8 maggio 2012

RISULTATI ELETTORALI: CHIARO E SEMPLICE


Una volta tanto commentare i risultati elettorali in Lombardia è semplicissimo, non serve neppure andare nel dettaglio:

1) il centro destra perde ovunque, in alcuni comuni evapora, dappertutto si frammenta ed evidenzia una totale mancanza di leadership del dopo Berlusconi che a tutti gli effetti da oggi è un ex leader.

2) il Pdl perde mediamente un terzo dei voti e si frammenta a sua volta.

3) la Lega perde anch’essa mediamente un terzo dei voti. L’andata in solitaria la rende marginale, non vi è stato alcun scatto di orgoglio padano degli amministratori, tuttavia nonostante diamanti e lauree albanesi non sparisce.

4) l’Udc è irrilevante, non approfitta della crisi del Pdl e della Lega, nei ballottaggi non pesa.

5) l’Api semplicemente non esiste.

6) in nessun comune il centro destra ha creato degli amministratori/personaggi forti di consenso popolare che da soli invertono la tendenza.

Specularmente:

1) il centro sinistra quasi ovunque va al ballottaggio in posizione di favorito, con coalizioni in genere simili a quelle di Milano dello scorso anno.

2) il Pd diventa il primo partito, pur senza incrementi straordinari ed è il perno di ogni alleanza; sarà in crisi come dicono alcuni ma torna a governare molti municipi. Al suo interno i fautori della grande coalizione o dell’alleanza con l’Udc ammutoliscono. La sua leadership regionale si rafforza.

3) in generale le sinistre più radicali si consolidano.

4) le liste civiche di sinistra, diciamo così gli arancioni, si moltiplicano e sono spesso determinanti.

A tutto ciò va aggiunto un successo semplicemente clamoroso dei grillini che triplicano nelle città le percentuali delle regionali e che chiamandosi fuori dal gioco delle alleanze attirano voti da entrambi gli schieramenti. Nei prossimi giorni si sprecheranno analisi psicosociopolitologiche su chi sono e perchè li votano, immaginiamo che si tornerà a parlare di Giannini e del qualunquismo antipartito, più o meno quel che si diceva della lega agli esordi: “dura minga dura no”. Si è visto!

La percentuale dei votanti è stata ovunque al di sotto delle precedenti comunali che a loro volta registravano un calo. È una tendenza consolidata e difficilmente reversibile forse non positiva per la democrazia ma irrilevante per il governo delle città dove contano i voti espressi. L’astensione crea un bacino di ex elettori potenzialmente redimibili dove in futuro si giocheranno le campagne elettorali. Sarà interessante vedere se nei ballottaggi vi saranno modifiche parziali del quadro.

Con questi risultati a eventuali elezioni regionali il centro sinistra vincerebbe e vincerebbe anche alle elezioni politiche. Con la vigente legge elettorale nazionale il Pd potrebbe fare il pieno dei parlamentari (praticamente eleggerebbe anche il mio gatto). È quindi prevedibile che Formigoni (amenoché non lo blindino) e i suoi amici cerchino di spostare il più in la possibile le elezioni regionali, magari rinunciando alla beneamata Roma. Così come è probabile che di riforma della legge elettorale nazionale si parlerà sempre di più per poter alfine dichiarare che si farà nella prossima legislatura, perchè non vi è più tempo.

Vediamo il dettaglio per quanto riguarda la regione.

Alle ultime elezioni regionali la lista di centro destra era risultata vincente con il 56,11% dei voti, pari a 2.703.255 voti, la Lega nel voto di lista pesava circa il 45% del centro destra. La coalizione di centro sinistra, aveva ottenuto il 33,27% dei voti pari a 1.603.047 voti. Le altre quattro liste regionali avevano: Udc 4,70% 226.313; Movimento 5 stelle 3,00% 144.578; Rifondazione comunista / Sinistra Europea / Comunisti Italiani 2,36% 113.744; Forza Nuova 0,56% 26.890.

