17 aprile 2012

cinema



IO STO CON SORRENTINO

Sto con Paolo Sorrentino il 4 maggio, giorno in cui verranno assegnati i David di Donatello. Sto con This Must Be the Place (Italia, Francia e Irlanda, 2011, 118′), sperando che riesca ad aggiudicarsi gran parte delle quattordici statuette a cui concorre. Di solito non considero un premio fondamentale per “sancire” la bravura di un regista o la bellezza di un film; ma questa volta la passione supera la razionalità.

Sto con Paolo Sorrentino perché – ancora una volta – è riuscito a creare cinema senza dare eccessivo peso alla trama: racconta di Cheyenne (Sean Penn, magnifico!), un po’ rockstar un po’ bambino, e della favola di un suo percorso fisico e spirituale.

Sto con Paolo Sorrentino perché questa favola la racconta in maniera umile, sentendosi sempre un dilettante, nonostante i successi dei suoi film precedenti. Si sente piccolo Sorrentino, e forse proprio per questo riesce sempre a inventare storie grandi.

Sto con Paolo Sorrentino perché – come in altri suoi film – anche This Must Be the Place parte da una situazione verosimile e la narra in modo inverosimile, a tratti grottesco. Trasforma l’ironia in arte come riusciva a fare Federico Fellini.

Sto con Sorrentino perché le sue storie non hanno bisogno del documentario, sono finte, nascono dalla curiosità e finiscono nel sogno.

Sto con Sorrentino per la sua genialità semplice e perché è un noioso e, come lui stesso dice, «la noia e la neutralità fanno nascere la scintilla della creazione».

Sto con Sorrentino perché è un Autore che segue ogni dettaglio: dalla scrittura alla musica alla fotografia. Come François Truffaut sa che il regista deve essere un “dittatore”.

Sto con Sorrentino perché Cheyenne è bello e Sean Penn è bravo, e considera Sorrentino «uno dei pochi maestri di cinema oggi in circolazione».

Paolo Schipani

Clicca qui per visualizzare le Candidature ai Premi David di Donatello.

 

 

POLLO ALLE PRUGNE

di Vincent Paronnaud, Marjane Satrapi [Poulet aux prunes, Francia, Germania, 2011, 91′]

con Mathieu Amalric, Edouard Baer, Maria de Medeiros, Golshifteh Farahani

Nasser Ali (Mathieu Amalric), talentuoso violinista iraniano, decide di non sopravvivere alla distruzione del suo violino. Sua moglie Faringuisse (Maria de Medeiros) glielo ha strappato violentemente dalle mani e lo ha gettato spietatamente a terra con la noncuranza che si attribuisce agli oggetti comuni. Allo strumento in legno che accompagna da sempre Nasser Ali in concerti ed esercitazioni, il protagonista conferisce invece un valore che supera la semplice materialità. Le sofferenze causate dall’amore per Irane (Golshifteh Farahani), soffocato dalle inflessibili decisioni di un padre conservatore, avevano trovato sollievo solo nel suono delicato e armonioso del suo violino.

Nell’Iran monarchico raccontatoci da Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, le passioni vengono schiacciate da un sistema ancora imbrigliato in rigide consuetudini. Il cuore lascia spazio allo stomaco, Faringuisse non trova altra soluzione che un pollo alle prugne per provare a riaccendere nel marito il desiderio di vivere. Tuttavia, quell’insieme di legno e corde che giace sul pavimento è poeticamente ciò che resta del cuore di Nasser Ali. Non dello stomaco. Il pollo alle prugne non può certamente salvargli la vita.

Dopo i personaggi di animazione, protagonisti di Persepolis, Marjane Satrapi decide di utilizzare attori reali. Se però in Persepolis con la grazia del fumetto, la voce e la regia queste creature erano diventate veri e propri personaggi, inspiegabilmente in Pollo alle prugne gli attori in carne e ossa finiscono rinchiusi nei loro costumi dando l’impressione di non aver mai compiuto il passaggio dal fumetto alla pellicola cinematografica.

Marco Santarpia

In sala a Milano: Eliseo, Gloria Multisala

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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