5 giugno 2012

LA FAMIGLIA DEL VATICANO


Una prima riflessione sul 2 giugno alla quale non ho ancora trovato risposta è come mai il Capo di uno Stato straniero, ospitato nel Comune di Roma dallo Stato Italiano, decide di organizzare il suo più grande evento mediatico in coincidenza, e ovvia concorrenza mediatica, proprio il giorno in cui lo Stato ospitante festeggia il suo giorno fondante? Basato tra l’altro su una Costituzione che nell’art. 7 include il documento di ospitalità per lo Stato de Vaticano? Mi piacerebbe che qualcuno ci raccontasse se questo punto è stato preso in considerazione dalle due diplomazie e se l’hanno considerato un segno di rispetto e riconoscimento da parte del Vaticano o se come una competizione da tenere in sordina.

Che ne pensa il Presidente della Repubblica che ha tanto insistito per la celebrazione, e ha fatto bene, sennò quel giorno lì avremmo avuto solo il Papa. Penso che la richiesta di non celebrare il 2 giugno, ancorché legittima pur essendo da parte di alcuni maliziosa e strumentale, sia stata avventata. In ogni caso un partito come l’IDV, una volta che la proposta era stata rifiutata, doveva accettare la scelta e partecipare. Avrebbe evitato di trovarsi in compagnie scomode, cosa che non porta a Di Pietro un’oncia di consenso e di rispetto in più, ma forse varie in meno.

A Milano si celebrava la famiglia. Quale non ci è stato detto, perché il Vaticano ha un’idea molto chiara. La Famiglia? Quella che penso io. I valori? I miei. Tutto il resto è relativismo. Ora a me sembra che la Famiglia pensata dal Vaticano sia molto astratta: è una Famiglia convenzionale, molto simile a quella sempre lieta e unita delle pubblicità del Mulino bianco o della Birra Moretti, una famiglia la cui convenzionalità è persino fuori del tempo.

Perché l’ipostatizzazione di un modello fittizio impedisce (e cito da un mio vecchio pezzo su ArcipelagoMilano) l’interesse vero per i problemi delle persone: “Lo stare bene materialmente e spiritualmente, le emozioni e gli affetti, l’amore, il sesso, la condivisione dei destini e del quotidiano, la paternità, la maternità, la filiazione, il nostro rapporto generale con la vita (che non è come sembrano credere molti integralisti, qualcosa che comincia al momento del concepimento e finisce al momento della nascita) e che comprende anche indissolubilmente la morte”. Insomma, su questi temi non si può non trovare un terreno d’intesa che deve essere sulla base di comuni principi di umanità senza che vi siano imposizioni assolute di Autorità: l’assolutismo e l’autoritarismo non sono buoni compagni di viaggio dell’autorità morale e civica, che si basa invece sul convincimento e l’adesione e sulla tolleranza delle diversità.

Ma soprattutto si devono evitare le intolleranze dell’assolutismo: o meglio l’assolutismo va benissimo per chi crede in Dio e attribuisce a questo Dio norme inderogabili (salvo poi dopo qualche tempo dire contrordine, ci siamo sbagliati) ma non può essere imposto ad altri su questioni terrene sulle quali poi di volta in volta la Chiesa assume posizioni diverse. Come mai il Vaticano ha scelto di sostenere un’immagine stereotipata e legnosa di una “famiglia convenzionale” e non riesce a cogliere i contorni di una “famiglia affettiva o intima” che si stanno delineando prepotentemente nella diffusione di unioni non istituzionalizzate? Davvero siamo sicuri che il Cristo che ci parla dai vangeli sarebbe stato così perbenino a proposito della famiglia?

Io un’ipotesi di spiegazione ce l’ho, perché mi colpisce sempre molto profondamente la contraddizione, anche visuale, tra il tripudio di celebrazioni della famiglia e il fatto evidente che chi celebra questa famiglia non la pratica. Chi non ha esperienza concreta di cosa sono le complessità della vita famigliare può davvero senza rischiare di proiettare sull’ipostatizzazione di un modello astratto, ma non vissuto, tutte le proiezioni discorsive dei desideri repressi? È una domanda di comprensione umana, non di provocazione. E una riprova potente viene dall’interno del mondo cattolico e in particolare dalla rivolta delle suore americane contro i confini legnosi e ipocriti della definizione della famiglia convenzionale (more Giovanardi, per intenderci) in favore della famiglia affettiva e intima. La reazione che non si esita a definire “rabbiosa” del Vaticano è un segno di quella che io ritengo una profonda fragilità psicologica e umana della posizione di un Vaticano maschilista, patriarcale e profondamente misogino.

In Piazza si celebrava la famiglia appellandosi alla materna Madunina, ma quello che colpiva nel Palazzo tutto raggrumato alla Scala attorno al Pontefice era l’assenza quasi totale di volti femminili: una metà della platea era ricoperta di zucchetti rosso porpora e non mi risulta che ci siano donne là sotto, per il resto una platea sfacciatamente, quasi impudentemente maschile. Qualche volto femminile spuntava, s’immagina sostenuto dalla punta dei piedi, dietro le spalle del muro di consorti che circondavano l’ospite in bianco, ma attorno alla sedia solo volti maschili, alcuni dei quali non proprio corrispondenti a personaggi noti per le loro cristiane virtù. Insomma la famiglia del Vaticano è non solo una famiglia convenzionale, ma anche apparentemente di soli maschi e bene ha fatto il Sindaco Pisapia a rifiutarsi di cancellare il problema delle unioni di fatto dall’agenda pubblica in “prossimità” dell’arrivo del Papa, come si trattasse di un morbo appestante.

Richiesta stupida e risposta ferma, grazie al cielo, sostenuta anche dalla dirittura della dignità di un rappresentante secolare del popolo che una volta tanto ci ha risparmiato lo spettacolo, che a me sembra osceno, dei baciamano e salamelecchi da parte di ogni sorta di potenti, alcuni dei quali avrei paura di incontrare la sera per strada dopo il calare del sole. Bravo Giuliano. E bravo anche per il gesto gentile e quasi materno, se posso dirlo, con cui il nostro sindaco ha aggiustato la mantellina del pontefice, un segno umano che ho molto apprezzato e che denota un garbo interiore che certamente il precedente sindaco non aveva. Già, sarebbe stata capace di sciogliersi dalla sua usuale legnosità la sindaca? Ne dubito.

Tutti in piazza a cantare “La mia bela Madunina”, ma si ricordano i mercanti nel tempio lì adunati che le loro politiche mercatiste erano arrivate al punto da suggerire che la Madunina vendesse i diritti di edificabilità del Duomo per pagarsi le riparazioni del vestito? Mahagonny, non Madunina è la città che nasce dal commercio di cose e di spirito di questa religione affaristica. E sullo sfondo gli intrighi a getto continuo che si svolgono dentro “le Sacre (sic) mura”, che mi fanno maliziosamente pensare che forse se avessero più cure famigliari vere, i membri del clero vaticano avrebbero meno tempo per dedicarsi agli intrighi.

Se posso citarmi, ma soprattutto citare ArcipelagoMilano, tempo fa avevo suggerito la distinzione tra Chiesa dei giusti e “Chiesa dei potenti” e mai come in questi tempi la Chiesa dei potenti è rigurgitata fuori dall’ombra con una tale violenza. Tanto che anche dal mondo cattolico si fa strada la riaffermazione di una verità storica continuamente dimenticata: “Sarà bene ricordare che il Vaticano è uno Stato, sede del Capo della Chiesa, ma non è la Chiesa” (mi riferisco tra le tante voci a quella di don Gino Rigoldi, “Una gerarchia lontana dalla società ritrovi la fede nel cambiamento”, 30 maggio 2012). Ma non è il solo. Il giorno stesso a Prima Pagina e poi nell’approfondimento successivo Salvatore Resca e molti altri cattolici si sono espressi nello stesso senso: la Chiesa cattolica va distinta dallo Stato del Vaticano.

 

Guido Martinotti



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti