12 marzo 2009

Cosa farai da grande?


La scelta dell’indirizzo scolastico da seguire dopo la conclusione della scuola media è la prima vera opzione che una famiglia si trova a compiere in relazione alle prospettive professionali dei propri figli: atto che assume un significato particolare in questo momento di crisi economica e di perdurante e grave incertezza sul futuro dell’assetto della scuola secondaria superiore.

In provincia di Milano poi riguarda proprio tutti: infatti la frequenza a un’attività formativa interessa in pratica la totalità della popolazione tra i 14 e i 18 anni. Però il picco è stato raggiunto nell’anno scolastico 2006/2007, col 93% dei giovani iscritti, mentre nel 2007/2008 ci si è fermati all’89,8% e quest’anno pare che vi sia stata una diminuzione ancora più netta. Questi dati – forniti dal Servizio statistica dell’Assessorato all’Istruzione della Provincia di Milano – non segnano certo un crollo della scolarizzazione, ma non devono essere sottovalutati: potrebbero forse indicare un abbandono degli studi dopo la terza media da parte di una fascia ancora ridotta, ma non irrilevante di ragazzi.

Nel corso degli ultimi anni le scelte delle famiglie si sono orientate nettamente verso i licei: nel 2003/2004 gli iscritti ai corsi liceali erano il 45,3%, l’anno scorso il 50,3%; altrettanto netto il calo di coloro che hanno preferito l’istruzione tecnica: nel corso degli stessi anni si è passati dal 34,7% al 30,6%. Stabile, invece, attorno al 19,5% la scelta dell’istruzione professionale.  La crisi riguarda soprattutto gli Istituti tecnici industriali e trova riscontro anche nel giudizio degli studenti: infatti una recente indagine sulle attese e le delusioni dei ragazzi del biennio segnala che la percentuale degli studenti degli ITIS molto critici verso la preparazione che stanno ricevendo (e quindi poco motivati a studiare bene e con continuità) è del 30,5%, mentre negli Istituti commerciali e assimilabili la percentuale è meno della metà, esattamente il 14,9%.

Che valore attribuire a questi dati? Penso che si possa arguire che nella trasformazione profonda dell’assetto produttivo e occupazionale della provincia di Milano gli Istituti commerciali sono riusciti a rispondere meglio alle richieste del mercato del lavoro, e quindi danno maggiore fiducia e sicurezza agli utenti. Apprezzato da molte famiglie è infine il liceo scientifico tecnologico, che nel corso degli ultimi anni ha avuto un vero e proprio boom e oggi in provincia di Milano conta circa l’11% degli iscritti. Ottima scelta, naturalmente, si tratta di un corso di studi serio e interessante: peccato però (sembra incredibile!) che nel riordino della secondaria superiore predisposto dal ministro Gelmini questo indirizzo di studi, salvo ripensamenti, venga soppresso!

A questo punto si impone una riflessione: se la scuola italiana è in una situazione di stallo per alcuni aspetti drammatico, lo è perché anno dopo anno sta perdendo la capacità di rispondere alle attese di chi la frequenta. Questa è la situazione che si vive nelle scuole secondarie superiori della città e della provincia di Milano, cioè di un territorio socialmente e culturalmente abbastanza omogeneo, con notevole offerta formativa, con forte densità scolastica, con sbocchi occupazionali ancora elevati. Mi sembra che la ragione stia soprattutto nel fatto che dopo un tentativo di riforma in senso moderatamente progressivo e attento alle più macroscopiche dinamiche sociali, messo in atto ma fallito alla fine degli anni Novanta, in questo ultimo decennio nelle scelte politiche relative alla scuola è prevalsa un’ispirazione non solo conservatrice, ma ampiamente volta alla restaurazione, impostazione che sta trovando il suo apice nelle iniziative dell’attuale ministro dell’Istruzione. Mentre bisognerebbe compiere uno sforzo per individuare soluzioni nuove ai tanti problemi esistenti, molti pensano di poter trovare risposte adeguate tornando alle modalità formative esistenti prima che i problemi sorgessero; ma è inconcepibile pensare che la scuola degli anni Cinquanta possa essere in grado di rispondere alle esigenze di formazione, di cultura, di preparazione professionale oggi necessarie.

La scelta di “cosa fare da grande” è per ogni ragazzo un importante momento di maturazione psicologica. Proprio per questo motivo non bisognerebbe mai trascurare il coinvolgimento del giovane nel momento in cui gli adulti procedono a decisioni che lo riguardano, semplici o combattute che siano. Chi non è soggetto attivo (non esclusivo, ma attivo) in questo importante passaggio della vita, avrà una forte tendenza in tutto il suo percorso scolastico a non sentirsi responsabile e reattivo di fronte alle difficoltà. Si è rilevato che ben il 31% di coloro che si sono sentiti imporre dalla famiglia o da un altro soggetto dotato di autorità (ad esempio gli insegnanti della scuola media) il tipo di scuola che stanno frequentando dichiarano di essere pentiti della scelta: in questa situazione lo studente spesso vive con disagio gli anni di scuola, sentendosi per lo più come un ospite poco gradito o addirittura come un carcerato in attesa di ottenere la libertà e così dedica alla propria formazione il minor impegno possibile.



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