20 giugno 2012

EXPO, UN GRANDE EVENTO: NON SMETTERE DI PENSARE


Il 25 maggio 2012 al Politecnico di Milano si è tenuta la Conferenza Internazionale “Milano Expo 2015. Il progetto degli eventi globali” organizzato dal Research Group “Governance progetto e valorizzazione dell’ambiente costruito” con L’Arca International. Partendo dalla condivisione dello stato dell’arte sul progetto EXPO 2015 e confrontandolo con le esperienze di Lisbona (1998), Shanghai (2010) e Londra (Giochi Olimpici 2012), si è sviluppato un costruttivo dibattito finalizzato a comprendere le opportunità dell’evento milanese.

Per ragioni contingenti, la crisi economica, sia per scelta culturale, l’iniziativa milanese vuole porsi come momento di discontinuità rispetto all’approccio tradizionale adottato per l’organizzazione di questa tipologia di eventi. Infatti negli ultimi decenni si sono verificate notevoli criticità, oggi acuite dalla crisi, rispetto alla capacità dei grandi eventi di attrarre investimenti e di diventare occasione per il rilancio economico e la rigenerazione urbana.

La scelta tematica “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” sposta l’attenzione dall’innovazione di carattere tecnologico alla centralità dell’etica nelle scelte. Tale centralità modifica quindi le priorità che il progetto nel suo insieme e nelle scelte di dettaglio mira a ottenere. L’immagine parzialmente permanente che caratterizzerà l’area espositiva diventa elemento secondario rispetto al progetto dell’esperienza che si vorrà far vivere ai visitatori. Secondo i progettisti della Società Expo 2015 S.p.A., esperienze e flussi sono i due principali elementi generatori delle soluzioni progettuali. In linea col nuovo modello, si intende favorire un approccio in cui i progetti dei singoli padiglioni nazionali non ricerchino solo una visibilità architettonica, ma abbiano il loro valore aggiunto nel contenimento dei costi realizzativi con la possibilità di smontaggio e riutilizzo dei manufatti in altro luogo.

La temporaneità dell’intervento diventa quindi un tema significativo, anche se il caso londinese presentato da Nicholas Reynolds evidenzia come sia sempre difficile prevedere cosa sarà temporaneo e quanto permanente. Infatti, i tempi del progetto/costruzione hanno delle forti discrasie e incongruenze con quelli delle decisioni soprattutto di carattere politico. La progettazione di strutture parzialmente temporanee e parzialmente permanenti necessita di una chiara visione per il dopo evento.

Il caso di Shanghai è quello in cui si è evidenziata la temporaneità limitata all’evento di ciò che era stato costruito. A fronte di un sistema infrastrutturale per la mobilità che era stato consolidato e strutturato non solo per l’evento ma anche per il dopo evento, l’intera area espositiva è tuttora oggetto di un processo di sostituzione edilizia, già attivato dal 2011 che sta portando alla costruzione di nuovi brani di città in sostituzione dell’area industriale dismessa all’interno della quale era stata collocata l’esposizione.

La presentazione sul caso Lisbona ha invece evidenziato l’importanza della fase pre-evento dal punto di vista comunicativo. L’info building, progettato da Miguel Arruda per informare su cosa sarebbe accaduto a Lisbona e aperto due anni prima dell’Expo, fu in grado di attrarre ogni anno un milione di visitatori. Inoltre l’evento generò sul territorio portoghese “mille piccoli expo” come azioni appositamente coordinate per favorire un’ampia ricaduta territoriale dell’evento principale.

I casi presentati hanno anche messo in luce alcuni limiti che l’iniziativa milanese sembra ancora avere. Infatti, se dal punto di vista dell’idea e del progetto espositivo si evidenziano interessanti possibilità e sviluppi rispetto al concept iniziale, pur a fronte di una tempistica per la realizzazione sempre più contratta, non è ancora evidente la visione di lungo periodo che dovrebbe giustificare i forti investimenti previsti. Si tratta di limiti principalmente legati a un modello di governance che mostra lacune e incertezza. In particolare l’intervento di Fabrizio Schiaffonati le ha chiaramente sintetizzate rispetto a tre scale di azione.

La prima riguarda il “recinto”, in prossimità della Fiera di Milano, in cui la lentezza decisionale ha già obbligato a prevedere una urbanizzazione (infrastrutture e sottoservizi) tendenzialmente in grado di supportare diverse e antitetiche alternative di destinazioni future. Inoltre la mancanza di un’ipotesi sulla destinazione futura apre al rischio di un successivo abbandono e degrado (come nei casi di Siviglia e Hannover).

La seconda è relativa al coordinamento delle iniziative e dei progetti al livello delle politiche infrastrutturali e dei servizi alla città. Il grado di sviluppo dei progetti sul tappeto non appare sufficiente a garantire che tali interventi strategici programmati nella città saranno sincronizzati con l’evento EXPO (Città della Salute, nuove metropolitane, sistema dei navigli e Darsena, etc.).

La terza riguarda all’Area vasta, che supera anche i confini amministrativi regionali, in cui si evidenzia un limite nell’armonizzazione e nella regia delle iniziative. Molte sono le proposte avanzate da Enti e Amministrazioni locali ma con ancora scarsa convergenza e sinergia per settorialismi e localismi che non possono più appartenere a un sistema economico integrato che dovrebbe trovare riscontro in una governance di respiro strategico.

 

Andea Tartaglia

 



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