12 giugno 2012

VERITÀ E FEDE TRA FACEBOOK E TWITTER


Nei momenti di noia mi diletto a leggere i commenti su blog, facebook e youtube: le diatribe nascono e finiscono a suon di insulti e di verità sbandieratesi vicendevolmente come assolute e indubitabili, oltre alle quali non si può andare. Lo statuto della verità è così banalizzabile: “questa è la verità, se non la accetti beh è inutile discutere”. In questa sua accezione assoluta la verità ha il potere di sciogliere i dubbi e di essere limite invalicabile alle disquisizioni e ai distinguo. Limite alla possibilità di cambiare idea, di ritirarsi dalle proprie convinzioni per scoprirne di nuove. È una specie di trincea che usiamo tutti quanti, consapevoli o no, per tenere a distanza l’altro. Un indubitabile paradigma a cui affidarci ciecamente: sicuro, affidabile e che consuma poca benzina.

In termini politici, poi, una verità così intesa ha un potere enorme: è una bomba che scagliamo contro gli altri che non la pensano come noi. Senza scomodare Orwell la verità è sempre stata appannaggio del potere: ecclesiale, politico, economico, culturale. Perché l’autorità che deriva dal possedere la verità è immensa. L’autorità è data anche dalla possibilità e dalla capacità di diffonderla. La verità cristiana è stato un messaggio prorompente per la sua epoca come la verità della bibbia rispetto alla chiesa cattolica è stata la base della riforma luterana; la verità sul capitale di Marx, la verità sul paese di Berlusconi ecc. ecc. Ciascuna “verità” ha avuto un suo specifico canale di diffusione: le comunità ebraiche della diaspora, la stampa di Gutenberg, l’internazionale comunista e i fogli a stampa, le reti TV, ecc. Parliamo di canali con un rapporto tra efficacia, diffusione ed esattezza del messaggio più o meno elevato. Canali con una diversa tracciabilità e gestibilità della fonte. Dall’incontrollato passaparola al facilmente gestibile messaggio televisivo. Differenti autorità e autorevolezze: “se lo dicono in TV”, “se è scritto sul giornale”, “se lo dice Tizio”, “se è questa la parola di Dio” cui segue “allora dev’essere per forza così”.

Oggi è molto più facile diffondere la propria verità tramite internet e soprattutto Facebook. I tempi di reazione tra la ricezione del messaggio e l’apposizione del fatidico like con conseguente click sul condividi è quasi fisiologica e automatica: senza mediazioni. La notizia del congelamento dei prelievi bancari approvato in parlamento, il guru dei terremoti o la foto taroccata dell’attentatore di brindisi, per citare degli esempi recenti, vengono diffusi e approvati a tempo di record e più vengono approvati e diffusi più assumono valore in sé, come “verità assodate e auto-evidenti”. Per altro in queste “pubblicazioni” è spesso ricorrente proprio il termine “verità”, “nuova”, “che nessuno vi dice”, “nascosta”, ma sempre “verità”. Lo sapeva bene John Rawls quando diceva che “le conoscenze e i metodi di ragionare su cui si basano i principi di giustizia (…) devono per quanto è possibile basarsi su verità chiare, ampiamente accettate dalla generalità dei cittadini o a essa accessibili”.

I media tradizionali, appannaggio delle tradizionali fonti di verità sono quanto mai screditati. A essi si prediligono forme spontanee, non filtrate, non sospettabili di interpolazioni eterodirette. Si perde quindi un principio di autorità certo. Questa mancanza richiede profonda stabilità interiore, riflessività e pazienza nella verifica delle fonti. L’assenza di queste qualità rischia di portare a un comportamento tristemente gregario per cui se il dubbio è sempre dietro l’angolo è poi la dietrologia a farla da padrona. Dietrologia che professa semplicemente verità alternative, più affascinanti e più intriganti ma sempre verità. E allora chiunque oggi, per tante ragioni, anche senza titoli, può essere fonte di verità. Chiunque si distingua o sia difficilmente riconducibile alle “vecchie logiche” assume più autorità degli altri. L’anonimato della rete consente ad esempio a noti esponenti della destra fascista europea di fingersi professori di economia e diffondere video di youtube sulla crisi per suggerire il complotto plutogiudaico.

Parlare di Grillo, a questo punto, sarebbe scontato e poco elegante. E allora, per concludere, ricordiamoci di quanto siano stati devastanti nella civilissima e moralissima Europa ottocentesca i “Protocolli dei savi di Sion” sulla conquista ebraica del potere. Ricordiamoci che i milioni di morti nei pogrom e nella Shoà sono nati su quelle pagine. Ricordiamoci del Manzoniano assalto al Vicario di Provvigione che nel romanzo si salva e nella realtà no. Correva l’anno 1814: Giuseppe Prina veniva prelevato dalla sua casa di via Manzoni e seviziato in piazza Scala per quattro ore. E a farlo non fu la plebe ma i galantuomini della città, convinti che rubasse. Così come ad aderire al nazismo per primi, ci dice la Arendt, “furono proprio i membri della società rispettabile (…) che non fecero altro che cambiare un sistema di valori con uno nuovo”.

 

Giacomo Marossi

 



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