12 giugno 2012

MILANO: ECCO IL PRIMO “BILANCIO IN ARANCIO”


Ora e sempre ostruzionismo. Dopo il bilancio 2011, la questione SEA in almeno tre puntate, la Sogemi, il Pgt, la tassa di soggiorno, l’Area C e altre materie che non ricordo, la migliore performance del capogruppo del Pdl Carlo Masseroli è stato il mettersi in piedi stile Robin Williams sul banco consiliare alle ore 4,35 del mattino, allo scadere di altre dodici ore di ostruzionismo senza né capo né coda alla firma della delibera di bilancio 2012 presentata dalla Giunta Pisapia, ottenendo peraltro un modesto aumento momentaneo della statura fisica e un definitivo azzeramento di quella politica, essendo entrambe non memorabili.

“Nessun vento è amico di chi non sa il porto dove approdare” diceva Seneca: la validità dell’aforisma è confermata dal confronto su quello che è il vero e proprio “manifesto” programmatico amministrativo della giunta arancione, il bilancio 2012 e il Piano triennale. L’opposizione si è opposta drammaticamente a tutto senza nemmeno leggerlo, come fa purtroppo sempre e per qualsiasi argomento in discussione.

L’ANNUS HORRIBILIS 2011 – L’amministrazione Pisapia al momento del suo insediamento ha trovato un bilancio di parte corrente in deficit strutturale da almeno cinque anni che già nel 2010 era arrivato a essere pari a oltre il 10% con una esplosione del disavanzo corrente dovuto al mancato adeguamento delle entrate correnti sull’onda della retorica delle “mani in tasca ai cittadini”.

In compenso la gestione di centrodestra aveva provveduto a dare via direttamente i pantaloni (dei cittadini) utilizzando in cinque anni oltre un miliardo di euro di entrate straordinarie per ripianare il bilancio corrente invece che per finanziare gli investimenti in conto capitale. L’ulteriore conseguenza di questa dissennata politica è stato il crollo degli investimenti nella manutenzione sulla città che nel quinquennio si sono più che dimezzati portando molti servizi a livelli di assoluta inefficienza e scarsità di manutenzione mai raggiunti a Milano nel corso della propria storia.

Ancora più grave la situazione dell’indebitamento: ha superato i 4,2 miliardi di euro facendo di Milano la città con il più alto debito d’Italia in valore assoluto e con parametri procapite tre volte peggiori rispetto alla media dei comuni italiani. Il trend inerziale (cioè in assenza di interventi correttivi) anche per effetto dei tagli operati dai governi Berlusconi e Monti nel corso del 2011, identificava per il prossimo quadriennio un catastrofico deficit di parte corrente superiore al 20%.

Anche senza tener conto dei vincoli del patto di stabilità la situazione lasciata dalle precedenti amministrazioni è quella di un Comune in sostanziale default, con il patrimonio in diminuzione e in stato di degrado e la pratica impossibilità di effettuare qualsiasi tipo di scelta politica.

EVITATO IL DEFAULT NEL 2011 – L’amministrazione Pisapia appena entrata in carica si è trovata quindi a dover affrontare una manovra di “assestamento” di bilancio per coprire un potenziale deficit di parte corrente nell’anno tra i 300 e i 400 milioni di euro potendo agire su spese teoricamente residue di non più di 500 milioni di euro.

L’Amministrazione ha operato, come noto, fin dal mese di luglio 2011, poche settimane dopo il suo insediamento, utilizzando le leve a disposizione:

– incrementi tariffari (Atm in primis agendo su tariffe ferme dal 2001 e mantenendo il livello tariffario al di sotto di quasi tutte le città italiane ed europee comparabili); mantenendo fermi gli abbonamenti e ottenendo così un forte incremento del loro numero;

– tagli lineari alle spese;

– alienazione di patrimonio (quote Sea e altro);

Il deficit di parte corrente è stato così ridotto a -267 milioni di euro dal tendenziale – 430 mil di euro rilevato a luglio 2011, deficit interamente coperto con le entrate straordinarie.

IL PIANO DI RISANAMENTO TRIENNALE – Evitato il default nel 2011 l’Amministrazione comunale si è trovata a dover affrontare una situazione inerziale potenzialmente ancora più disastrosa:

 

A questa situazione si aggiunge il livello di investimenti sulla città, ridotto a poco più di 200 milioni di euro all’anno, tale da aggravare in maniera forse definitiva lo stato di degrado del patrimonio cittadino di beni e servizi.

Gli stessi impegni in conto capitale per 1,3 miliardi di euro apparivano nel quadriennio molto a rischio, anche se contabilmente coperti.

Le leve a disposizione per l’amministrazione per intervenire restano di tre tipi:

– revisione della spesa corrente

– incremento delle entrate (tariffe, imposte)

– alienazione del patrimonio

La valutazione effettuata dalla Giunta ha portato a impegnarsi per un risanamento strutturale e duraturo del bilancio corrente unito a un piano di investimenti sulla città in grado di presentare per l’anno dell’Expo una città all’altezza dell’occasione. Nonostante la situazione di partenza, l’obiettivo ambizioso che la Giunta si è posta è di riequilibrare il bilancio corrente in tre anni e lanciare un programma anticiclico di investimenti.

