17 aprile 2012

CHE L’ARTE FERITA DELL’AQUILA ‘VADA A RAMENGO’!


Tre generazioni di restauratori hanno intrapreso una ricerca encomiabile: cercano genitori adottivi per le opere d’arte travolte e danneggiate dal sisma dell’Aquila come da uno tsunami. Grazie al talento, all’entusiasmo e alla curiosità che hanno animato e animano tuttora tutta la famiglia – a partire da Mastro Guido alle prese già nel primo dopoguerra nel retrobottega del suo negozio di barbiere con vecchie tele recuperate al mercato delle Pulci di Torino – questa piccola dinastia di artigiani (il Patriarca Guido Nicola, con la moglie, i figli Gian Luigi e Anna Rosa con i rispettivi coniugi e figli) ha dato vita in oltre mezzo secolo a una vera bottega rinascimentale di restauro, nota e apprezzata in Italia e in Europa ).

L’obiettivo perseguito per decenni con sapienza e determinazione di recupero di tele, affreschi e stucchi ha fatto sì che i Nicola siano stati insigniti nel 2002 del premio Rotondi ai Salvatori dell’Arte, intitolato allo scomparso Soprintendente Pasquale Rotondi, con l’intento di segnalare le figure che si sono contraddistinte in Italia e nel mondo nell’arte di salvare l’arte. A Sassocorvaro i Nicola hanno avuto modo così di incontrare i Vigili del Fuoco dell’Aquila, premiati a loro volta per il salvataggio e la messa in sicurezza di tante opere d’arte sotto le macerie della città lacerata dal terremoto dell’aprile del 2009 e di apprezzare la campagna di adozione di opere appartenenti a chiese danneggiate dal terremoto d’Abruzzo lanciata dal Museo Arca dell’Arte.

L’incontro ha fatto scattare la scintilla e Anna Rosa racconta che tutti i Nicola hanno subito sentito di dover assumere l’impegno di adottare una delle opere sofferenti Il ritrovamento della Croce, tela del XVII secolo del pittore Giulio Cesare Bedeschini, che nella Chiesa di San Francesco di Paola aveva preso la forma delle macerie e attendeva che mani esperte riparassero gli squarci con sapienti suture. Mastro Guido non è nuovo a interventi generosi in soccorso dell’arte in situazione di emergenza, come quello dopo l’alluvione di Firenze nel 1966, quando contribuì a risanare i muri dalla forte umidità per consentire la ricollocazione degli affreschi staccati.

E questo in favore dei dipinti dell’Aquila è più che un gesto simbolico, più di un’iniziativa che si esaurisce in un atto di generosità: la prima adozione per i Nicola vorrebbe essere il volano per preservare opere che sono patrimonio collettivo dell’umanità e hanno bisogno di prendere temporaneamente ‘casa’ nella bottega di Aramengo per tornare poi nelle loro sedi originarie all’Aquila. Ci stanno provando con una sottoscrizione di certificati di adozione che necessita di un impegno collaborativo, avviato con l’iniziativa ‘Un presepe per l’Aquila’ allestito da Anna Rosa con un meticoloso lavoro artigianale curato nei più piccoli dettagli, come soltanto un’esperta della ‘restituzione estetica’ può saper fare con tanta abilità.

Facciamo circolare questa bella iniziativa con il passaparola: la lista delle opere d’arte che possono essere adottate per il restauro è disponibile sul sito dell’Arcidiocesi dell’Aquila.

Ecco svelato l’auspicio del titolo: che le opere danneggiate dell’Aquila possano ‘andare a ramengo’, cioè possano raggiungere il laboratorio di restauro dei Nicola ad Aramengo, borgo del Monferrato che proprio grazie all’artigianato minuzioso di questa famiglia ha fatto perdere a questa espressione popolare la sua connotazione negativa (qui la giustizia sabauda confinava i detenuti condannati per reati finanziari), per farle assumere quella di una rinascita.

 

Rita Bramante



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