5 giugno 2012

TURISMO O CITY USER, UNO STIMOLO PER MILANO


Turismo d’affari, turismo per cure, turismo per svago: tre modi di stare a Milano di non milanesi, in linea di massima, per uno o due giorni. È questo il tema che MeglioMilano ha affrontato, sulla scorta di un’indagine svolta su questionari mirati (ospiti di alberghi, parenti di malati, ecc.) e su colloqui con una ventina di persone che rappresentano appunto il mondo degli affari (ad esempio, Assolombarda), delle cure (ad esempio, IEO), dello svago (ad esempio, TCI).

Dalla presentazione dei dati, commentati da Giampaolo Nuvolati, e dal dibattito tra tre soggetti profondamente diversi e complementari (un’università: il Politecnico, un’istituzione: Camera di Commercio, un’impresa straniera da sempre a Milano: Siemens) e dagli interventi a braccio, tra cui quello di SEA, è emersa la conferma dell’importanza del tema “turismo / attrattività urbana” e alcuni “stimoli urbani”, per usare l’espressione che Franco Morganti si inventò alla fine degli anni ottanta, quando presiedeva il Comitato Tecnico (tecnico, non scientifico, per il vezzo di sottolineare l’importanza del “saper fare”) dell’associazione.

Il Turismo d’affari è rappresentato dalle più diverse figure: l’espositore, il commerciante, il banchiere, l’organizzatore di eventi, il consulente aziendale, ecc. Quasi tutti restano una sola notte, spesso approfittando della presenza per un acquisto particolare o per assistere a una partita, si muovono più con la metro che con il taxi, più di metà viene una volta al mese, un 20% considera “caotica” la città e un 21% “mediocre”; solo un 15% la giudica “accogliente”. Più di tre su quattro dichiarano che non avrebbero piacere di vivere a Milano.

Chi accompagna a Milano un parente per visite o cure esprime un giudizio sulla città analogo a quello precedente: il “mediocre” scende al 10%, ma il “caotico” sale al 35%. Più di uno su tre usa la vettura privata e, non a caso, la richiesta di miglioramento della mobilità è al 64%, mentre tutte le altre sono marginali, sotto il 10%. A quasi sette su dieci non piacerebbe vivere nella città di vescovo Ambrogio.

È il turista che viene a Milano, o meglio, che passa per Milano, a esprimere un giudizio largamente positivo: mettendo assieme le valutazioni che vedono Milano “accogliente”, “ricca” e “curata e pulita” si raggiunge un 70% contro un 25 – 30% degli altri due segmenti di presenze. La maggioranza (69%) proviene dai Paesi UE, un 17% dagli Stati Uniti. Uno su due ci vivrebbe e, pur con un giudizio positivo, le richieste di miglioramento sono rivolte all’accoglienza, alla mobilità e al sistema delle informazioni.

Insomma, se uno trascorre una giornata visitando il Castello e Santa Maria delle Grazie, acquistando un foulard o una cravatta nelle celebri vie del Centro e la sera va a teatro o a un concerto o anche sui Navigli: beh, passa una bella giornata e serberà un bel ricordo della città. Diversa è la giornata di chi accompagna qualcuno per una visita specialistica o per un intervento: la conoscenza della rete del trasporto pubblico non è immediata, l’accesso alle informazioni sugli eventi quotidiani non è facile, l’inglese … tutti dicono di conoscerlo, gli orari di sportelli e di molti musei coincidono con quelli delle attività lavorative…

Con una stima prudenziale, in difetto addirittura del 50%, stiamo parlando di almeno 4 milioni di presenze conteggiate nel 2010: 11.000 al giorno, una spesa media giornaliera di 350 euro, un fatturato annuo di più di 1,3 miliardi.

Alzare anche di poco la media dei pernottamenti con strumenti informativi maggiori per quantità (cartacei) e per qualità (wi-fi estesa), con una regolamentazione della ricettività, con accordi con i tour operator per inserire Milano nelle proposte del turismo in Italia sono le prime e più ovvie e anche relativamente semplici proposte, ribadite da MeglioMilano e condivise dal Politecnico che per la valorizzazione delle proprie caratteristiche si impegna da tempo anche per l’alloggio ai suoi studenti, dalla Camera di Commercio che sta promuovendo una campagna promozionale per Milano in vista di Expo basata anche su esperienze straniere, da una realtà “profit” come Siemens che ha istituito un’area dedicata alla sostenibilità delle aree urbane e alla qualità della vita dei cittadini per essere più aderente alle esigenze di questi e dei loro amministratori.

Ma dalle parole dette nel dibattito e anche da queste ultime frasi, emerge il problema di fondo, quello che sinora ha impedito la fondazione e la realizzazione di un programma di marketing urbano: valorizzare quello che la città già offre e far sapere quello che si sta preparando a offrire. Un solo esempio: Pittsburg, in Pennsylvania, un tempo la capitale mondiale dell’acciaio. La pesante crisi degli anni settanta dovuta alla dismissione della produzione siderurgica venne affrontata e risolta favorendo la nascita di distretti ad alta tecnologia, attraendo cervelli e finanziamenti, attraverso la riqualificazione generale dell’ambiente e anche realizzando un centro cardiologico all’avanguardia che fu in non pochi casi determinante nella decisione di collocare lì il quartier generale di grandi imprese, rette da manager a elevato rischio di infarto…

Il marketing per Milano, dunque. Un insieme di interventi di programmazione e di informazione che tutti desiderano, evidentemente, ma che non ha trovato sinora modo di realizzarsi per una particolarità milanese, per un suo paradosso, per un eccesso di “eccellenze”: Milano è da rappresentare come gioiosa capitale della moda o più come seria capitale della finanza? E mondi come quello dell’editoria, della musica, del design, del sw, alcune delle indubbie eccellenze milanesi, come si inquadrano nella rappresentazione di ciò che Milano offre oggi e nella prospettiva della Milano al 2040? E poi, non è anche città della cultura, con le sue undici università? E della medicina, con i suoi centri di cura specializzata? E dell’arte, con i suoi 42 musei che nemmeno noi milanesi conosciamo?

Troppe eccellenze per poterle inquadrare in una unica cornice, in una unica e robusta vocazione, dicono alcuni, sostenendo l’opportunità di realizzare tante campagne di marketing quante sono le vocazioni. Altri provano a sostenere che la vera e straordinaria vocazione di Milano è proprio quella di avere tante vocazioni, ma la scala delle priorità va pur definita e si ritorna daccapo. Il pensiero allora corre a Palazzo Marino, al Sindaco che tutti rappresenta, ma poi ci si ricorda che bisogna guadare alla Grande Milano, quindi allargarsi, certamente alla trentina di Comuni dell’Area Omogenea, magari all’intera provincia e oltre, addirittura includendo anche Novara o Piacenza, satelliti attratti da Milano più che da Torino o Bologna.

Dum Romae consulitur…. Nelle graduatorie internazionali che misurano l’attrattività delle metropoli e in particolare la disponibilità di capitani d’impresa a investire, fino a trent’anni fa Milano era ai primi posti, subito dopo Parigi e Londra; col passare del tempo, non solo Berlino, Francoforte e Barcellona ma anche Ginevra, Zurigo e Duesselforf hanno raggiunto e superato Milano (anche se dopo l’assegnazione di Expo 2015, Milano è un po’ risalita, proprio nei confronti delle ultime tre città appena ricordate…).

Non si tratta soltanto di veder crescere il numero di turisti e di veder aumentare la loro permanenza perché, in anticipo, vien fatto sapere quello che Milano è in grado di offrire. Si tratta di essere in grado di ospitare il terziario avanzato delle multinazionali, di gareggiare per la riqualificazione di aree oggi “disordinate”, con esempi di equilibrio tra consumo e consapevolezza, di architettura e di stili di vita, di vincere la scommessa per divenire ponte tra economie e culture della vecchia Europa e delle giovani nazioni che si affacciano sul Mediterraneo.

Non si tratta soltanto di sviluppo e di crescita economica (anche se di questi tempi…): si tratta di qualità della vita dei cittadini residenti, dei pendolari giornalieri, dei turisti di tutti i generi, compresi quei “nuovi barbari” descritti da Baricco che vogliono tutto e subito in modo superficiale o quei “predatori” che al calar del giorno entrano in Milano e vogliono prendersi tutto ciò che è possibile…

La questione non si risolve con bei giochi di parole, ma può cominciare a essere impostata con una riflessione proprio tra le tante eccellenze di Milano e con un ventaglio di proposte che rappresentino una Milano migliore, miglioramento da cui ciascuno tragga in prospettiva un vantaggio. MeglioMilano questo stimolo lo lancia.

 

Gianfranco Chierchini*

 

*componente del CdA di MeglioMilano

 



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