1 maggio 2012

FINE DEL DIALOGO SU DARSENA E NAVIGLI FRA UN URBANISTA (B) E UN ARCHITETTO (A)


A – Siamo arrivati alla fine della nostra conversazione, durata parecchie settimane ed estesa a vari argomenti, molto dei quali all’inizio neppure immaginavamo di dover trattare.

B – Ci siamo divertiti; come se avessimo partecipato a un gioco.

A – Un bel gioco dura poco. Del resto anche Luca Beltrami Gadola invita a chiudere il divertimento; anzi, per citare le parole da lui stesso usate (ArcipelagoMilano n° 14, anno IV) consiglia di porre fine alla “ricreazione”. Ma torniamo ai nostri lettori; forse anche loro cominciano a essere stanchi; bisogna quindi trovare un nuovo e diverso tema, e iniziare un altro ciclo di conversazioni.

B – Come già a suo tempo era stato fatto; non solo quando ci era stato richiesto questo ciclo dedicato ai Navigli, ma anche quando si era pensato al ciclo precedente, destinato a commentare le piazze minori di Milano.

A – La possibilità di sviluppare argomenti in più puntate permette di approfondirli meglio e di affrontarli in modo più esauriente.

B – Ora è giunto il momento di chiudere questo ciclo, del quale credo si sia detto ormai quasi tutto.

A – Manca solo la conclusione finale: il nostro giudizio definitivo sull’operato del Comune di Milano; e l’esposizione di quello che noi pensiamo si debba fare.

B – Quello che si deve fare della Darsena e dei Navigli lo abbiamo già detto in più riprese, e ribadito in vari modi. Ora lo ripetiamo per l’ultima volta.

A – Anche perché sembra che pochi abbiano le idee chiare; e abbiano capito quale sia la semplicissima, elementare, unica soluzione del problema.

B –La Darsenache era un porto, deve tornare a essere un porto. Niente di più ovvio; niente di più semplice; niente di più facile.

A – Eppure sembra difficilissimo farlo entrare nella testa della gente. Nessuno ha dimostrato di aver afferrato questo banale concetto; nessuno lo ha espresso in parole semplici e sintetiche come hai fatto tu adesso.

B – Sembra, al contrario che si stia svolgendo una gara per assegnare alla Darsena le destinazioni più assurde. C’è chi la vuole far diventare un giardino di formazione spontanea; chi un luna-park dominato da una gigantesca ruota panoramica; chi una balera estiva e un luogo di ritrovo serale; chi un giardino acquatico, senza sapere esattamente che cosa ciò implichi; chi un mercato rionale; chi un laghetto paesaggistico, attraversato da ponti-belvedere.

A – Di tutte le stravaganti destinazioni escogitate la più offensiva è quella che vuole trasformare l’intera Darsena in un giardino pubblico.

B – Offensiva, perché?

A – Perché offendela Storia, insulta gli antenati, calpesta i lavori del passato. Farela Darsenaè costato secoli di fatica; ha richiesto lavori fisici immani; ha implicato sforzi mentali ardui e impegnativi.La Darsenache ci troviamo adesso non è nata per caso; non è il risultato di un passatempo. È l’esito conclusivo di un difficile lavoro, di un duro impegno, di una tenace applicazione. Annullare un’opera così eccezionale, per sostituirla con un banale e anonimo giardino, è un delitto. È anche un segno di stupidità; una dimostrazione di pessima gestione patrimoniale; una prova di insipienza amministrativa, applicata a un qualsiasi bene, sia esso pubblico, come è il nostro caso, oppure privato.

B – Stupidità? Pessima gestione patrimoniale? Insipienza amministrativa? Che cosa vuoi dire?

