5 giugno 2012

musica


 

LA NONA, LA SCALA E IL PAPA

La settimana scorsa concludevamo la nostra recensione del Peter Grimes di Britten definendolo “uno spettacolo che, dopo il tonfo di Tosca e qualche caduta di stile negli ultimi concerti, ha ridato il doveroso prestigio al nostro Teatro“. Passano pochi giorni e rieccoci davanti a un tonfo ancora peggiore se si considera l’immensa platea che – grazie all’inusuale e illustre spettatore e alla diretta televisiva – ha avuto la Nona Sinfonia di Beethoven eseguita alla Scala in presenza del Papa la sera del primo giugno.

Si sa che questo Papa suona bene il pianoforte, si dedica alla musica con fervore e se ne intende, tanto che nel discorso pronunciato alla fine del concerto si è potuto permettere di affrontare una esegesi musicale sull’opera beethoveniana; per fortuna ha letto un testo scritto in precedenza e dunque le lodi indirizzate agli esecutori sono suonate giustamente false.

Non tutti sono innamorati dell’ultima Sinfonia di Beethoven e c’è chi sostiene che il vero capolavoro sia la Settima, che l’Ottava sia già meno riuscita, e che la Nona arranchi un poco e risenta fortemente dell’età e della sordità del suo autore. Ricordate il film “Lezione 21”, del 2008, interamente costruito intorno al dubbio sul valore musicale della Nona? In realtà da sempre si è discusso di quest’opera monumentale, celebrativa, apodittica: Verdi disse che “… è sublime nei primi tre tempi, pessima come fattura nell’ultima parte“, Spohr definì l’ultimo tempo addirittura “triviale“, mentre Debussy la considerò “velleitaria” e Wagner sostenne che “l’ultimo movimento con il coro, decisamente la parte più debole, … rivela con molta ingenuità l’impaccio di un compositore che non sa come rappresentare finalmente il paradiso” (1).

Ma venerdì sera tutti i dubbi e le perplessità sull’opera sono stati sopraffatti da quelli sulla sua interpretazione ed esecuzione. Cosa succede a Daniel Barenboim? Nessuno può negargli l’immensa cultura musicale e il raffinato “mestiere” di direttore d’orchestra; ed è stato anche, almeno fino a qualche anno fa, un grande pianista e da sempre un profondo conoscitore di Beethoven. E dunque?

È partito bene, con quell’incipit affidato ai violoncelli e ai secondi violini, sostenuti dai corni, in pianissimo, e i celebri intervalli di quinta vuota (la-mi, priva della modale) che prepara l’ingresso del tema principale. Ma questo, anziché essere potente e chiaro – il tempo è “allegro ma non troppo, un poco maestoso” – era una sorta di riflessione dolente, quasi volesse alludere alla tragedia emiliana cui il concerto era stato dedicato con nobili parole da Lissner prima dell’inizio. Tuttavia il primo tempo, a parte questa inconsueta lettura, è stato tenuto ragionevolmente insieme da un’orchestra attenta e rigorosa. Le cose hanno cominciato invece a cambiare con il secondo tempo, lo Scherzo “molto vivace” che ha perso ogni vivacità e si è presentato moscio e privo di nerbo, tanto da non riconoscervi il Trio che, con la sua dimensione melodica e incantata, deve contrastare violentemente con la potenza e il vigore dello Scherzo. Ancor peggio sono state trattate le meravigliose variazioni dell’Adagio, costruite su due temi pieni di poesia e di umanità, annacquati nei tempi allargati e nel fraseggio quasi sdolcinato di Barenboim, come se fosse stanco o svagato. Ed è sembrato che l’orchestra della Scala abbia risentito di questa svogliatezza.

Finalmente arriva l’atteso Finale con il coro, introdotto da quella lancinante dissonanza delle trombe e dei timpani – “vero cataclisma sonoro carico di violenza espressionistica” (2) cui farà cenno anche il Papa nel suo intervento – seguito dalla crescente forza di quelle sette sezioni che sconvolgono, o dovrebbero sconvolgere, l’ascoltatore. Peccato che l’esasperata frammentazione delle parti abbia finito per demolire l’architettura con cui Beethoven lega le voci (solisti e coro) e gli strumenti in un grandioso disegno e per ridurla a un susseguirsi di parti tra loro sconnesse. Insomma una Nona un po’ miserella che ha lasciato molto perplessi e non ci ha fatto inorgoglire, come forse avremmo desiderato, sentendoci in qualche modo coinvolti come padroni di casa.

Una nota a parte meritano alcune ineleganze, come quell’abito rosso sgargiante della soprano, scollato e a braccia nude, o il frac che Barenboim si rifiuta di indossare, sostituito dal solito spolverino con il cache-col al posto della cravatta; per non dire dei tanti invitati interessati più al proprio cellulare che alla bacchetta del direttore, e fra questi il vicepresidente della Camera dei Deputati, vale a dire la massima autorità civile presente, seduto alla destra dell’ospite. I tempi sono questi, dobbiamo rassegnarci.

 

(1) citazioni di Poggi e Vallora in “Signori, il catalogo è questo“, Einaudi

(2) Carli Bellola, ibidem

 

Musica per una settimana

*mercoledì 6 all’Auditorium (per le Serate Musicali) il violinista Uto Ughi e il pianista Marco Grisanti nel “Trillo del diavolo” di Tartini, la “Sonata in fa maggiore” di Mendelssohn, i “Tre pezzi opera 42” di Čaikovskij e la “Sonata n. 2 in re maggiore” di Prokof’ev

*mercoledì 6 al Conservatorio (Società dei Concerti) la Staatsorchester Rheinische Philarmonie diretta da Daniel Raiskin esegue l’Ouverture 1812 in mi bemolle maggiore, opera 49, di Čaikovskij, il Concerto in re bemolle maggiore, opera 38, di Khačaturjan (pianista Carlo Guaitoli) e la Sinfonia n. 5 in do minore, opera 67, di Beethoven

*mercoledì 6, venerdì 8, sabato 9,
lunedì 11 e martedì 12 alla Scala repliche della Luisa Miller di Verdi diretta da Gianandrea Noseda per la regìa di Mario Martone, con le scene di Sergio Tramonti, i costumi di Ursula Patzak e le luci di Pasquale Mari

*giovedì 7 alla Scala ultima recita del magnifico Peter Grimes, di Britten, di cui abbiamo parlato la scorsa settimana

*giovedì 7, venerdì 8 e domenica 10, all’Auditorium, l’Orchestra Verdi diretta Zhang Xian esegue l’Ouverture de “Il franco cacciatore” di Carl Maria von Weber, il Concerto n. 4 per pianoforte e orchestra in sol maggiore opera 58 di Beethoven (pianista Roberto Cominati), e la Sinfonia n. 4 in mi minore opera 98 di Brahms

*domenica 10 alle ore 11, alla Palazzina Liberty, l’Orchestra da Camera Milano Classica con Maurizio Croci e Maurizio Salerno ai cembali, eseguono i due Concerti – in do maggiore e in do minori, rispettivamente BWV 1060 e 1061 – di J. S. Bach

*domenica 10 alle ore 16, alla Scala, il complesso dei “Cameristi della Scala” diretti da Alessandro Ferrari esegue “Ein musikalisher Spass” K. 522 in fa maggiore di Mozart, la “Ciranda des sete Notas” per fagotto ed archi di Villa-Lobos (fagotto Valentino Zucchetti) e il “Carnaval des Animaux” di Sain-Saëns

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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