Nel bilancio previsionale 2012 le riduzioni di spesa operate sono ancora in massima parte derivanti da operazioni di taglio, con le quali si ritiene di aver sostanzialmente esaurito l’area aggredibile con manovra ”semplice” di taglio di spesa. Le previsioni di riduzioni significative di “spending review” degli anni 2013, 2014, 2015 ammontanti a oltre 100 milioni di euro potranno scaturire solo da un processo di revisione strutturato, che non può che essere condotto con l’ausilio di un nucleo dedicato e specialistico che oggi ancora non c’è e che riguarda la struttura dirigenziale e non quella politica.

La leva tariffaria ha portato ad adeguare le tariffe milanesi dopo oltre un decennio di stabilità, ma è da notare come queste restino ancora inferiori a quella delle maggiori città italiane e soprattutto con riguardo ai trasporti, molto inferiori rispetto a tutte le città europee.

Il problema oggettivo è che le tasse comunali si vanno ad aggiungere a un rilevantissimo incremento della tassazione nazionale e, soprattutto, a un mancato trasferimento della potestà impositiva dallo Stato al Comune. Le norme sul cosiddetto “federalismo fiscale” sono state vanificate da contestuali tagli ai trasferimenti centrali che però erano già stati anticipati ed effettuati sulle stesse partite! È per questo che si è determinato un effetto micidiale relativo all’Imu, che ha fatto assumere al Comune il ruolo di gabelliere, mentre il gettito della imposta che sostituisce l’Ici va in massima parte allo Stato.

Si ricordi che prima di applicare qualsiasi addizionale comunale, per effetto della nuova Imu, i milanesi verseranno comunque circa 400 mil di euro in più rispetto al regime precedente che, vengono interamente incamerati dallo Stato Centrale.

È del tutto evidente che l’introduzione delle tasse comunali addizionali non può e non deve essere aggiuntivo rispetto alla tassazione nazionale. Già per l’anno 2013 l’integrale attribuzione dell’Imu al Comune è un obiettivo imprescindibile per l’amministrazione Pisapia.

 

 

 

DAL RISANAMENTO AGLI INVESTIMENTI – Il punto di partenza per la redazione del Bilancio Preventivo 2012 è stato, come si ricorda, uno squilibrio tendenziale delle partite correnti di – 582 milioni di euro. Su questo differenziale, sul versante delle spese, pesa l’effetto di circa 90 milioni di maggiori spese obbligatorie (aumento utenze e interessi, contratto di servizio Atm, ecc.) e circa 50 milioni di euro di riclassificazioni contabili che hanno riportato in spesa corrente voci che in passati esercizi si trovavano nelle spese in conto capitale.

I principi di contabilità pubblica impongono le registrazioni dei conti di entrata e uscite non direttamente collegabili o elidibili. Per questa ragione si creano voci di spesa che sono direttamente collegate solo al materiale verificarsi di un’entrata (per esempio: costi sostenuti per attività coperte da sponsor; incassi Area C interamente destinate a spese aggiuntive per mobilità e trasporti);

Analoghe ragioni di registrazione contabile generano sostanziali partite di giro che si elidono tra entrate e uscite (per esempio: il Fondo Cosap v/s entrate Cosap) che “gonfiano” il valore assoluto delle voci globali di spesa ed entrata di circa 10 milioni di euro per questa ragione, l’apparente incremento di spesa corrente rispetto al preventivo 2011 corrisponde in termini effettivi una riduzione di circa 100 milioni di euro del costo dei servizi equivalenti, sostanzialmente in linea con il consuntivo 2011, che viene “stabilizzato” e consolidato, dopo essere stato frutto di un taglio emergenziale nel secondo semestre 2011.

 

 

L’utilizzazione delle tre leve (incremento entrate, riduzione spese, entrate straordinarie) per riequilibrare partite correnti nell’arco del quadriennio 2012-2015 permette alla Giunta Pisapia di presentare un piano di risanamento impegnativo ma realizzabile entro la consigliatura.

La scelta è stata quella di difendere il livello dei servizi erogati senza ridurli, nella convinzione che il venir meno anche parziale dell’intervento comunale in una situazione di profonda crisi come l’attuale possa avere conseguenze irreparabili sul tessuto della città.

La riduzione della spesa in sé e non come effetto di un recupero di efficienza / efficacia non è quindi il valore che sta alla base del piano di risanamento. L’obiettivo è aumentare e migliorare e non diminuire i servizi pubblici del comune di Milano.

La realizzazione del piano di risanamento strutturale è condizione essenziale per lanciare il programma di investimenti sulla città di 2 miliardi di euro in quattro anni che caratterizzerà l’azione dell’amministrazione Pisapia e per il quale si rende necessaria la cessione della quota di SEA Spa.

Torneremo quanto prima su questo argomento.

 Franco D’Alfonso

 



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