1 maggio 2012

ESODATI A MILANO


Si aggira una nuova figura sociale: l’esodato. Avete capito bene esodato, a Milano si penserebbe al Seveso esondato per l’ennesima volta, invece è un nuovo protagonista a cavallo tra il pensionando e il disoccupato. In Lombardia sono stimati in più di 50.000, anche nella nostra città sono un numero considerevole, sopratutto per le specificità di alcuni comparti post-industriali e dei servizi. Ma andiamo con ordine. La riforma varata dal Governo Monti è intervenuta pesantemente sul fronte dell’età pensionabile, i nati nel ‘52 e ‘53 in particolare si sono visti allontanare il traguardo della pensione di tre, quattro e addirittura cinque anni.

Fin dall’inizio ci si è posti il problema di salvaguardare, garantendo loro di andare in pensione con i requisiti in vigore, quanti hanno perso o non hanno più il lavoro. Cosi sono state individuate delle deroghe a favore delle categorie più coinvolte: i lavoratori in mobilità, quelli in prosecuzione volontaria, cioè che versano per conto proprio i contributi all’INPS, e quelli inseriti nei fondi di solidarietà, un prepensionamento che riguarda i bancari. Questi sono i cosiddetti derogati, circa 350.000 secondo le stime. La deroga fa ormai parte della politica italiana, in particolare di centrosinistra, dove, di fronte a statuti che limitano, per esempio, a due mandati elettivi, si trovano sempre delle deroghe, dal Senato all’ultimo Consiglio di Zona.

Salvati i derogati, e approvato con il voto di fiducia il decreto salva Italia, ci si è accorti che c’era un’altra categoria di lavoratori in difficoltà: quelli che avevano sottoscritto accordi di esodo con i datori di lavoro, negoziando extraliquidazioni a copertura del periodo che li separava dall’accesso alla pensione, che, a seguito delle nuove norme si allontana nel tempo. Nel decreto Milleproroghe, si è cercato di inserire gli esodati tra i derogati, ma non sono stati trovati i fondi per garantire la pensione e di grandi possibilità non ce ne sono, si è parlato di un’accisa sulla benzina, ma gli effetti sarebbero negativi per l’intero paese e aumentare la contribuzione per disoccupazione e ammortizzatori significa togliere risorse alla riforma del lavoro e ai giovani.

Abbiamo anche assistito a un battibecco tra il ministro Fornero e il sottosegretario al tesoro Polillo che aveva parlato di una generica soluzione, a dimostrazione che anche i tecnici dimenticano la loro freddezza professorale. Secondo Polillo infatti “Gli esodati hanno firmato un accordo con le aziende: se cambiano le condizioni che hanno legittimato quell’accordo, possono chiedere che quell’accordo sia nullo” peccato però, come evidenziato dallo stesso”, la percorribilità di quest’ipotesi è tutta da verificare a partire dalla disponibilità e dalla possibilità delle aziende di riaccogliere gli esuberi”.

L’ultima ipotesi, sostenuta dal ministro Fornero è di utilizzare almeno per gli esodati più anziani l’Aspi, un nuovo acronimo che dovremmo imparare bene, infatti si tratta dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego, che sostituirà quanto non rientra nella Cassa Integrazione Straordinaria e cioè indennità di mobilità, incentivi di mobilità, disoccupazione per apprendisti, una tantum co.co.pro e altre indennità, ma, come ripetuto non è certo ed è limitata a 1.119 Euro. Nei prossimi giorni vedremo come sarà difficilmente risolta la questione, ma qualche piccola riflessione si può fare.

Gli esodati sono un paradigma dell’Italia: la situazione è talmente complessa e degenerata che neanche dei presunti tecnici sono in grado di trovare una soluzione equa. Come ho già scritto, il prezzo più alto del decreto Salva Italia l’hanno pagato i pensionati e le liberalizzazioni sono sempre di più una chimera o peggio uno specchietto per le allodole. Infine, sono più che mai convinto che il conto più salato per l’appoggio a questo governo lo pagherà il centrosinistra, che ultimamente cerca di rappresentare solo pensionati e lavoratori garantiti. Ma, d’altra parte, avere aspettato venti anni, di cui molti passati a governare il paese, per metter mano seriamente a una riforma delle pensioni, è una responsabilità difficilmente eludibile.

 

Massimo Cingolani

 

 



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