23 maggio 2012
VITTORINI POLITECNICO
Giuseppe Lupo
Franco Angeli
pp.157, euro 18
Mercoledì 30 maggio ore 18, il saggio sarà presentato, a cura di Unione Lettori Italiani presso Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7, Milano. Interviene Antonio Calabrò
Giuseppe Lupo, che insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università Cattolica, delinea, con un’analisi acuta ed elegante, un profilo dell’intellettuale siracusano di affascinante poliedricità, descrivendo un Vittorini che, oltre alla letteratura, si occupa di arti plastiche e figurative, di architettura, di fotografia, di teatro, di cinema e televisione: discipline tutte tecnico creative, finalizzate “all’unico grande problema della felicità umana”.
La versatilità dei suoi interessi, il desiderio di confrontare tra loro i codici espressivi di ciascuna di quelle discipline, stanno come un prologo delle sperimentazioni che, fra gli Anni Quaranta e Sessanta, conducono Vittorini a contaminare il romanzo con la fotografia (come nel caso di Conversazione in Sicilia del 1953), e con l’urbanistica (Le donne di Messina). In altre occasioni il fondatore del Politecnico, la storica Rivista nata a Milano nel 1945, giunge a modificare il registro narrativo di due suoi capolavori, come Uomini e no del 1945 e Le città del Mondo del 1969, trasformandoli in sequenze drammaturgiche e in romanzo scenico nel 1974.
Il concetto di cultura come avamposto della modernità, perno del magistero di Carlo Cattaneo, si riscontra, osserva Lupo, fin dalle prime prove letterarie di Vittorini, come quel suo India e Civiltà apparso nell’aprile del 1937, nato su ispirazione di un capitolo di Cattaneo, Dell’India antica e moderna, pubblicato dapprima sulla “Rivista europea” nel marzo-aprile 1845, poi nel secondo tomo di Alcuni scritti del dott. Carlo Cattaneo, apparso a Milano nel 1846.
Gli argomenti che legano l’autore siciliano alla figura del “gran lombardo” vengono accuratamente decodificati da Giuseppe Lupo: dal tentativo di raccordare topos e polis, vale a dire territori e organizzazioni politiche; alla constatazione dell’inefficacia del colonialismo come momento dello sviluppo economico; infine alla descrizione delle geografie del mondo, quali cause delle condizioni umane che variano a seconda dei confini dello spazio e del tempo.
Il già accennato discorso sull’India, risalente al 1937, non è tanto un pretesto per riconoscere in Cattaneo uno dei padri fondatori della nuova idea di cultura, finalizzata non più a consolare ma a liberare l’uomo dalle sofferenze, ma contribuisce a fare insorgere in Vittorini l’abitudine di evocare luoghi geografici e proiettarsi verso un altrove che si propone a statuto di un destino politico.
Il magistero di Cattaneo, dunque, non determina così solo la nascita del “Politecnico”e la sua breve e feconda esistenza (1945 – 1947), ma suggerisce anche la chiave di lettura per comprendere l’attività di scrittore, di critico militante e di editore, soprattutto nel periodo che Vittorini operò a Milano, la “città politecnica per eccellenza”, come ebbe a definirla in una celebre e affettuosa intervista del 1953. (Paolo Bonaccorsi)
questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero