8 maggio 2012

CITTADINI E COMUNE: L’INGREDIENTE CHE MANCA(VA) IN SANITÀ


Crisi e invecchiamento impediranno a breve il mantenimento degli attuali livelli di welfare sanitario, ma la risposta che garantisce la sostenibilità è già nota e passa attraverso la migliore prevenzione e gestione delle cronicità che le Case Mediche possono assicurare. Le prime esperienze milanesi lo dimostrano. Tuttavia, causa la visione ospedale-centrica di Regione Lombardia, le Case Mediche non potranno decollare su larga scala senza l’intervento del Comune e il coinvolgimento dei Cittadini sul doppio binario della co-progettazione e della comunicazione. Questo quanto emerso nel convegno “Case Mediche: ancora utopia o realtà percorribile?” organizzato dai Comitati x Milano in collaborazione con il gruppo consigliare di SEL.

Negli USA questa soluzione si chiama Casa Medica: 5-10 medici di famiglia sotto lo stesso tetto che con un team a 360° (segreteria, infermeria, medici e altri operatori) attuano programmi di vera prevenzione e di efficace gestione delle cronicità, operano con orari prolungati (riducendo anche gli accessi al Pronto Soccorso), utilizzano supporti informatici “intelligenti” che permettono il lavoro coordinato del team. Il paziente è al centro dei percorsi di cura, non più “pallina del flipper” che rimbalza tra operatori diversi e isolati tra loro.

Da un decennio Governi e Amministrazioni si sono concentrati più sul nome che sulla realizzazione. Parafrasando il titolo di un film contemporaneo alla nascita del concetto, spesso sotto i nomi (Case della Salute, UTAP, UCCP, AFT, UCP) c’era il niente. Amelia Compagni di Cergas-Bocconi ha descritto i pochi esperimenti realizzati e gli ancor meno riusciti, spiegando come non basti mettere i medici di famiglia sotto lo stesso tetto per migliorare la qualità della salute.

Dopo dieci anni di tentativi stentati, per i Comitati x Milano la via d’uscita sta nel coinvolgere i cittadini su due binari paralleli: la co-progettazione delle Case Mediche e la comunicazione rivolta ad Amministratori e medici di famiglia. Coinvolgere i cittadini nella co-progettazione consente di realizzare servizi migliori, più razionali e quindi meno costosi: l’utente esclude ciò che non ritiene essenziale. In questa fase servirà formare i “non addetti ai lavori” per garantire una partecipazione efficace.

Ma i cittadini apporteranno quelle professionalità abituate a lavorare per progetti e processi che forse fino a oggi sono mancate. Se da un lato ci sono gli esempi portati da Remo Bernieri (Cremona) e Davide Lauri (Milano) dall’altro l’impegno a realizzarle è raro. Le dispute sul nome anziché sulla sostanza ne sono esempio. Inoltre, come ha sottolineato Vito Pappalepore (segretario provinciale di FIMMG, il sindacato più grande dei medici di famiglia) tra gli stessi medici le resistenze non mancano, in parte derivanti dall’età media elevata. La comunicazione è indispensabile sia per far crescere la volontà politica nelle amministrazioni, sia la consapevolezza nei medici di famiglia che è stata trovata la soluzione su come abbattere la barriera più importante: il costo degli spazi.

Il beneficio apportabile dalle Case Mediche è enorme: l’Istituto di Ricerca della Regione (IReR) ha dimostrato che i medici che hanno adottato questo modello hanno abbattuto i ricoveri ospedalieri del 6% e le prestazioni ambulatoriali del 7%, in linea con le esperienze USA. Sui 17 miliardi di euro del budget sanitario lombardo ridurre i costi del 6% (perché le persone si ammalano meno e si curano meglio) libera un miliardo di euro ogni anno, oltre 100 milioni solo a Milano. Inoltre Marco Maiello, direttore Sviluppo e Innovazione di Welfare Italia, ha riportato come queste strutture concilino qualità dell’assistenza ed esperienza positiva del paziente: oggi in Italia la qualità della sanità è mediamente buona ma è distonica rispetto all’esperienza del paziente, spesso frustrante.

Ma perché oltre ai cittadini è necessario coinvolgere il Comune di Milano? L’IReR ha identificato cinque tipologie di “Case Mediche” in funzione del contesto geografico, di cui due specifiche per le grandi città (zone più centrali o zone più periferiche). Come IReR anche i Comitati x Milano, nel corso di incontri esplorativi avviati durante le primarie 2010, hanno identificato nell’alto costo degli spazi necessari (3-400mq) la barriera principale che a Milano si interpone alla nascita delle Case Mediche. Da questa osservazione nasce la proposta inserita nel documento alla base del programma dell’attuale Sindaco, di rendere fruibile il patrimonio edilizio non utilizzato del Comune.

I Comitati x Milano suggeriscono che gli spazi siano resi disponibili all’interno di un accordo quinquennale tra medici di famiglia e amministrazione comunale, accordo che recepisca i livelli di servizio, i programmi di prevenzione e cura delle cronicità, gli indicatori di qualità e di processo concordati tra Comune, medici di famiglia e cittadini in fase di progettazione. La concessione degli spazi è subordinata alla presenza sin dall’inizio di alcuni di questi requisiti.

Un punto di forza della proposta è il carattere di “aggregazione volontaria” tra Comune, medici e cittadini. Fuori dalla prospettiva “gerarchica” e omologante di ASL e Regione, gli accordi per le singole Case Mediche potranno, entro una cornice comune, individuare diverse modalità realizzative. E, si sa, in natura è la diversità che permette l’evoluzione.

 

Federico Robbiati*

 

*Comitati x Milano

 



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