29 maggio 2012

musica


 

PETER GRIMES

Il Peter Grimes, dato alla Scala in questi ultimi giorni, non è solo il capolavoro di Benjamin Britten ma è anche l’opera lirica più importante scritta dopo il Wozzeck e la Lulù di Alban Berg, e insieme a esse rappresenta il “nuovo” che ha caratterizzato il periodo fra le due guerre mondiali.

Mentre l’opera di Berg benedetta dalla Scuola di Darmstadt è stata proposta e riproposta al pubblico di tutto il mondo, a partire dagli anni cinquanta, fino a farla apprezzare e spesso (e giustamente) amare, quella di Britten ha avuto sempre scarsissima accoglienza nell’Europa continentale; ha pagato la scarsa considerazione – con l’eccezione di Edward Elgar – di cui ha goduto la produzione musicale inglese dopo l’epoca barocca di Henry Purcell e sofferto della grande reputazione della musica tedesca e russa.

Eppure Britten ha tutti i titoli per stare al fianco della grande musica e il suo Grimes nel novero delle grandi opere liriche del novecento; recentemente abbiamo riferito di una magnifica “Sinfonia da Requiem” del 1939, eseguita all’Auditorium, e oggi non possiamo che dire bene, anzi benissimo, di questo lavoro dato alla Scala.

Peter Grimes è un’opera decisamente “di sinistra”: si svolge in un misero borgo di pescatori di una Inghilterra senza tempo – potrebbe essere dickensiana oppure di quegli stessi anni di guerra in cui fu scritta (1944 – 1945) – in un ambiente umanamente povero con comportamenti più che elementari. Il protagonista è un disgraziato che a causa del violento carattere e dei conseguenti misfatti raccoglie l’odio e l’esecrazione dei suoi ipocriti compaesani fino al punto di essere obbligato al suicidio.

Il ventinovenne direttore d’orchestra Robin Ticciati – come Antonio Pappano inglese ma di famiglia italiana – ha diretto l’opera con grande sicurezza e con un controllo perfetto della scena e della buca, imponendo un ritmo elettrizzante e insieme rigorosissimo. Allievo di Sir Colin Davis e di Sir Simon Rattle, appartiene a questa nuova straordinaria generazione di direttori capaci di esprimere un’autorevolezza e una consapevolezza che ancora pochi anni fa erano inimmaginabili in ragazzi così giovani.

Delle scene di Stewart Laing, che hanno restituito la greve atmosfera del quartiere popolare e della provincia inglese, lontana mille miglia dalla eleganza di Londra o dalla grazia dei vecchi villaggi contadini, non si può che dire bene ma dobbiamo aggiungere una considerazione: l’opera di Britten, non solo il racconto ma anche la stessa struttura musicale, è pervasa dalla presenza del mare del Nord, dalla violenza che riverbera sugli uomini e dalla paura da cui sono dominati, ma nella versione scaligera vista in questi giorni il mare è il grande assente, sostituito dai gabbiani appollaiati e affacciati sulla piazza dai tetti degli edifici, talvolta inopinatamente fermi ma con le ali spiegate. Troppo poco.

Ottima anche la regìa di Richard Jones, con qualche simpatico omaggio a Strehler nell’uso delle luci e nei movimenti di scena, e magnifico il coro che – guidato musicalmente da Bruno Casoni ma costretto dal regista inglese a incredibili acrobazie – sembrava piuttosto un corpo di ballo. A loro volta i numerosi cantanti, in massima parte inglesi, con le voci adatte ed educate a parti spesso aspre e difficili, erano tutti perfettamente immedesimati nelle loro parti e molto convincenti. Forse la lingua inglese – come d’altronde quella francese (si pensi alla Carmen) – è meno adatta alla musica lirica di quella italiana o di quella tedesca (bastano per tutti Wagner e Verdi di cui il prossimo anno si celebrano entrambi i bicentenari della nascita) ma l’ottima recitazione ha avuto ragione della scarsa comprensibilità delle parole.

Uno spettacolo che, dopo il tonfo di Tosca e qualche caduta di stile negli ultimi concerti, ha ridato il doveroso prestigio al nostro Teatro.

 

Musica per una settimana

*giovedì 31, venerdì 1 e domenica 3, all’Auditorium, l’Orchestra Verdi diretta da Darrel Ang esegue il “Sogno di una notte di mezza estate” e la Sinfonia n. 4 in la maggiore (l’Italiana) di Mendelssohn; fra l’uno e l’altra le Sacrae Synphoniae per soli, coro e orchestra di Flavio Testi (con Anna Carbonera soprano, Gianluca Bocchino tenore, Abramo Rosalen basso, e il coro della Verdi guidato da Erina Gambarini)

*lunedì 4 alla Scala recital della mezzosoprano Elīna Garanča, accompagnata al pianoforte da Roger Vignoles, che eseguirà lieder di Robert Schumann, Alban Berg e Richard Strauss

*lunedì 4 al Conservatorio (Serate Musicali) l’Orchestra del Conservatorio di Genova, diretta da Antonio Tappero Merlo, con il pianista Andrea Bacchetti, in un programma che prevede la “Ouverture festiva per orchestra” di Šhostakovič, la “Rapsodia in blu” di Gershwin, la “Fantasia sulla Carmen” di Bizet e il “Bolero” di Ravel

*martedì 5 e giovedì 7 alla Scala le due ultime recite di Peter Grimes di Britten, di cui si parla in questa nota

*mercoledì 6 alla Scala la prima della Luisa Miller di Verdi diretta da Gianandrea Noseda per la regìa di Mario Martone, con le scene di Sergio Tramonti, i costumi di Ursula Patzak e le luci di Pasquale Mari

*mercoledì 6 all’Auditorium (per le Serate Musicali) il violinista Uto Ughi ed il pianista Marco Grisanti nel “Trillo del diavolo” di Tartini, la “Sonata in fa maggiore” di Mendelssohn, i “Tre pezzi opera 42” di Čaikovskij e la “Sonata n. 2 in re maggiore” di Prokof’ev

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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