18 marzo 2009

LE “CINQUE GIORNATE” DEL RUMORE


Perché tanta depressione tra i milanesi? Perché tanto uso di psicofarmaci. È la crisi generale che tormenta ma anche il disagio della vita in città. Il nostro habitat ci è ostile in tutte le forme percepibili e tra queste il rumore. Le altre forme d’inquinamento sono più subdole e quasi mai si trasformano in sensazioni immediate: il rumore sì, l’unico vantaggio. Inutile qui dilungarci sui disturbi da rumore, la medicina generale ma ancor prima la medicina del lavoro ne hanno fatto un elenco infinito che va dalla sordità all’annullamento della concentrazione, dall’insonnia alla nevrastenia fino alle più subdole forme di somatizzazione. Purtroppo per noi “urbani” la città è una vera fabbrica di rumore che non ci da pace né di giorno né di notte: rumori spesso evitabili e se non evitabili almeno contenibili. La salvezza dipende dalle norme di contrasto, dalle leggi dunque e dalla loro applicazione ma anche da noi e dai nostri comportamenti personali e collettivi.

L’ultimo in ordine di tempo è costituito dalle suonerie dei telefonini. Il penultimo dai rumori che arrivano da discoteche e bar e attività di divertimento notturno. Il rumore “da” divertimento, il rumore “del” divertimento e il rumore “come” divertimento costituiscono un triangolo micidiale nel quale si confrontano diritti e limiti della libertà individuale, cultura, tolleranza e buona educazione. L’applicazione discrezionale delle norme di legge vigenti è

all’origine di scontri sociali e politici, di pretese libertà commerciali e di ondeggiamenti degli amministratori locali tra repressione e tolleranza. I conflitti sono ormai endemici e vanno dalle cause tra vicini di casa, alle cause tra costruttori e acquirenti di case fino alle azioni collettive. Un fatto è comunque sicuro: la mancanza di conoscenza spicciola e minuta della realtà della vita urbana fa sì che, quando s’interviene, si è costretti a farlo sulla soglia del disordine sociale e sull’onda di una protesta organizzata. Mai, mai si avuto cura di prevenire il propagarsi di rumori di là dalla soglia sopportabile, soprattutto mai per i rumori da traffico o ferroviari.

Milano è una città rumorosissima – 73 decibel di media, contro i 60 come valore massimo stabilito dalla legge – e però pochi se ne preoccupano. (NB: ogni 3 decibel il rumore “raddoppia”!)

Dopo troppi anni di attesa è arrivata finalmente in Giunta la delibera sulla “Zonizzazione acustica”, un piano preciso che punta a stabilire i limiti di rumore per gruppi di isolati e che deve essere la base per gli interventi di risanamento e contenimento del rumore.

Ma la delibera va avanti lentamente, così com’è bloccata la discussione sulle regole per la gestione dei locali notturni, con buona pace di Comitati e residenti, assediati anche da discoteche, pub, happy hour e riunioni all’aperto.

Proprio partendo dai disagi di questi cittadini, il Coordinamento Comitati Milanesi ha organizzato una serie d’iniziative contro il rumore, per sensibilizzare l’Amministrazione comunale e le forze politiche, con lo slogan unico “EXPOsti al rumore”.

Mercoledì scorso si è tenuto un convegno al Teatro di S. Lorenzo alle Colonne.Titolo: “EXPOsti al rumore“. Alla ricerca di un punto d’equilibrio tra movida selvaggia e rispetto delle regole”.

Molti gli amministratori locali presenti, altri in videoconferenza: i sindaci di Bologna e di Roma, Cofferati e Alemanno (scaricabili dalla nostra homepage).

Si stanno succedendo manifestazioni e iniziative in vari quartieri, scelti come dimostrazione concreta di particolari tipi di rumore: rumore da traffico, da tram, da aerei e … da vita notturna senza regole e controlli.

Sono le “Cinque Giornate” del rumore, fino a domenica 22 marzo, con l’esposizione nei quartieri di un drappo che riporta in modo ben evidente il logo della manifestazione, e con varie iniziative di contorno. La gente dei quartieri vuole civilmente richiamare l’attenzione su un problema che in molti casi rischia di degenerare con denunce penali mirando a ottenere controlli più efficaci nell’interesse di (quasi) tutti.

Chiedono troppo?

Luca Beltrami Gadola



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