A – Voglio dire che il patrimonio accumulato nella Darsena vale mille volte più del patrimonio rappresentato da un giardino. Un giardino si realizza con facilità, in qualsiasi luogo e in ogni tempo;la Darsena, una volta distrutta, non si ricostruisce più. Quale amministratore di una ricca sostanza patrimoniale sarebbe così stupido da scambiare un bene di grande valore – unico, irripetibile, eccezionale – con un bene di poco valore, reperibile dappertutto, ottenibile facilmente in varie versioni, e infinite copie? Quale proprietario di una grossa sostanza butterebbe via e perderebbe per sempre il pezzo di maggior pregio tra i beni di sua proprietà, e lo sostituirebbe con pezzi di nessun valore che può trovare quando e dovunque gliene venga voglia? Ecco perché dico che la folle trasformazione della Darsena in un giardino è una grossa idiozia; una irrimediabile lesione del patrimonio materiale e civile della città; una criminale distruzione di un’opera di grande valore storico-edilizio; e tutto ciò solo per sostituirla con un banale giardino di nessuna necessità urbana. Eppure è desolante vedere tante persone, anche fra noti competenti di urbanistica, disposte a considerarela Darsenaalla stregua di un recipiente, di un grande contenitore vuoto, destinato, anzi condannato, ad assolvere ogni più balzana funzione; e mai rispondere all’unico scopo giusto, appropriato, pertinente; l’unico scopo per cuila Darsenaè nata e per cui deve sopravvivere: lo scopo di consentire un servizio di trasporto su acqua, la funzione di servire come porto fluviale.

B – Vi è una forma di libido, da parte di Amministratori Comunali, di urbanisti, di architetti: un bisogno sfrenato di riempire il bacino della Darsena con qualunque cosa si presenti alla mente, anche se ingombrante, incongrua, inopportuna. Si ha paura di lasciarla sgombra e intatta, come è sempre stata e come deve continuare a essere: una ampia, luminosa, libera distesa di acqua; una pausa di pace all’interno del fitto tessuto edilizio della città; un luogo di valore paesaggistico; un punto di ritrovo e di riposo; un momento di respiro, di silenzio e di tranquillità.

A – E anche una vivace occasione di curiosità e di divertimento, giacché nella Darsena si assisterà allo spettacolo dei natanti che approdano, salpano, e navigano lungo i due Navigli a essa collegati, quello Grande e quello di Pavia.

B – Non dimenticare, tra i Navigli percorsi da imbarcazioni, anche quello di Bereguardo, che si può rendere di nuovo navigabile demolendo un piccolo ostacolo presso il suo sbocco nel Ticino, non lontano da Pavia.

A – Il paesaggio della pianura padana, attraversata dal Naviglio di Bereguardo, è pieno di poesia. Nel suo percorso dal Naviglio Grande, presso Abbiategrasso, al Ticino, presso Pavia, il Naviglio di Bereguardo passa in mezzo a campi coltivati rimasti come una volta.

B – Un itinerario di grande attrattiva turistica e paesaggistica. Ma dai Navigli passiamo alla Darsena. Per tornare a essere un vero porto, capace di servire un intenso traffico fluviale,la Darsenadeve restare ampia, libera ed estesa come è adesso; non può perdere un solo metro quadro di acqua; non deve ridurre il suo bacino né sacrificare la sua superficie: altrimenti ostacolerebbe e impedirebbe il libero movimento delle imbarcazioni. Aggiungo chela Darsenadovrebbe ingrandirsi ancora di più; e spingersi ancora più in là, verso piazza Cantore, fino a lambire i due caselli daziari di Porta Genova.

A – Sarebbe un modo intelligente di valorizzare un insieme urbanistico – monumentale strettamente integrato alla Darsena; di mettere in evidenza le pregevoli architetture neoclassiche, contrapposte alle due estremità dello specchio d’acqua: i due caselli di Porta Genova da un lato; i due caselli e i propilei di Porta Ticinese dall’altro.

B – Ecco cosa significa avere in mente un disegno di città; immaginare spazi urbani con grandiosità e fantasia; concepire luoghi pubblici che siano imponenti, nobili, spettacolari; dare vita a quel concetto di “magnificenza civile” che Luciano Patetta aveva così bene illustrato in una mostra di molti anni fa.