Se avessimo parametrato il voto regionale secondo le alleanze milanesi di un anno fa avremmo avuto il 56,11% del centro destra contro il 35,60% del centro sinistra. La differenza in valori assoluti tra le due ipotetiche coalizioni era di 987.000 voti: un’enormità, così suddivisa per provincia: Bergamo 185 mila, Brescia 172 mila, Como 100 mila, Cremona 31, Lecco 40, Lodi 19, Mantova 18, Milano 115, Monza 85, Pavia 60, Sondrio 37, Varese 125 mila.

Nella città di Milano alle regionali la differenza era stata di soli 29.000 voti, Penati era andato peggio di Sarfatti che aveva un distacco di 12.000 voti. La differenza tra Pisapia e Moratti al primo turno è stata di 42.000 voti a favore di Pisapia. L’incidenza della vittoria milanese in voti è quindi ridottissima. In pratica anche considerando consolidato il dato milanese in termini di valori assoluti e di aumento dei votanti (improbabile) fino a oggi mancavano all’appello per vincere in regione circa 945.000 voti. Il recupero di Pisapia vale un 25% della differenza a favore del centro destra nel 2010 della sola provincia di Brescia. Per questo queste elezioni sono un terremoto maggiore di quello di un anno fa: Milano è sempre stata contendibile la Lombardia mai.

In sintesi in regione:

1) il centro sinistra inteso come coalizione attorno Pd è sicuramente vincente con il Pdl e Lega separati, anche se è certo che la frammentazione in mille rivoli del Pdl di questo turno non si ripeterà fosse solo per il diverso sistema elettorale

2) se il centro destra tornasse unito la partita è incerta ma per la prima volta il centro sinistra è favorito. Probabilmente il Pdl scomparirà per lasciare posto a un’altra aggregazione dei moderati, mica sono fessi.

3) l’Udc gioca un ruolo solo nel centro destra, Se l’Udc si allea con il centro sinistra questo perde le sinistre radicali e il saldo è negativo.

4) l’alleanza elettoralmente indicata da questa tornata per il centro sinistra è quella di Vasto. Gli alleati del Pd hanno oggi tutto l’interesse a non modificare la legge elettorale regionale e a tener vivo il listino.

5) lo spazio per una sinistra arancione secondo lo schema Pisapia è probabilmente in regione più ampio che a Milano, basta guardare il peso delle civiche anche se alcune sono le liste dei partiti travestite.

6) il Movimento 5 stelle pur avendo un peso elettorale maggiore di molti partiti tradizionali, non giocherà un ruolo determinante in elezioni a turno unico come quelle regionali amenochè non trovi un candidato presidente significativo. Il suo elettorato non può essere potenzialmente ascritto né al centro sinistra né al centro destra.

Unico dettaglio mancante per entrambi gli schieramenti: il candidato, che può cambiare il quadro.

Per il centro sinistra nessun potenziale candidato è così forte da essere automaticamente investito; faranno le primarie, con il rischio del noto “piatto ricco mi ci ficco” e del proliferare di candidati. In senso geografico avere un milanese è abbastanza indifferente anzi meglio un provinciale se può spostare voti magari a Bergamo e Brescia. Certo che con il Pdl in declino, la Lega in analisi, l’Udc al lumicino, l’utilità di Tabacci come candidato appare molto ridotta. Addirittura potrebbe essere controproducente facendo perdere voti a sinistra e non influenzando passaggi dal centro destra, che nella ben nota tradizione delle correnti Dc diffidano più degli amici che degli avversari. Dovessi scommettere, oggi punterei su Martina.

Per il centro destra è buio fitto, a meno che non arrivi un papa straniero.

Sembrerebbe tutto chiaro ma vale la pena ricordare che purtroppo erano elezioni amministrative, che non era in campo il giudizio sulle politiche del governo, che non si discuteva delle ricette anticrisi, insomma per quanto importanti siano le indicazioni la partita vera non è appena cominciata.

 

Walter Marossi

 



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