10 aprile 2012

IMMOBILIARE SANITÀ: LA LUNGA MANO DELLA REGIONE


Il presidente regionale è passato indenne attraverso una moltitudine di scandali, dalla vicenda delle tangenti sulla ricostruzione in Valtellina, a quella sulla discarica di Cerro e poi Oil for food, fino ai più recenti, riguardanti gli assessori Prosperini, Nicoli Cristiani, Boni, per finire con il San Raffaele, l’ultimo di una sequela di tristi episodi riguardanti il mondo dell’eccellenza sanitaria lombarda. Stupisce dunque l’attivismo di Formigoni, che davvero non conosce sosta e non si lascia affatto scoraggiare dalle intemperie giudiziarie.

In realtà questo probabilmente lo si deve al fatto che in Lombardia non è all’opera semplicemente una conventicola affaristico-clientelare, ma una vera e propria macchina da guerra, complessa, differenziata e con centri di potere parzialmente autonomi. In sostanza una grande macchina istituzionale, con un forte centro di comando che pur tuttavia non ne compromette la natura di “macchina complessa”. È un modello interessante, di cui ancora non sappiamo tutto e che non sarà facile decostruire. È quindi opportuno metterci le mani fin d’ora, nella consapevolezza che qualsiasi operazione vagamente consociativa non può che rafforzare una macchina che ha cominciato da tempo ad avere vita propria, con le sue logiche, i suoi dispositivi di controllo e i suoi feedback istituzionali, economici e di potere.

Se c’è un luogo dove ancora oggi è adattabile il modello delle “casematte” gramsciane, probabilmente questo luogo è proprio la Lombardia. Per questo, un po’ inconsciamente, un po’ realisticamente, un po’ opportunisticamente, le varie anime dell’opposizione hanno ondeggiato in questi anni tra politiche velleitarie, ammiccamenti, richieste di dimissioni, sempre senza successo. Perché le casematte sono strutture complesse e la loro conquista richiede qualche sacrificio, di uomini o di consenso, oltreché, appunto, una politica complessa, capace di fondare un diverso e alternativo principio di egemonia.

Recentemente la politica lombarda si è arricchita di un nuovo tassello: un progetto di legge recentemente approvato dal Consiglio Regionale prevede la possibilità che il patrimonio immobiliare delle pubbliche amministrazioni, tra cui Asl e aziende ospedaliere, possa essere venduto, dismesso, valorizzato, riqualificato o gestito attraverso società o fondi immobiliari appositamente costituiti e promossi dalla Giunta Regionale. È una delle misure previste per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione. Siccome, lo dicono in tanti, il paese ha un grande patrimonio che non aspetta che di essere valorizzato, la Lombardia comincia a portarsi avanti.

Il punto ha sollevato critiche giuste, probabilmente attese, forse un po’ scontate e in definitiva inefficaci. “Formigoni decide per tutti, il patrimonio delle comunità è un lascito di generazioni di benefattori, ma chi si crede d’essere il presidente?!” Formigoni risponde che non è così, che tutto è fatto per il benessere della collettività, che sarà richiesto l’accordo di tutti, che nulla andrà perduto dell’eredità degli avi, che tutto il ricavato sarà riutilizzato per gli stessi fini di servizio per i quali era stato donato, ecc.

Però, come abbiamo visto, la gestione della sanità in Lombardia, non è stata certo un modello di rigore istituzionale e ha lasciato grande spazio ad affaristi, visionari e farabutti. Ad esempio, il provvedimento regionale che impone agli istituti di ricovero di rilasciare ai pazienti dimissionari la documentazione delle spese sostenute non è affatto dovuto a ragioni di trasparenza, altrimenti sarebbe stato introdotto ben prima. Al contrario, è un’operazione postuma volta a creare una sorta di linea difensiva rispetto a quanto emerso nella vicenda San Raffaele. Come a dire: “Siamo stati troppo buoni, ci imbrogliavano coi drg (raggruppamenti omogenei di diagnosi, ndr), dichiaravano prestazioni più remunerative di quelle effettivamente realizzate, e né noi né i pazienti ce ne accorgevamo, ma adesso non potranno più farlo”. E invece sapevano tutto, Formigoni sapeva tutto, e hanno lasciato fare. Per don Verzé, per loro stessi e per il bottino.

“La macchina”, l’idrovora, ha bisogno ha bisogno di essere alimentata. In Lombardia la sanità incrocia interessi enormi, legati non solo al volume delle spese e al valore degli appalti di settore, ma connessi direttamente con la valorizzazione delle aree e col business delle bonifiche per esempio. Non basta l’aver creato uno spazio normativo adeguato, come la legge 12 sul governo del territorio, emanata all’apice della bolla ma pervicacemente operativa nella depressione, occorre predisporre, o almeno preparare il terreno, per la realizzazione di strumenti operativi adeguati. La crisi e i ragionieri di stato hanno da tempo individuato il nuovo bacino da saccheggiare, il patrimonio immobiliare pubblico, i maghi della finanza hanno predisposto lo strumento, il fondo immobiliare, preferibilmente speculativo.

Si tenga presente che fino al ’98 in Italia i fondi immobiliari non esistevano, non erano permessi, a differenza degli altri tipi di fondi. Tolto il divieto, è stato un crescendo, per numero, per quantità di beni conferiti, per valori stimati. Ovviamente questi fondi non hanno attraversato indenni la crisi finanziaria, di cui portano anche qualche responsabilità, ma conservano un certo fascino, perché danno la sensazione, e per certi versi consentono, di giocare sulla aleatorietà dei valori. Un fondo immobiliare, in sé, può essere uno strumento di valorizzazione di un bene solo perché all’interno del fondo un singolo bene è mischiato con una quantità di altri beni e le quote del fondisti non sono più rappresentative dei singoli beni conferiti, ma sono indivise: ognuno è proprietario, per la quota percentuale che possiede, di tutto il patrimonio conferito nel fondo, alla cui valorizzazione provvede un soggetto terzo, una società di gestione risparmio.

Lo scopo di un fondo immobiliare, così come di qualsiasi altro fondo di investimento, è unicamente la valorizzazione finanziaria del patrimonio, a beneficio dei quotisti. Al fondo, si dice, potranno partecipare soggetti privati, anche se non si chiarisce ancora come, se con l’apporto di altri immobili o con nuova finanza. La domanda è: per gestire ospedali dismessi e immobili pubblici è davvero utile uno strumento del genere? Chiunque può intravvedere i rischi di una simile operazione, se davvero si realizzerà. Ma c’è di più. La Regione Lombardia, anche in anni recenti ha fatto operazioni piuttosto dubbie e avventate, come la realizzazione del nuovo ospedale di Bergamo, costruito in zona pericolosa per l’altezza della falda acquifera. Appena inaugurata, la struttura ha cominciato a presentare il conto, e non è cosa da poco, tanto che ci hanno messo gli occhi la corte dei conti e la procura.

Un fondo immobiliare è un modo creativo per fronteggiare le rigidità dei bilanci di previsione e gli sperperi del passato, basta attribuire ai beni valori “di bolla” anche in tempi di crisi. Formigoni risponde alle critiche dicendo che non c’è nulla di obbligatorio, che il progetto di legge prevede semplicemente la possibilità di andare in questa direzione. Appunto, è un passo in quella direzione. È la direzione che non ci piace.

 

Mario De Gaspari

 



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