5 giugno 2012

IL “CHE FARE” DELLA SINISTRA: PRIMARIE, PRIMARIE, PRIMARIE …


“Cambia il vento” dice Francesco La Forgia coordinatore milanese del PD in un articolo sull’Unità del 1 giugno scorso, intitolato “Tre proposte per il PD di domani”. “A Milano il civismo come retorica ha lasciato il posto al civismo come pratica – scrive- sia nella costruzione della lista PD, sia nel sostegno… a un candidato sindaco che ha riportato al centro il valore della partecipazione (L’avviso è per i sostenitori di liste civiche parallele al PD. Ma il PD se così facesse, a cosa servirebbe?)“.

Le tre proposte sono: 1) parlamentari scelti metà dagli iscritti e metà dagli elettori (in medio stat virtus?) e niente deroghe al limite di tre mandati se non per Segretario (Bersani) e Presidente (Bindi); 2) costituzione dei “Comitati per l’Italia” (“caucus del programma?”); 3) squadra rinnovata alle politiche (salvo il candidato Bersani se scende in campo … ).

Francamente è vero che da Milano è partita una riscossa civica un anno fa. Un po’ più complessi mi paiono gli sviluppi di quest’esperienza sia nel PD (che ne ha fatto di Boeri un recordman di preferenze?), sia nelle forme e nei canali partecipativi (qual è l’ambito di confronto tra cittadini e governo?). In ogni caso La Forgia mi pare eludere la domanda principale sulle elezioni politiche (che sono la prima scadenza pare…). Premesso che non è dato sapere con quale legge elettorale si voterà (e tutti siamo un po’ preoccupati di una precipitazione che ci porti a votare col “porcellum”…).

Dunque le primarie per i parlamentari non si sa se saranno per collegi (e allora che si fa… un collegio a un partito, uno a un altro e uno agli elettori?) o per circoscrizioni più ampie. Si vuole o no fare delle primarie per indicare il candidato premier del centrosinistra? Il PD vuole proporre un unico candidato di partito?

Mi pare che non si sia capito (o forse si è capito troppo bene e lo si vuole evitare) che non essendo il PD un partito contendibile (per i suoi aggregati ideologici/storici, per i suoi iscritti limitati e censiti, per le sue correnti, per il consociativismo tra gruppi dirigenti) l’unico modo che la gente ha “di fare un congresso” sono le primarie … dove spesso chi ha l’egida del partito ha un handicap invece che un vantaggio.

Dunque partiamo dalla testa. Facciamo primarie per scegliere un candidato premier e intorno costruiamo la squadra. C’è un problema però: sia in primarie nazionali che in primarie regionali, il candidato è troppo lontano dal territorio. E allora riprendiamo lo spirito delle primarie statunitensi che sono federaliste (essendo lo stato federale). Facciamo primarie sui territori anche in date diverse, costringendo i candidati ad andare nelle realtà locali, a raccogliere idee, adesioni e risorse umane. Facciamo un congresso così, un’assemblea federale con i delegati espressi in collegamento ai candidati vuoi nelle regioni, vuoi nelle province. Da qui, da un bagno di realtà nel rapporto col territorio, solamente può nascere una classe dirigente innovativa e legittimata.

Di questo territorio fanno parte anche molte esperienze civiche che non hanno atteso decisioni di vertici di partito per nascere. Queste esperienze sono state determinanti per vincere in partibus infidelium anche prima del crollo di Berlusconi. Sono una risorsa che non va dispersa e può trovare sbocco solo in un rinnovamento reale e non “truccato” del gioco politico. Dunque se “il vento cambia”, ancora maggiore e rapida dev’essere la capacità dello skipper di drizzare le vele nella direzione giusta. Altrimenti la “bomata” è certa…

 

Pier Vito Antoniazzi



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