12 marzo 2009

Fusioni un affare non per i consumatori


“Affari e Finanza” di Repubblica del 2 marzo annunciava con un certo trionfalismo che le utility del Nord-Ovest si stanno apprestando a nuove, imponenti fusioni e aggregazioni. Iride (Torino e Genova) si fonderebbe con Enìa (Piacenza, Parma e Reggio Emilia) e potrebbe intrecciare una trattativa con A2A (Milano e Brescia) e consolidare una parte di Edison, che è controllata da EdF e da una cordata italiana che ha come soci principali proprio A2A ed Enìa. Ai margini scalpita anche Hera (Bologna, Modena, Ravenna e altri comuni) che al momento è rimasta esclusa dal matrimonio fra Iride ed Enìa ma sembra non abbia perso le velleità.

L’interesse dei manager in queste operazioni, e dei politici delle amministrazioni che stanno a monte, è piuttosto evidente. I manager e i consiglieri, che sono pagati con retribuzioni basate su benchmark in cui conta la dimensione aziendale, guadagnerebbero di più. Adesso si è imparato anche a compensare i tagli dei posti nei Consigli di amministrazione: prima i consigli di due società che si fondevano, da due diventavano uno. Adesso si passa dal sistema unitario a quello dualistico e i consigli si moltiplicano. Se la società A e la società B avevano ciascuna un consiglio di 20 membri, adesso la società fusa A+B ha un consiglio di sorveglianza e uno di gestione, ciascuno appunto con 20 membri.

Anche i politici aumentano d’importanza. Civicum il 4 marzo scorso nella presentazione del rapporto 2009 sui bilanci delle società controllate dai maggiori comuni italiani ci ha spiegato che le aziende municipali spendono il doppio della spesa in bilancio dei singoli comuni che le controllano: gli assessori di Milano adesso possono dire di controllare anche la spesa di Brescia e possono sedersi al tavolo di qualsiasi trattativa da posizioni di maggior forza. I sei comuni monitorati da Civicum controllano 338 società, che dispongono di 523 poltrone fra amministratori e sindaci che percepiscono emolumenti annui mediamente sui 50/60.000 euro ciascuno. Questa è la nomenclatura varata dalla politica locale e che ad essa risponde riconoscente.

Quello che è più arduo capire è il beneficio che gli utenti traggono da queste fusioni. Si potrebbe pensare che le riduzioni di costo che nascono dalle fusioni (in gergo si chiamano sinergie) consentano poi delle riduzioni di prezzo, ma questo non è, perché i prezzi dell’energia elettrica e del gas, ad esempio, dipendono dall’Autorità o dalle rispettive Borse, sulle quali ultime il peso delle aziende di cui abbiamo parlato non ha influenza significativa. Quando queste aziende sono nate a inizio del secolo scorso, la ragione principale della nascita era di sottrarre le famiglie ai prezzi dei monopolisti privati locali. Questa ragione non esiste più.

Si potrebbe pensare che le sinergie (ma quali poi, forse che una squadra di manutentori di Brescia può occuparsi anche degli utenti di Milano?) portino all’aumento della redditività delle aziende e quindi ai dividendi per i singoli comuni: questo per il momento non si può ancora dire.

Il dividendo erogato da alcune utilities quotate, in relazione % al valore di Borsa allo stacco della cedola.

Fonte: Civicum, 2009

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Le fusioni di cui ho parlato hanno avuto effetti recenti (A2A dal 1° gennaio 2008) e i bilanci relativi non si sono ancora visti. Nel caso di A2A il Comune di Milano sembra averci guadagnato una trentina di milioni (ma Brescia avrebbe perso), che però risultano annegati nei sussidi ricevuti per far fronte agli investimenti. E i sussidi sono di tasca dei contribuenti.

Investimenti e dividendi per cittadino residente (dalla somma delle utilities municipali), 2007.

Fonte: Civicum, 2009

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Grosso modo ogni cittadino milanese (Civicum, 2007) avrebbe ricevuto 82 € di dividendi e 340 € d’investimenti, pagati però con 388 € di sussidi. Il saldo attivo è di soli 34 € procapite.Si potrebbe pensare che la maggior massa critica faccia risparmiare sugli acquisti: ma francamente per contrattare con Gazprom ci vuol altro.

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Alcune Utilities in Borsa a fine anno (indici di prezzo: 1° gennaio 2003= 100)

Fonte: Civicum, 2009

Infine si potrebbe pensare a un beneficio patrimoniale: le aziende fuse varrebbero di più della somma delle due. Ma questo ragionamento, in questi tempi di tracollo del mercato mobiliare, non si può fare. Resta la qualità del servizio: Milano può imparare da Brescia o viceversa? Chissà.



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