12 marzo 2009

Fusione ATM-GTT


La progettata fusione delle due maggiori aziende di trasporto locale del nord Italia, l’ATM di Milano e il GTT di Torino, sembra procedere, pur con ricorrenti conflitti sul peso delle due città nella nuova azienda. L’ATM è grande circa il doppio dell’azienda torinese, e la fusione prospettata non ha contenuti direttamente produttivi, nel senso che i servizi erogati non possono fisicamente integrarsi in alcun modo, per banali considerazioni geografiche. Lo scopo dichiarato è quello di conseguire economie di scala (sinergie, è il temine in uso oggi) nelle forniture e nel management. Non moltissimo, visto che si tratta di aziende che sostanzialmente fanno andare autobus, e anche tram e metropolitane (ma queste ultime con tecnologie radicalmente diverse nelle due città).

La questione dominante che si pone è la seguente: i benefici per la collettività derivanti dalle economie di scala sopraccitate possono compensare la quasi impossibilità di avere dei concorrenti per una società bi-cittadina di queste dimensioni? Cioè per eliminare di fatto la competizione?

Si noti che i benefici per le due imprese sono certi e ovvi: i monopolisti hanno come obiettivo primario il mantenimento del monopolio, che ha come corollario il fatto che nessuno può conoscere la reale efficienza della produzione, l’economicità delle forniture ecc..

anche la sfera politica cittadina ha dei benefici: il “voto di scambio” con dipendenti e fornitori, la possibilità di collocare in posizioni molto ben retribuite politici o amministratori a fine carriera, quando non di peggio. E’ il ben noto scenario che gli economisti definiscono di “cattura”, cioè una situazione di scambi di favori, in cui l’interesse collettivo primario di avere buoni servizi a costi bassi è rapidamente dimenticato.

La riprova di queste affermazioni è riscontrabile nell’andamento del centinaio di gare finora fatte per l’affidamento dei servizi di trasporto collettivo. Si noti per inciso che questa forma di timida liberalizzazione non ha alcuna implicazione sociale negativa: le gare vengono fatte a servizi, frequenze e tariffe date, cioè salvaguardando integralmente la socialità dei servizi (nulla a che vedere con una liberalizzazione radicale dei servizi).

Ebbene, le gare fatte sono state vinte nel 99% (letteralmente) dei casi dall’impresa (pubblica) che operava prima, generalmente posseduta dall’amministrazione che giudicava la gara (con un vistoso conflitto di interessi). Cioè l’obiettivo di selezionare le imprese più efficienti era vistosamente inesistente, non interessava affatto che si potessero abbattere gli astronomici costi di produzione del servizio (molto più alti che nella media europea, come le tariffe sono molto più basse della media europea, rendendo massimo il costo di ripianamento dei deficit).

Persino l’Antitrust è intervenuta, perché alcune alleanze tra imprese esplicitavano l’obiettivo di impedire la concorrenza.

Sui fenomeni di “cattura” c’è anche da segnalare una dichiarazione pubblica (di molti mesi fa) dell’assessore Croci: a chi gli chiedeva quale fosse la fonte del suo giudizio sull’elevata efficienza dell’ATM rispose candidamente che era la stessa azienda, né che lui aveva motivi di dubitare della correttezza di tali informazioni.

Per concludere: l’onere della prova che le economie di scala superino gli svantaggi del rafforzamento del monopolio tocca al decisore pubblico, che deve tener presente che fatti 100 i costi di far viaggiare un autobus in Italia, sono circa 50 in Inghilterra, e circa 80 in Francia. E la via maestra da percorrere per abbassare i costi è proprio quella seguita a Londra: 500 lotti molto piccoli messi in gara (gruppi di linee), con l’ovvia possibilità di accorpare le offerte; meno di una decina di vincitori (in questo modo si è lasciato al mercato di esprimere le vere economie di scala), e riduzione dei costi del 30% a servizi dati. Il che può voler dire, a parità di fondi pubblici disponibili, il 30% dei servizi in più, o, nel caso milanese, praticamente l’azzeramento delle tariffe.

L’opposto esatto dell’attuale progetto (bipartisan) Mi-To; ma certo occorre che l’obiettivo politico sia tutelare l’utenza dei trasporti pubblici, non gli “scambi di favori” con le imprese comunali.



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