19 giugno 2012
UBU REX
di Alfred Jarry
regia Enrico Casale – con Alessandro Cecchinelli, Sara Battolla, Davide Faggiani, Simone Biggi, Raffaele Briganti, Daniele Cappelletti, Ino Cecchinelli, Rossana Crudeli, Chiara De Carolis, Giovanni Franceschini, Emanuele Cucurnia, Paolo Turini
scenografie Alessandro Ratti e Officina Teatro De Carolis – luci Daniele Passeri – suono Andrea Cerri – costumi Rossana Crudeli, Davide Faggiani, Cristiana Suriani trucco Elisa Fialdini – produzione Compagnia degli scarti
Arriva per la prima volta a Milano la Compagnia degli scarti, nata alla Spezia nel 2007 e ospitata in questa occasione al Pim Off in risposta a un appello lanciato dal gruppo di giovani artisti dopo i danni subiti a causa dell’alluvione dello scorso ottobre.
Lo spettacolo, presentato al Kilowatt Festival 2011, è una rivisitazione (abbastanza fedele) del testo di fine ottocento di Jarry. Una piece assolutamente rivoluzionaria per l’epoca in cui è stata scritta, anticipatrice del surrealismo, di certi aspetti del teatro dell’assurdo e, forse, anche di una visione post-moderna e post-ideologica del rapporto fra individuo e potere. Ubu prova a sterminare la dinastia reale polacca per prendere la corona, senza averne però né diritto né motivo e neppure, come ad esempio Macbeth, la smisurata brama. Lo fa quasi per gioco, come un bambino a cui gli amici hanno proposto un’avventura pericolosa e lui non si è tirato indietro, anzi, ha esagerato lasciandosi prendere la mano dalla situazione. In questa fanciullezza vi è tutta la viltà, l’ipocrisia e la vanagloria di cui può essere capace l’uomo, espressa con la mancanza di giudizio che può avere solo chi è sincero nel guardare in faccia anche la propria meschinità, magari col sorriso.
Troppo spesso l’Ubu Re viene usato come pretesto per raccontare qualcosa che ha poco a che fare con Jarry (vedi Paolo Rossi) o come scusa per mostrare le capacità fisiche e vocali degli attori (vedi Roberto Latini), in questo caso va dato merito a Enrico Casale di essere riuscito a esprimere la propria visione registica non a dispetto del testo ma insieme a esso, valorizzando anche le diverse specificità – e la diversa esperienza – dei suoi attori. Avrebbe potuto fidarsi ancora di più delle parole, alternando maggiormente il ritmo che risulta forse un po’ troppo frenetico e che avrebbe giovato di qualche rallentamento, ma nel suo complesso lo spettacolo è fresco, vitale e con una direzione precisa che non viene mai abbandonata dall’inizio alla fine.
L’allestimento è brillante e la scena composta in modo originale, con moduli in legno che si spostano e si aprono, un cavallo/palloncino che invece di portare viene portato, spade rosse, armi bianchi, elmetti, bandiere e pure una chicca filologica: l’armatura di Ubu è costruita proprio come appare nei disegni di Jarry. Tutti gli attori hanno una tutina nera attillata e si muovono in modo corale, combattendo, sollevandosi, scontrandosi, mimando rapporti sessuali (non sempre a proposito, forse, ma che comunque non disturbano) e non lasciando che niente accada fuori scena, offrendo al pubblico un tableau vivant organico, estetico e di forte impatto.
questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi