29 maggio 2012

NASCE MILANIFICIO: DAL SOCIAL BLA AL SOCIAL DO?


E alla fine, dài e dài, è arrivato anche milanificio.it, la prima piattaforma di progettualità partecipata per Milano. Immaginata e voluta dall’Associazione “Cambiamo città (restiamo a Milano)”, Milanificio è un libero social netmake di liberi social netmakers che si aggregano e cooperano alla realizzazione di progetti per Milano, pensati e proposti dai cittadini stessi. Uno strumento pensato per dare una possibile traduzione pratica a quella parola che, sull’ArcipelagoMilano scorso, Eleonora Poli descriveva come “usata e abusata a dismisura in quest’ultimo anno, al punto da perdere quasi di senso: partecipazione”.

L’ambizioso obiettivo è quello di far evolvere l’ormai matura dinamica del social network in qualcosa di più fattivo fornendo agli utenti milanesi uno strumento in grado di attivare azioni e pratiche di innovazione urbana che cerchino direttamente nel corpo sociale le risorse (di tempo, disponibilità, conoscenza, competenza e/o denaro) necessarie alla loro realizzazione. Milanificio propone e promuove progetti di qualunque natura e di qualunque provenienza (singoli cittadini o associazioni) purché sostenibili, fattibili e auspicabili per la vivibilità di Milano e in una logica di complementarietà (e non di contrapposizione) alla politica.

Come funziona? Si entra, ci si iscrive, si offre la propria disponibilità a collaborare a un cantiere e/o si decide di aprirne uno in proprio. In quest’ultimo caso si diventa “capocantieri” e dunque responsabili dell’andamento e del coordinamento del cantiere stesso, dalla sua apertura fino alla sua chiusura, che andrà sempre accompagnata da un report puntuale dei risultati ottenuti o da una riflessione sui motivi di un eventuale insuccesso. Milanificio vuole essere dunque il tentativo di passare dalla cittadinanza al cittadinamismo, offrendo alla parte più attiva e consapevole della città un luogo virtuale (ma non solo) per organizzarsi, coordinarsi e fare rete in modo estremamente focalizzato su un risultato misurabile (astenersi perditempo).

A tal proposito sarà interessante misurarsi anche con quella bizzarra pratica che gli inglesi hanno battezzato Unvandalism (letteralmente “vandalismo all’incontrario”), che vede gruppi di volontari auto-organizzarsi e attivarsi, al di fuori della logica della delega, per apportare una “miglioria non autorizzata” a luoghi pubblici trascurati dal Pubblico (per mancanza di fondi, di volontà o di attenzione). Sarà altresì molto interessante verificare quanto e come lo schema estremamente orizzontale del social network ci abbia disabituato alla verticalità di un buon intervento. Dai primi segnali parrebbe assai, stante che a molti “piace” Milanificio ma pochi poi si iscrivono a un “cantiere” per seguirlo e darsi concretamente da fare, mettendoci faccia, testa, mani, gambe e tutto il resto appresso.

Sarà infine estremamente interessante provare a mettere in relazione il mondo dell’impresa, sfiduciato nei confronti dell’advertising classico e sempre più interessato al product placement e alla brand experience (leggasi: sponsorizzazione virtuosa di situazioni suggestive), con l’emergente mondo delle iniziative che germinano sul territorio. Per vedere di nascosto l’effetto che fa.

Mi pare in conclusione di poter dire che l’esperimento Milanificio sia da seguire non foss’altro per capire come va a finire. Sono infatti convinto che, quale che ne sia l’esito, ci fornirà buoni spunti di riflessione su cosa si celi dentro quella scatolina magica con sopra scritto “Partecipazione”, che tutti scuotono per sentirne il gradevole tintinnio ma quasi nessuno apre, forse per paura di verificarne la straordinaria e disarmante complessità.

Forse non è stato un caso che Milanificio abbia visto la luce il 15 maggio, proprio mentre si interrompeva traumaticamente la “Presa di Torre Galfa”, un altro interessante (per quanto controverso) esperimento di intraprendenza creativa. Forse eravamo destinati a raccogliere il testimone per procedere sulla strada di una ritrovata e – a tratti disperata e dispersiva – voglia di partecipazione. Di sicuro proveremo anche noi a estrarre questa ormai leggendaria “spada dalla roccia”. Ci proveremo facendo leva su due gambe solide e robuste: il metodo e la tensione alla lungimiranza. Per puntare ben bene i piedi nella voglia di tornare protagonisti del nostro territorio e un po’ più padroni della nostra condizione. Spingendo forte, dal basso in alto. Hai visto mai che, dài e dài, qualcuno riuscirà a estrarre questa benedetta spada.

 

Mauro Mercatanti

 



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