delle murature antiche e dello loro condizioni, o forse una modifica del progetto originale. Se la Sovrintendenza impedisse i lavori tout court a colpi d’ingiunzioni ogni volta che il passato fa capolino in superficie, forse non avremmo nemmeno la linea uno (se non anche la due) della metropolitana.

Una curiosità. La Sovrintendenza non può intervenire direttamente e la gestione delle indagini archeologiche in sostanza è affidata a un’unica società privata alla quale tutte le imprese vincitrici di appalti per la costruzione di box interrati si devono rivolgere.

E infine la ciliegina sula torta: la ormai inveterata incapacità dell’amministrazione comunale incapace di dimostrare un seppur minimo dinamismo, anche di fronte alla semplice richiesta di uno spostamento dei tubi del gas. Le imprese si lamentano, quando non falliscono, a causa dei ritardi, i residenti protestano come possono, pronti ormai ad assediare e presidiare qualsiasi area della città inclusa nel Piano dei Parcheggi indipendentemente dalla sua collocazione geografica. Nessuno si fida più.

Ma alla fine chi paga? Ovviamente i cittadini: i pedoni in minima parte che devono solo sopportare i disagi di questa babele infinita, forse i turisti che passando osservano paratie sporche e vecchie, mentre i veri costi, derivati anche dal fermo dei cantieri, sarà addebitato interamente a coloro che il piccolo box l’hanno già prenotato e in parte pagato.

Pensiero di Carneade che non possiede un’automobile degna di box e comunque non potrebbe permetterselo: cari cittadini, avete votato in completa libertà di scelta il candidato o i candidati che i si presentavano quali  manager capaci di gestire la città come fosse un’impresa privata? Sì? Bene, ora teneteveli fino alle prossime elezioni, e aspettate: tanto il conto-box arriverà non solo con anni di ritardo ma anche molto più salato di quanto non vi fosse stato promesso.



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