22 maggio 2012

PISAPIA SI (PRE)OCCUPA DELL’URBANISTICA? SECONDA PARTE


Riprendo la analisi comparativa internazionale sulla perequazione urbanistica, iniziata su questo settimanale il 16 maggio scorso. Nella prima parte ho evidenziato che negli USA, patria del trasferimento dei diritti edificatori, tali trasferimenti sono stati sempre precisamente definiti in termini di aree di origine e di atterraggio, diversamente dalle novità che si intendono introdurre a Milano di “volo sconfinato” dei diritti.

Prima di dare uno sguardo all’Europa, è d’obbligo un breve riferimento anche al Canada che ha per primo condiviso con gli USA questo strumento. In Canada, il “Transfer of Development Rights“, opportunamente ridefinito “Transfer of Development Credits“, è stato applicato in maniera molto più limitata e prevalentemente in contesti urbani (mentre negli USA il 63,5% dei programmi TDR riguardano la tutela del territorio agricolo). Fra le esperienze più interessanti Vancouver, Toronto e Calgary: in tutt’e tre le città il TDR è finalizzato alla tutela del patrimonio storico-architettonico. In particolare, Vancouver ha a tutt’oggi un programma di TDR, l’Heritage Density Transfer System, iniziato nel 1983 e revisionato nel 1993, dedicato a proteggere e restaurare gli edifici storici, ma anche a tutelare spazi aperti in città e a realizzare parchi urbani. Inoltre, nel caso del Canada, sono i governi provinciali, da cui dipende il controllo di compatibilità degli strumenti urbanistici delle municipalità, che definiscono le direttive e le modalità di supporto tecnico e finanziario dei progetti TDR. Anche in Canada, come negli Stati Uniti, nella definizione delle aree di atterraggio il coinvolgimento della comunità è considerato cruciale; ed è anche previsto il ricorso alle urne (polling) nel caso si manifestino forti opposizioni locali.

Potremmo estendere il nostro sguardo anche all’Australia e ad alcuni paesi dell’America Latina o dell’Asia (Giappone, Corea del Sud), ma veniamo subito all’Europa.

Il trasferimento dei diritti edificatori emigra in Europa. Dico subito che in Europa la perequazione urbanistica ha ricevuto minore attenzione che nel Nord America e che, nelle pratiche, ha dato risultati modesti. In primo luogo, perché in molti paesi del Nord Europa vige il principio che la proprietà del suolo non include il diritto del proprietario alla cattura del plusvalore determinato dall’urbanizzazione e il plusvalore è attribuito per l’essenziale alla collettività (Svezia, Finlandia, Danimarca, Germania, UK, …). Nell’Europa del Sud, invece, tendenzialmente si lascia al proprietario fondiario la cattura del plusvalore, ma lo si tassa (più o meno adeguatamente…e in modo assolutamente inadeguato in Italia).

Ciò avviene perché vi è una differenza sostanziale in materia di diritti di proprietà applicati allo spazio nei sistemi giuridici ispirati dal diritto romano, rispetto a quelli ispirati dalla common law anglosassone. Nella maggior parte dei paesi dell’Europa Occidentale si applica inoltre il principio del non indennizzo dei proprietari di aree sulle quali vige l’interdizione a costruire. Su questo principio, che genera non-equità nel trattamento dei singoli proprietari, alcuni paesi (dell’Europa del Sud) hanno sperimentato il TDR come rimedio alla eccessiva rigidità e arbitrarietà del piano di destinazione d’uso dei suoli e, in particolare in Italia, come strumento sostitutivo dell’indennità di esproprio al fine di costituire un patrimonio di aree a destinazione pubblica e incrementare il capitale fisso sociale.

La Francia è stata fra i primi paesi dell’Europa del Sud a inserirlo nella legislazione urbanistica: il “Transfert de COS (Coefficient d’Occupation des Sols)” è stato introdotto dalla Loi Galley del 1976 che dà la possibilità di spostare diritti da una zona émettrice a un’altra réceptrice. L’obiettivo dichiarato nel testo di legge è la protezione di ambiti caratterizzati da “elevata qualità del paesaggio”. Ma questa locuzione si è prestata a vistose ambiguità: il territorio agricolo, che nella cultura degli anni ’70/’80 non era assimilato al paesaggio di qualità, ha continuato a essere urbanizzato. Anzi, proprio a partire dalla metà degli anni ’70, grazie alle politiche di incentivazione all’accesso alla abitazione in proprietà promosse da Giscard d’Estaing, il consumo di suolo agricolo è diventato esplosivo, generando la ville éclatée: una urbanizzazione che si disperde su un territorio metropolitano sempre più dilatato e compromesso da quartieri di villette o case a schiera sparse un po’ ovunque (1).

Ma in Francia, a 23 anni dalla approvazione della legge Galley, che ha comunque suscitato infinite polemiche, le esperienze di trasferimento dei COS risultano assolutamente modeste per entità: nelle città, si è trattato spesso di accordi fra pochi proprietari e a piccolissima scala; fuori dai contesti urbani, lo si è usato soprattutto nella realizzazione di comprensori dello sci alpino. Il transfer de COS è in definitiva considerato troppo complicato e poco efficace; e, comunque, una rigorosa identificazione delle aree di partenza e di atterraggio è condizione indispensabile perché si possa praticarlo: di nuovo, una differenza sostanziale rispetto al “modello milanese”.

