5 giugno 2012

MILANO SMART CITY, LA POTENZA DELLA RETE


Pochi mesi fa si è conclusa la selezione dei progetti che parteciperanno al bando della Commissione Europea Smart Cities and Communities Initiative, utili per presentare e sostenere la candidatura di Milano come smart city italiana all’interno dei progetti europei.

Alla pubblicazione dei bandi molto si era detto sulle smart city e qualcosa ha continuato a uscire in seguito anche se con frequenza ridotta. È mancata però una decisa costruzione del contesto da parte del Comune, un progetto contenitore di più ampio respiro con lo scopo di finalizzare la visione espressa dai bandi.

Tralasciando – per ora – la considerazione sul parziale scollamento in atto tra la definizione europea di smart city (legata esclusivamente al progetto SETIS – Strategic Energy Technologies Information System – e come tale dovrebbe riguardare solo gli aspetti energetici della vita di una città: consumi elettrici, termici, efficienza energetica e mobilità) e quella italiana, che prevede la “realizzazione di un modello di città intelligente specifico rispetto alle risorse nazionali: il patrimonio culturale, i centri storici, le città di media dimensione, il turismo, specifici modelli di coesione sociale”, vale la pena di elaborare alcune considerazioni.

Partendo comunque dal fatto che alla base della costruzione di una smart city (in qualunque dei due paradigmi citati) c’è l’idea di sostenibilità, anche se ci soffermiamo sul paradigma europeo (implicitamente, ma non troppo, abbracciato da Milano nella presentazione dei bandi), sarebbe opportuno, in caso di assegnazione, usare i progetti europei come kickstart per il meta – progetto con cui l’amministrazione comunale pone delle concrete basi di policy e regolazione che servano come terreno su cui coltivare l’innovazione.

Più precisamente, lo sviluppo di Milano come smart city – che può essere elemento di qualità per la città – non può prescindere da un’offerta completa di servizi e modelli innovativi che si innestano su una infrastruttura esistente. Certo non ci si può limitare ai soli progetti finanziati dai bandi senza darne un adeguato seguito e contorno.

Una smart city è costruita su due elementi distinti, uno hard – l’infrastruttura fisica, assai costosa e implementabile solo insieme a grandi operatori, forse in un’ottica di bene pubblico, eventualmente dato in concessione – l’altro è invece soft – i servizi e le idee che su questa infrastruttura possono svilupparsi e crescere – e che come tale, invece, può essere sviluppato da piccole realtà ad alto contenuto di idee e innovazione.

Bisogna quindi favorire la creazione dell’humus urbano necessario per testare idee e progetti – piccoli progetti e iniziative locali – che, con il loro successo o il loro fallimento, contribuiscano a definire best practices utilizzabili a livello nazionale ed europeo.

Modelli di questo tipo in realtà già esistono; senza andare troppo lontano è il modello che sta sperimentando Amsterdam, con il progetto Amsterdam Smart City. Attivo dal 2009, il progetto nasce come una collaborazione tra cittadini, amministrazione e imprese per sperimentare e costruire un modo nuovo e diverso di risparmiare energia, testandolo ad Amsterdam prima di tutto.

Amsterdam Smart City, che si pone l’obiettivo di ridurre del 40% (rispetto al 1990) le emissioni (dalle attuali 4.869 Kton all’anno a 2.389 Kton nel 2025), coinvolge oltre settanta imprese ed è articolato in quattro filoni principali – vivere sostenibile, lavorare sostenibile, mobilità sostenibile, spazi pubblici sostenibili – che fungono in realtà a loro volta da contenitori di progetti.

Si va quindi da progetti che riguardano l’introduzione di tecnologie in grado di ridurre i consumi privati (come lo smart metering) al finanziamento collettivo di fonti alternative per l’autoproduzione di energia; dall’efficientamento dei processi produttivi alla trasformazione degli edifici della pubblica amministrazione in edifici “carbon neutral” entro il 2015; dall’incremento delle auto elettriche, con obiettivo di completo “switch-off” benzina / elettrico entro il 2040, alla riduzione delle emissioni nelle strutture pubbliche come le scuole o la dotazione di energia solare per il wi-fi nei parchi pubblici.

A Milano si potrebbe fare questo e altro. L’infrastruttura non è tra quelle più di avanguardia, ma sicuramente ci sono elementi che vanno nella direzione dell’eccellenza e non mancano certo le idee spesso proposte da soggetti istituzionali, investitori o piccole realtà.

Resta l’aspetto economico della questione: i soldi chi ce li mette? Ma Amsterdam, per esempio, finanzia il progetto (i progetti) con il supporto dei fondi europei per lo sviluppo locale, e poi fa mettere il resto dai privati. A Milano la richiesta di finanziamento all’Europa è partita con i bandi; adesso si tratta solo di mettere in rete idee e tecnologie e organizzarle all’interno del contenitore smart, per far diventare smart anche l’economia della città.

 

Giacomo Selmi* e Antonio Sileo**

 

*ricercatore (Energibile, I-Com)

**ricercatore (IEFE Bocconi, I-Com)



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