26 giugno 2012

LA SCUOLA: PROBLEMI E SPERANZA


In questi giorni si parla molto di ruolo della scuola nel nostro paese: sicuramente i recenti fatti dell’attentato di Brindisi in cui ha perso la vita la giovane Melissa e sono rimaste ferite altre ragazze ha dato clamore alla questione, ma forse la ragione è un’altra. Nei mesi che stiamo vivendo, in cui la crisi economica, sociale e politica del paese, davvero ci attanaglia tutti e ci rende privi di punti di riferimento, forse ci si sta realmente rendendo conto – meglio tardi che mai! – che la fiducia in questo paese non può che passare attraverso i giovani e, conseguentemente, attraverso il mondo della scuola.

La difficoltà di fondo che sta minando l’Italia non è tanto “materiale” e quindi facilmente individuabile, quanto davvero una sorta di “sfiducia morale” nel futuro. Si è creato un sistema politico / economico così autoreferenziale – e conseguentemente antimeritocratico – da privare del tutto i giovani e i meno giovani di qualsiasi fiducia in una possibilità di cambiamento negli anni a venire. Tale stato d’animo sociale può essere contrastato solo con una adeguata valorizzazione del ruolo della scuola, dalla primaria sino all’università.

Il sistema scolastico, tuttavia, nonostante le recenti riforme del precedente governo – forse più di forma che di sostanza! – non se la passa certo bene e gli addetti ai lavori ci sottolineano quotidianamente l’emergenza del settore e le numerose e irrisolte criticità. Anzitutto vi è l’annoso problema di stipendi degli insegnanti (e, ovviamente, di tutto il restante personale scolastico): non è questa la sede per fare delle cifre specifiche, ma invito i lettori a verificare – è semplicissimo, su internet – la busta paga di un insegnante di scuola primaria e secondaria a inizio e fine carriera (non c’è molta differenza, vi assicuro).

Sono cifre terribilmente basse (non superano nella stragrande maggioranza dei casi i 1.500/1.800 euro), somme così distanti – e senza alcun punto di confronto! – con quelle degli stipendi di politici, dirigenti della Pubblica Amministrazione e magistrati. Insomma, il ruolo dell’insegnante da un punto di vista economico – e, quindi, spiace dirlo, anche sociale – nel nostro Stato è riconosciuto pochissimo e non da oggi, tempo di crisi, ma da almeno cinquant’anni a questa parte.

Altro esercizio “contabile” da compiere è quello di confrontare gli stipendi degli insegnanti in Italia e nel resto dell’Europa: la busta paga di un insegnante di scuola media e superiore in Germania, Francia e nei Paesi del Nord Europa è più ricca di oltre 1/3 (2.500/2800 euro netti) rispetto a quella di un professore italiano. Tale trattamento economico ha comportato, indubbiamente – e ce lo dicono le statistiche, ma soprattutto tanti casi pratici a conoscenza di ciascuno di noi! – che le menti più brillanti abbandonassero il circuito scolastico italiano per andare a fare altro nella vita o trasferirsi all’estero. Con detrimento, ovvio, degli studenti e del futuro.

Il secondo grande problema che affligge il sistema scolastico attiene alle modalità di assunzione (gran brutta parola, reclutamento) degli insegnanti. Anche in questo caso, senza addentrarci nei dettagli tecnici, vi sono delle liste di attesa lunghissime per accedere alle classi di concorso e il sospirato posto “di ruolo” arriva dopo anni e anni di precariato. Con ciò non si vuole difendere il tanto proclamato “posto fisso” di cui si discute in questi mesi, ma sottolineare che il ruolo del supplente (ancorché, magari, “annuale”) impedisce qualsiasi programmazione didattica a lungo periodo, un rapporto accurato con i ragazzi e una “fiducia” – ritorna il termine! – nel proprio futuro professionale.

Altra indubbia criticità del sistema riguarda le strutture: sono spesso immobili obsoleti, poco e mal manutenuti e privi di quelle aule tecniche in cui si costruisce il futuro di domani. Insomma, i problemi sono moltissimi e, ovviamente, questo elenco è solo parziale: il tutto, poi, come spesso in questi mesi, si risolve in un problema economico. I fondi mancano, le decisioni non si prendono e i problemi restano.

Tuttavia non possiamo permetterci di gettare la spugna: l’istruzione è aspetto troppo importante per la crescita del nostro paese e per arginare quella crisi economica e morale che ci riguarda da vicino. Rivolgersi alla politica è retorico e serve spesso a poco – soprattutto con riferimento a tanto grandi problemi! – e allora penso di rivolgermi proprio a quelle persone (insegnanti, tecnici, amministrativi) che nel variegato mondo scolastico ci lavorano, magari da anni, quotidianamente.

E dire loro: non mollate. Noi cittadini che svolgiamo altre professioni siamo consapevoli del vostro ruolo fondamentale per il paese e vi sproniamo ad andare avanti. Non servirà a molto, ma magari vi fa sentire meno soli in questo vostro difficile compito. E magari, nel piccolo, risveglierà anche le coscienze politiche che prendano posizione sull’urgente problematica della scuola.

 

Ilaria Li Vigni

 



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