Inoltre, la legge urbanistica nazionale approvata in Francia nel 2000 (SRU), che ha posto severi argini regolamentari al consumo di suolo agricolo, riconferma l’importanza del piano comunale di destinazione d’uso dei suoli come vero strumento di difesa e governo del territorio (Plan Local d’Urbanisme– PLU). Il piano è il risultato finale di un esercizio complesso di messa in prospettiva del territorio, finalizzato all’obiettivo dello sviluppo sostenibile (Projet d’Aménagement et de Développement Durable). E per la prima volta una legge urbanistica introduce l’obbligo alla partecipazione dei cittadini in tutte le fasi di costruzione del PLU. La legge rilancia altresì la pianificazione di scala intercomunale con precise regole non contrattabili in materia di consumo di suolo periurbano (Schéma de la Cohérence Territoriale). Soltanto recentemente, nella Grenelle de la Mer del febbraio 2009, è ricomparso il trasferimento dei diritti edificatori come possibile strumento per proteggere tratti di litorale ancora integri occupati da foreste e produzioni agricole.

Quanto alla Spagna, nella legislazione urbanistica nazionale è prevista la TAU (Transferencia de Aprovechamiento Urbanistico), anche se non tutte le leggi urbanistiche regionali la hanno adottata: comunque, le aree di origine e di atterraggio devono essere chiaramente individuate all’interno di comparti omogenei (“los terrenos se encuentran en una misma área de reparto“).

E a Milano?

Milano, con la sua “perequazione sconfinata”, si configura davvero come un caso a parte. Abbiamo una legislazione urbanistica regionale piena di contraddizioni e aporie, che consente una formidabile flessibilità dello zoning e procedure di approvazione molto semplificate. Inoltre, le Giunte di centro-destra ci hanno lasciato in eredità anni di deregolazione radicale e, a concludere una vicenda purtroppo quasi ventennale, un PGT firmato Moratti-Masseroli da “mani sulla città” che prevedeva implicitamente oltre 600.000 nuovi abitanti in città (calcoli effettuati dalla Provincia).

Una delle prime decisioni della Giunta Pisapia è stata la revoca del PGT nel giugno scorso. Obiettivo: modificare il Piano sulla base di alcuni principi e obiettivi ambiziosi e pienamente condivisibili, formulati nel mese di ottobre in un sintetico ma impegnativo documento ufficiale dell’Assessorato allo Sviluppo del Territorio (2). Ma soltanto quando è stato consegnato nel febbraio 2012 in forma di bozza ai membri del Consiglio Comunale, sono trapelati i contenuti del nuovo Piano (grazie all’ex assessore Masseroli che l’ha fatto circolare sul web!), di fatto generando molte perplessità: sullo “stile di comunicazione” della Giunta e dell’Assessorato all’Urbanistica e, in particolare, su alcuni contenuti specifici.

La Bozza di PGT, ben poco comprensibile per i non specialisti, ha modificato il precedente Piano attraverso una correzione puntuale e pignola, fatta di tagli, aggiunte, modifiche (alcune migliorative, quali la riduzione delle colossali ma irrealistiche volumetrie, la tutela del Parco Sud, l’attenzione, peraltro generica, per l’housing sociale). Ma la “perequazione sconfinata” viene totalmente confermata. E così, la trasferibilità dei diritti edificatori su quasi tutto il territorio comunale (sugli ambiti del “Tessuto Urbano Consolidato”) potrà determinare abnormi processi di addensamento centrale e un indebito vantaggio per il proprietario di aree non centrali al quale siano attribuiti diritti edificatori utilizzabili ovunque.

Concludo quindi questa riflessione con una domanda rivolta al Sindaco Pisapia e non soltanto all’Assessore all’Urbanistica Ada De Cesaris, poiché si tratta evidentemente di una decisione che si lega alla strategia generale sul riorientamento del Pgt che presenta rilevanti risvolti e rischi politici: perché non è stato emendato il principio della “perequazione sconfinata”? Perché non si è ritenuto opportuno modificare, nella riscrittura del Piano delle Regole (3), il Comma 5 dell’Articolo 7 (relativo alla Perequazione urbanistica) che recita, così come recitava nel piano di Moratti&Co., “L’impiego, anche in forma frazionata, dei diritti edificatori (…) è libero e può essere esercitato su tutto il territorio comunale edificabile nel rispetto delle presenti norme e di quelle dei vigenti Regolamenti Edilizio e d’Igiene”? Perché non rimediare immediatamente al danno durante la stesura della Bozza, riallineandosi alle modalità consolidate in altri paesi? Perché non rimediare immediatamente al danno durante la stesura della Bozza, riallineandosi alle modalità consolidate in altri paesi? Ma forse è ancora possibile porvi rimedio.

 

Maria Cristina Gibelli

 

 

(1) I dati sul consumo di suolo agricolo per urbanizzazione in Francia ne sono una prova evidente: 807.000 ettari urbanizzati soltanto fra il 1992 e il 2004 (184 ettari al giorno); e sono state le abitazioni unifamiliari (410.000 ettari contro 11.000 ettari destinati a edilizia condominiale) e le infrastrutture stradali (148.000 ettari) le maggiori consumatrici di territorio agricolo. Il dato ancora più preoccupante è il seguente: nel periodo analizzato l’80% del territorio urbanizzato per realizzare la “villettopoli” francese era precedentemente dedicato alla produzione agricola (dati tratti da: Merlin P., 2009, L’exode urbain, Paris, La Documentation française).

(2) Comune di Milano (2011), Documento politico di indirizzo per il governo del territorio, 13 ottobre.

(3) Assessorato allo Sviluppo del Territorio, PGT. Piano della regole. Norme di Attuazione. Bozza per lavoro Commissione, febbraio 2012.



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti