12 marzo 2009

Sicurezza a Milano


Se si chiedesse a qualsiasi persona di passaggio a Piazza del Duomo cosa pensa della sicurezza, 99 su 100 risponderebbero  a tono sull’intreccio mediatico extracomunitari- criminalità-degrado. Uno solo, forse, troverà nella parola “sicurezza” l’occasione per un accenno a quella particolare ma generale questione che riguarda la sicurezza sul lavoro.

Eppure i numeri parlano chiaro: se mettessimo, su di un piatto della bilancia gli infortuni e le morti sul lavoro e sull’altro quelli dovuti alla criminalità e al degrado, il piatto penderebbe sempre e sistematicamente solo da una parte: quella dell’emergenza del lavoro.

Eppure le nostre esperienze quotidiane ci informano costantemente: se mettessimo, sempre sul piatto della nostra bilancia, tutte le occasioni in cui siamo stati diretti testimoni d’inosservanza di elementari norme salvavita (quanti cantieri a Milano…) e quelle in cui abbiamo, personalmente, assistito a episodi di piccola o grande criminalità, il piatto penderebbe sempre e sistematicamente dalla stessa parte.

Certamente la forsennata campagna mediatica della destra pesa su questa percezione ma conta, bisognerà pur dirlo per riconoscerlo e per contrastarlo, una tacita esclusione “culturale” delle vicende e del lavoro dal contesto collettivo, tanto più forte quanto più si tratta di lavoro povero, manuale, operaio e peggio ancora, edile. Come se la città della finanza e della moda non ne riconoscesse, ancor prima che l’esistenza, addirittura la legittimazione a esistere, la cittadinanza stessa. E d’altra parte, qualche benpensante dirà che potrà ben avvenire a qualche buon cittadino di essere rapinato, ma certo non di infortunarsi o di avere un padre, un figlio, un amico, un parente con le ossa rotte perché precipitato da un ponteggio.

Queste son cose che capitano ai cittadini di serie B: extracomunitari, non importa se irregolari o no, magut delle valli prealpine, fasce marginali di popolo, border line vari. Questa distanza di esperienza personale e familiare, questa irriducibilità del vissuto dei buoni cittadini del mondo dei servizi con le dure esperienze del lavoro operaio, contribuisce la sua parte a generare indifferenza, distacco, desiderio di non sentire e di non vedere, alimentando quasi una differenza antropologica.

Basterebbe questo, ma v’è di più, molto di più.

In realtà vi è un crescente, per quanto poco visibile, intreccio tra insicurezza sul lavoro e criminalità diffusa.

L’infiltrazione nel campo delle costruzioni e dei lavori edili delle varie mafie, non importa se autoctone o d’importazione, condotta alimentando vorticosi intrecci societari e intricatissimi livelli di subappalto, genera le condizioni più idonee alla germinazione di un verminaio dove la fanno da padrone sfruttamento, illegalità, clandestinità, irrilevanza dei diritti, il miglior ambiente insomma per creare “insicurezza di sistema”, un quadro insomma d’illegalità generalizzata, dove alla fine non si capisce dove finisca l’insicurezza del cantiere e dove inizi quella del quartiere. Altro che criminalità del clandestino, qui vi è intreccio sistematico tra grande finanza, poteri criminali, brasseurs d’affaires e intermediari vari, scendendo via via fin verso forme di caporalato alimentato strutturalmente dai lavoratori immigrati extracomunitari.

Di fronte a questo inquietante fenomeno di distruzione sistematica delle condizioni strutturali della sicurezza civile, la destra è inerte o peggio attiva nel fuorviare l’attenzione del cittadino, da un lato montando la canea culturale contro gli immigrati che “tolgono il lavoro agli italiani e delinquono geneticamente”, dall’altra promuovendo iniziative consiliari inefficaci, come alcune commissioni di recente istituite dal Comune di Milano.

E allora prepariamoci alla mattanza dell’EXPO 2015, al pesantissimo tributo che i lavoratori extracomunitari dovranno pagare per consentire agli Assessori della Lega e del PDL di vantare i successi e le “meravigliose sorti e progressive” di Milano, grande metropoli europea.

C’è speranza di qualcosa di diverso, c’è speranza d’iniziative, comportamenti, politiche, ed esempi soprattutto, che ci possano indurre a ridare cittadinanza al lavoro e alla sua sicurezza a Milano, ritrovando, dopo le baldorie finanziarie degli ultimi anni, il valore primario del “lavoro”, quale che sia il suo contesto e il suo oggetto? E’ bello sperare di sì, ma ancora di più sarà bello prendere iniziative che diano alla speranza di oggi la concretezza del domani.

PD se ci sei batti un colpo…………… intanto i lettori potranno mandare foto, riprese, testimonianze scritte, di tutto quanto oggi non si fa nei cantieri di Milano per salvare le vite degli operai.



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