A – E che adesso sembra sparito dalla mente dei nostri Amministratori, dei nostri urbanisti, dei nostri architetti.

B – Cominciamo dagli Amministratori. Barcollano nel buio. Non ascoltano le richieste della gente comune. Non seguono le indicazioni dei competenti. Lo dimostra la ripresa del progetto Bodin, progetto vincitore del passato e lontano concorso, bandito dal Comune quasi dieci anni fa, quando ancora trovava consensi l’idea insensata di realizzare un enorme parcheggio sotto il bacino della Darsena. Ora si vuole riesumare e resuscitare quello stesso progetto decurtandolo dal parcheggio, ma senza prendere nota delle novità sopraggiunte, cioè delle scoperte archeologiche venute alla luce durante le operazioni intraprese per prosciugarela Darsena.

A – La quale era stata completamente svuotata allo scopo di eseguire il parcheggio sott’acqua; poi, per fortuna, abbandonato per sempre.

B – Ora chela Darsenasi presenta totalmente prosciugata e vuota, non si possono ignorare le nuove recenti scoperte archeologiche: esse pongono delle domande e richiedono delle soluzioni. Che si intende fare delle tracce di mura spagnole affiorate sul fondo del bacino attualmente vuoto? Quale sistemazione si intende dare ai resti della primissima Conca, detta Conca di Santa Maria, costruita a metà del secolo XV, prima che venissero realizzate le Mura Spagnole? Come ci si comporta di fronte al fatto che quella stessa Conca sia rimasta sepolta e nascosta per secoli sotto le acque della Darsena? Ti pare possibile lasciare questi interrogativi – problematici, impegnativi, cruciali – privi di soluzione e senza risposta?

A – Considero deplorevole lasciare tanti dubbi irrisolti; eppure sembra che sia proprio così, giacché il Comune non dà ai progettisti nessuna indicazione precisa, e il vecchio progetto Bodin, come già abbiamo avuto occasione di osservare, non offre nessuna soluzione ragionevole. Di fronte a questo e ad altri altrettanto e gravi episodi Milano dà l’impressione di essere una nave alla deriva: senza meta, senza guida, senza bussola.

B – La mancanza di direttive riguarda anche la sorte della seconda Conca di Viarenna, quella sopravvissuta e ancora perfettamente visibile nella via omonima.La Concaoggi sembra camuffata alla stregua di una fontanella decorativa, adatta più ad abbellire un giardinetto di provincia che non a ricordare un manufatto storico da considerarsi ancora un documento di notevole importanza, perché, in passato, utile, costoso e ingegnoso. Si è creduto di poter nobilitarela Concaimmurando, nel falso muro che da pochi anni la sovrasta, una assurda e incongrua lapide.

A – Perché assurda?

B – Perché la lapide ricorda un atto di munificenza elargito da Ludovico il Moro, ma non ha nessun nesso con la nascita e la funzione della Conca di Viarenna, sulla quale è stata impropriamente posta. Per spiegarmi meglio trascrivo qui sotto il testo della lapide e la relativa traduzione:

“Cataractam sub salutiferae Virginis

Titulo in clivio extructam ut per

Inaequale solum ad urbis comoditatem

Ultro citroque naves commearent,

Fisco obnoxiam et vectigalem

Lodovicos Mediolanensis Dux

Fabricae Mediolanensis Ecclesiae

Dono dedit anno quo Beatrix Estensis

Eius coniux decessit1497”.

“Conca costruita lungo il pendio, sotto la benedizione della Vergine Salvatrice, affinché le barche possano risalire o discendere al servizio della città; conca soggetta a fisco e tributo, data in dote da Ludovico Duca di Milano alla Fabbrica del Duomo di Milano nel 1497, anno in cui morì sua moglie Beatrice d’Este.” Il riferimento alla Vergine trae origine dal nome di Santa Maria dato alla Conca.

Ora tu capisci bene perché la lapide è assurda. Essa si riferisce alla prima Conca di Viarenna, quella di proprietà ducale; rimasta sepolta per secoli sotto le fondazioni del Bacino; e infine ricomparsa alla luce, pochi anni fa, quandola Darsenaviene interamente prosciugata. La lapide, quindi, non ha nulla a che fare conla Concadi Viarenna ancora esistente, sul falso muro della quale oggi la vediamo impropriamente immurata. Ma perché lo chiami falso muro?

B – Perché il muro viene costruito quandola Concacessa di funzionare; ed è elevato sopra le porte, che alternativamente si aprono e si chiudono per far transitare le imbarcazioni dall’uno all’altro livello dell’acqua. Se a suo tempo ci fosse stato il muro le barche non avrebbero potuto passare.

La Concaesistente viene costruita sotto la dominazione spagnola a metà del XVI secolo (anno 1559 circa); al contrariola Concavenuta da poco alla luce è stata costruita sottola Signoriadi Filippo Maria Visconti, più di cent’anni prima. La lapide si riferisce alla prima chiusa e non alla seconda; e tuttavia è immurata nel falso muro della seconda. Ecco l’assurdità.

A – Sei stato esauriente. Ti vorrei soltanto chiedere ancora una notizia relativa ai progettisti e costruttori della prima Conca,la Concadi Santa Maria, che risale all’anno1439.

B – I progettisti sono due: uno è Filippino degli Organi da Modena, attivo anche nel cantiere della Fabbrica del Duomo; l’altro è Fioravante Fioravanti da Bologna. Entrambi esperti di costruzioni idrauliche che, come sai, sono più complesse delle costruzioni edilizie, giacché devono tener conto, oltre che dei carichi statici, anche delle spinte dinamiche generate dai liquidi.

Vorrei adesso aggiungere ancora qualche osservazione sulla navigazione che intendiamo riattivare lungo i Navigli e dentro alla Darsena. La navigazione presuppone chela Darsenanon venga concepita come un semplice specchio d’acqua, ma come un porto a destinazione turistica; una meta di partenza e di arrivo per battelli attrezzati a navigare lungo i due Navigli, Naviglio di Pavia e Naviglio Grande, nonché Naviglio di Bereguardo, se un giorno si decidesse di riattivarlo.

A – Infatti le mete di natura artistico – monumentale, raggiungibili con il sistema di navigazione da riaprire sui due Navigli, sono famose, ammirate e ricercate, anche da visitatori stranieri: basta pensare alla Certosa di Pavia, e alla stessa antica città di Pavia, a cui conduce il Naviglio di Pavia; oppure alla bella cittadina di Abbiategrasso, alla vicina Abbazia di Morimondo, e alle ville patrizie ubicate lungo le sponde del Naviglio Grande, in direzione di Magenta.

B – Tutte località raggiungibili comodamente e piacevolmente, per via d’acqua, perché lambite tanto dall’uno quanto dall’altro Naviglio.

A – Sarebbe un programma storico-turistico grandioso, entusiasmante. Anche in Italia si riuscirebbe a realizzare quello che all’estero da sempre è reso possibile, e ha raccolto grande successo: un itinerario attraverso un vasto territorio, in mezzo a una campagna incantevole; un viaggio interamente compiuto su canali navigabili. Conosco persone che hanno passato vacanze affascinanti navigando sulle reti d’acqua perfettamente funzionanti in Francia e in Gran Bretagna; hanno percorso in barca lunghi tragitti; superato numerose conche; ma sono anche scesi di frequente a terra per visitare vecchi villaggi e noti monumenti storici, spostandosi sulle biciclette portate con sé a bordo.

B – Basta pensare a questo magnifico programma per giustificare la riapertura dei Navigli; per ripristinare la loro navigazione; anche se non saranno più usati per il trasporto di merci, ma di persone; e se non avranno più una funzione di lavoro ma di svago e di cultura.

A – Lo scopo turistico riservato ai Navigli è indubbiamente il più ovvio e il più facile da immaginare. Tu sai, tuttavia che io ho sempre sostenuto un secondo scopo, altrettanto degno di considerazione.

B – Lo so bene – tu sostieni la navigazione da utilizzare anche per spostamenti di lavoro e per necessità pratiche e operative, non solo ricreative.

A – Infatti penso che l’afflusso dei pendolari provenienti da fuori Milano, e diretti al centro della città, possa svolgersi non soltanto in auto o in treno, ma anche su battelli attrezzati per il trasporto dei passeggeri, e per le operazioni di sbarco e di imbarco sulle banchine della Darsena. Pensa soltanto alla comodità di poter caricare sul battello la propria bicicletta; e poi, arrivati a Milano, scaricarla e usarla in città. Di una simile comodità non puoi godere se usi l’automobile; e neppure se viaggi in treno, perché alle stazioni di arrivo e di partenza devi attraversare lunghi sottopassaggi e superare rampe fisse e scale mobili.

Tu sai, inoltre, che vorrei ripristinare la navigazione nella Cerchia dei Navigli interni, creando il tratto dell’anello che passa davanti al Castello Sforzesco, tratto da sempre mancante, perché le acque si diramavano nei fossati scavati intorno alle mura fortificate del Castello; e vorrei istituire un servizio di trasporto urbano interno all’abitato, mediante due circolari, una destra e una sinistra; un nuovo tipo di trasporto effettuato non più, come avviene ora, da filobus su strada, ma, come spero in futuro, da battelli sull’acqua. Da quanto ti ho detto vedi che lo scopo della navigazione, sia all’interno sia all’esterno della città, non è più soltanto paesaggistico, come l’ha definito Luca Beltrami Gadola, ma è anche funzionale alla vita della città; è uno scopo urbanistico che riveste una specifica utilità pratica e non si limita a essere un piacevole diversivo panoramico.

Con la mia proposta penso di contestare quanti sostengono che il progetto di rendere navigabili i Navigli non sia di urgenza primaria, e che debba perciò passare in secondo piano di fronte ai problemi più impellenti, come le case popolari, gli asili, le scuole, gli ospedali, i ricoveri per anziani. Sono ben consapevole delle indiscutibili priorità, rappresentate dai servizi sociali sopraelencati. Per questo motivo sono cosciente che la mia idea sia destinata a rivelarsi una utopia. E tuttavia continuo a credere che sia giusto sognare una città che la presenza dell’acqua renderebbe meravigliosa.

B – Che sia un’utopia l’ho sempre sostenuto; ma tornando al mio progetto, ben più realistico, ti confesso che sono ugualmente preoccupato, perché esistono molti motivi che ostacolano un uso dei Navigli esterni, anche solo turistico.

A – Conosco bene quegli ostacoli e te li elenco subito. Qualcuno potrebbe avere la malaugurata idea di contrastare il progetto di valorizzazione turistica, sostenendo che l’affluenza di turisti non sarebbe sufficiente a remunerare la società di navigazione. Se venissero sollevate queste obiezioni che cosa risponderesti?

B – Risponderei a queste obiezioni invitando a considerare gli impianti turistico – sportivi di sciovie, seggiovie, funivie, installate in tante località alpine. Sono impianti che lavorano principalmente nei giorni festivi; eppure hanno un utile sicuro e costante. Altrimenti nessuno li costruirebbe. Anche per la navigazione sui Navigli si sa che la frequenza sarà più intensa solo nei giorni festivi e nei periodi di vacanza, ma ciò non esclude che gli utili saranno ugualmente assicurati e la gestione, se condotta con prudenza, sicuramente in attivo.

A – Qualcun altro potrebbe avere la malaugurata idea di stroncare il progetto di navigazione facendo notare che sul Naviglio della Martesana e su quello di Pavia sono stati recentemente costruiti alcuni ponti “a raso”, ossia non sopraelevati sul livello dell’acqua corrente. Del resto avevamo già notato lo stesso inconveniente la volta scorsa. I ponti “a raso”, che rendono impossibile la navigazione, sono la conseguenza dello sciagurato declassamento sancito di recente a danno dei due Navigli sopracitati, con l’intenzione di destinarli d’ora in avanti a essere usati non più come Navigli, ossia come canali navigabili, ma solo come canali di irrigazione. Di fronte a questa reale e incontestabile constatazione, che cosa risponderesti?

B – Risponderei che la demolizione dei due o tre ponti “a raso” oggi esistenti rappresenta un costo trascurabile di fronte allo stanziamento complessivo richiesto dal restauro integrale e dal recupero dei due Navigli. Sono obiezioni, queste che mi enunci, generate dalla gretta visione dei tecnici comunali, propensi a una miope gestione amministrativa, strettamente burocratica.

A – Mentre la gestione dovrebbe essere condotta con criteri politici, strategici, volti ad assicurare il bene futuro della città; e quindi lungimiranti, di ampio respiro, coraggiosi.

B – E anche generosi. Perché per intraprendere azioni audaci non basta lucidità di mente, occorre anche slancio di cuore, disponibilità d’animo, ricchezza di sentimenti.

A – Sono qualità che ancora non si vedono nel Sindaco da noi votato e neanche negli Assessori da lui scelti. Il loro maggiore torto è l’incapacità di instaurare una gestione veramente democratica. Essi dovrebbero comunicare alla cittadinanza le scelte politiche che di volta in volta vengono prese, e dovrebbe ascoltare i suggerimenti che i cittadini di volta in volta sono in grado di offrire, ricorrendo alla loro diretta esperienza delle situazioni e dei fatti. Ti faccio un esempio eloquente. Questo nostro dialogo sul settimanale ArcipelagoMilano si protrae ormai da molte settimane; e tocca un considerevole numero di problemi cruciali, relativi a un argomento, tutt’altro che marginale per la città di Milano. Intendo riferirmi al futuro destino della Darsena e dei Navigli. Durante il dialogo sono emersi concetti e fatti di importanza primaria; e sono stati dati ripetuti giudizi sul Comune e sul suo operato, giudizi non sempre lusinghieri. Ma sono stati anche offerti suggerimenti costruttivi e abbozzati programmi realistici e fattibili. Possibile che in Comune nessuno si sia accorto delle nostre conversazioni? Nessuno abbia preso nota delle nostre critiche? Nessuno abbia valutato la fattibilità dei nostri consigli? Possibile che il Sindaco non possieda una squadra di collaboratori, attenti e informati, capaci di registrare quanto viene pubblicato di volta in volta su quotidiani e periodici cittadini? Ecco una delle tante prove che dimostrano quanto sia grande e deplorevole mancanza di dialogo fra cittadini e Amministrazione, quanto sia assente una reale partecipazione della popolazione alle scelte del Comune.

B – Per una coalizione politica di sinistra questa mancanza di dialogo è una colpa grave. Il nostro giudizio non può che essere negativo.

A – E come tale, per ragioni di lealtà, neppure può restare nascosto più a lungo e celarsi sotto due sigle sconosciute; non può rimanere un giudizio dato da ignoti; non può continuare a mascherarsi sotto due anonime lettere dell’alfabeto. È giunto il momento di finire la recitazione e gettare le maschere. Qual è il tuo nome?

B – Il mio nome è Gianni Beltrame. E il tuo?

A – Il mio è Jacopo Gardella.

A e B, parlando insieme – Abbiamo discusso con passione; speriamo che i lettori ci abbiano seguito con interesse.

 

FINE

 

Jacopo Gardella ringrazia il Professore Gianni Beltrame per le dettagliate notizie storiche cortesemente fornite durante la stesura di questo articolo.

 



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